Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

31 marzo 2015

Roma, incendio doloso contro i rom
Panico nel centro d`accoglienza alla Rustica: cento evacuati tra cui moltissimi bambini e due neonati
Il sindaco Marino: "Episodio grave e non casuale". L`ombra di Mafia Capitale sulla struttura in smantellamento
la Repubblica, 31-03-2015
RORY CAPPELLI
ROMA. Cento persone, tra cui 62 bambini, due emodializzati, tre donne al quarto mese di gravidanza, e due neonati, uno di tre mesi e l'altro di 40 giorni. Finiti nel panico e poi in mezzo alla strada quando nel cuore della notte tra domenica e lunedì è scoppiato un incendio all`interno del centro di accoglienza di via Armellini, a La Rustica, zona a est di Roma. Le fiamme altissime sono partite dal primo piano della zona sovrastante gli uffici, un`area abbandonata, vuota di persone e cose, e hanno raggiunto il terzo piano e da lì il solaio e il tetto. Per gli investigatori questo è il motivo che fa pensare a un incendio doloso o colposo: sono proprio i vigili del fuoco ad argomentare che per sviluppare un incendio di questo volume e di questa portata il materiale deve essere stato veramente tanto, voluminoso e corposo. Ma saranno le indagini a stabilirne definitivamente le cause e le modalità.
Morti o feriti non ce ne sono stati soltanto perché lo stabile è una ex fabbrica ristrutturata, tutta in cemento armato. Riportata in vita in epoca Veltroni, è stata poi destinata, con lo sgombero in epoca Alemanno degli insediamenti rom di Ponte Mammolo, Casilino 900 e La Martora, a diventare centro accoglienza. Ieri notte gli ospiti si sono riversati in strada assistiti dalla Protezione civile di Roma Capitale che ha fornito coperte, sciarpe, berretti, venti sacchi a pelo e d`acqua. A gestire il centro anche la cooperativa Domus Caritatis, coinvolta nell`inchiesta Mafia Capitale. Anche su questa coincidenza gli investigatori vogliono vederci chiaro. Ieri mattina è arrivata a La Rustica anche l`assessora alle Politiche sociali Francesca Danese, che sembra aver preso con grande serietà la questione nomadi, rom, sinti e camminanti, e anche tutto il disagio vissuto dagli emarginati della città, per comprenderne le difficoltà, ed arrivare apossibili soluzioni: è rimasta a lungo sul posto, seguendo le operazioni e assistendo e parlando con le famiglie, con i bambini e con le donne. Di sicuro una novità, soprattutto pensando alle storie scoperte proprio dalle inchieste di Mafia Capitale e tutte cucite sulla pelle dei migranti e dei nomadi. Forse non a caso la Danese si è trovata minacciata e sotto scorta. DI certo, dice, «stiamo andando verso una politica dell`accoglienza completamente diversa. Per esempio, stiamo lavorando per spostare le persone che vivono qui: il centro ha un contratto con il Comune fino a fine aprile. Poi la gestione attuale scade. E una nuova gestione certamente non avrà costi così elevati e qualità della vita delle persone così bassa. Insomma - conclude- stiamo affrontando il problema dell`accoglienza a Roma in tutte le sue sfumature».
Anche il sindaco Ignazio Marino è intervenuto sulla vicenda: «Esprimo preoccupazione ha detto - davanti a un episodio grave e non casuale che arriva in un momento in cui questa amministrazione sta smantellando un sistema su cui aveva investito anche la criminalità organizzata. Ricordo, a questo proposito, che mettere le mani in questo mondo ha costretto da qualche settimana sotto sCorta l`assessore alle Politiche sociali Francesca Danese a causa delle minacce ricevute».
 


L’Unione europea tende una trappola agli immigrati irregolari
Internazionle, 31-03-2015
Francesca Spinelli, giornalista e traduttrice
Quello che segue non è un vero documento della presidenza lettone del consiglio dell’Unione europea, ma potrebbe esserlo. Molte informazioni che contiene, per quanto assurde, sono vere, molte altre sono verosimili. Il modo migliore per spiegare Amberlight 2015, la nuova operazione europea contro l’immigrazione irregolare, è la parodia.
Bruxelles, 30 marzo 2015
Da: presidenza lettone del consiglio dell’Unione europea
A: delegazioni degli stati membri
Oggetto: aggiornamento operazione Amberlight 2015
Nei giorni scorsi sono circolate voci allarmistiche sull’operazione congiunta organizzata dalla presidenza lettone del consiglio dell’Unione europea nel quadro della lotta all’immigrazione irregolare. Si tratta di voci assai simili a quelle diffuse alla vigilia della precedente operazione Mos Maiorum, svoltasi durante la presidenza italiana, i cui ottimi risultati sono stati presentati il 22 gennaio (in sintesi: 19.234 persone in soggiorno irregolare fermate, di cui 5.088 siriani e 1.466 afgani). Prima di sottolineare i principali aspetti sotto i quali Amberlight 2015 si distingue da Mos Maiorum, si ricorderà brevemente in cosa consisterà questa nuova operazione.
Alcuni cittadini di paesi terzi che risiedono illegalmente in uno stato membro dell’Unione hanno talvolta la voglia o la necessità di uscire dall’Ue. Si tratta generalmente di persone che, entrate legalmente ma con un visto di breve durata, si sono trattenute oltre il limite massimo di 90 giorni (“soggiornanti fuoritermine”). Spesso scelgono di uscire da uno stato membro o dell’area Schengen diverso da quello dal quale sono entrate nella speranza di non essere colte in fallo.
L’operazione Amberlight 2015 intende focalizzarsi sui soggiornanti fuoritermine attraverso un rafforzamento dei controlli in uscita dagli aeroporti europei e, in particolare, dell’esame dei passaporti e dei timbri apposti, che possono essere contraffatti o alterati per occultare la reale data di ingresso nell’Ue. L’operazione mira a raccogliere il maggior numero possibile di informazioni sui soggiornanti fuoritermine intercettati, sui loro passaporti e sui metodi di contraffazione e alterazione dei timbri. Ciò consentirà di colmare, almeno in parte, le lacune dovute all’attuale assenza di sistematicità nella raccolta di dati sugli ingressi e sulle uscite nell’area Schengen e dalla stessa.
Principali elementi di differenza tra Amberlight 2015 e Mos Maiorum.
Il nome: le polemiche scoppiate su Mos Maiorum hanno provato quanto sia importante evitare nomi aulici, sibillini o percepiti come provocatori. Per l’operazione successiva si è quindi preferito un nome poetico e di facile comprensione, “la luce dell’ambra” (omaggio a una delle bellezze naturali della Lettonia). Il nome può altresì essere interpretato come una metafora dell’obiettivo dell’operazione: fare luce sul fenomeno dei soggiorni fuoritermine.
L’approccio: Mos Maiorum è stata definita da alcuni mezzi d’informazione una “caccia agli immigrati irregolari”. Sebbene tale definizione sia abbastanza calzante, essa ha suscitato una considerevole ondata d’indignazione. Si è quindi preferito organizzare un’operazione più discreta, incentrata sui controlli in uscita dagli aeroporti (da estendere eventualmente ad altri valichi di frontiera). Non si tratterà di andare a stanare gli immigrati irregolari bensì di aspettare che compiano un passo falso presentandosi spontaneamente a una guardia di frontiera.
Il periodo: Mos Maiorum era cominciata dieci giorni dopo l’anniversario del naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013: una scelta sconsiderata e disastrosa sul piano della comunicazione. Alla luce di ciò, si è proceduto con cura alla scelta del periodo ideale per Amberlight 2015, evitando coincidenze con commemorazioni di stragi varie. L’operazione si svolgerà infatti nel periodo in cui ci si aspetta un aumento delle partenze dei cittadini di paesi terzi in preda alla nostalgia di casa: dal 1 al 14 aprile, ovvero nel periodo delle vacanze pasquali cristiane e ortodosse.
Le delegazioni sono invitate a tenere il massimo riserbo sulle date definitive dell’operazione al fine di evitare fughe di notizie. A tale proposito, si nota come stia diventando seccante la divulgazione di documenti interni del Consiglio da parte dell’associazione Statewatch.
Com’è noto, i soggiornanti fuoritermine costituiscono la principale fonte di immigrazione irregolare nell’Ue. È quindi indispensabile mettere a punto un sistema che permetta di individuare in modo rapido ed efficace queste persone nel momento in cui provano ad attraversare le frontiere esterne dell’Ue. È l’obiettivo del pacchetto Frontiere intelligenti proposto dalla Commissione, un sistema automatico e centralizzato di raccolta dati su tutti i cittadini di paesi terzi che entrano ed escono dal territorio dell’Unione.
Lo sviluppo di tale sistema è stato frenato da ingiustificate obiezioni sul suo costo (1,1 miliardi di euro) e sull’impatto che avrebbe avuto sulla protezione dei dati a carattere personale. La Commissione ha quindi dovuto elaborare una nuova versione del pacchetto, presentata nello studio tecnico pubblicato a ottobre del 2014. Da marzo a settembre del 2015 si svolgerà un progetto pilota affidato all’Agenzia europea per la gestione operativa dei sistemi di information technology su larga scala nello spazio di libertà, sicurezza e giustizia (eu-Lisa). L’operazione Amberlight 2015 si configura quindi come strettamente collegata allo sviluppo del pacchetto Frontiere intelligenti.
Come sottolineato fin dal 2011, uno degli obiettivi del sistema di ingressi/uscite (parte del pacchetto “Frontiere intelligenti”) è “identificare e individuare i migranti in posizione irregolare, in particolare i soggiornanti fuoritermine, anche all’interno del territorio, e aumentare le possibilità di rimpatrio”. Ne consegue che questo è anche uno degli obiettivi dell’operazione Amberlight 2015. Alle persone sorprese senza documenti di viaggio validi saranno applicate le seguenti sanzioni: pagamento di una multa, obbligo di imparare a memoria il regolamento che istituisce il codice comunitario dei visti, espulsione. Un trattamento di favore sarà riservato ai turisti occidentali che, per sbadataggine, non si sono accorti di aver superato il limite dei 90 giorni.
Nessun dato personale sarà raccolto durante questa operazione per il semplice motivo che i soggiornanti fuoritermine, in quanto persone, non rivestono alcun interesse per gli stati membri. Si sottolinea come debbano essere considerati, invece, unicamente numeri da analizzare, confrontare e, soprattutto, ridurre.
Naturalmente la maggior parte dei soggiornanti fuoritermine presenti sul territorio dell’Unione preferisce non correre rischi ed evita quindi di presentarsi al controllo passaporti in partenza da un aeroporto. Per questo è indispensabile implementare al più presto il pacchetto Frontiere intelligenti, che consentirà di ottenere automaticamente i dati sui soggiornanti fuoritermine non appena il limite dei 90 giorni sarà superato. In futuro è auspicabile che tale sistema permetta anche di geolocalizzare queste persone, consentendone quindi un rapido arresto e un’espulsione altrettanto rapida. Le discussioni su quale sia la teconologia più efficace da impiegare (braccialetto elettronico o microchip sottocutaneo) sono in corso.
Si ricorda tuttavia come il modo più efficace per eliminare il problema dei soggiornanti fuoritermine sia di affrontarlo alla radice, ossia riducendo quanto più possibile gli ingressi legali di persone “a rischio”. Tale obiettivo si consegue evitando di rilasciare visti a persone sospette (turisti provenienti da paesi non occidentali, giovani che si spacciano per studenti o talenti sportivi, sedicenti esperti invitati a conferenze sui diritti umani, pseudoartisti in tournée). Purtroppo i cittadini di alcuni paesi terzi sono esenti dall’obbligo di visto d’ingresso. Tuttavia, attraverso controlli mirati negli aeroporti di arrivo, è possibile individuare i soggetti sospetti appena sbarcano dall’aereo e rispedirli indietro a stretto giro di posta.
Queste misure hanno l’incresciosa conseguenza di aumentare gli ingressi clandestini nel territorio dell’Ue, un punto sul quale invitiamo il Lussemburgo, che eserciterà la presidenza del consiglio nel prossimo semestre, a concentrare la sua attenzione.
A tutte le delegazioni auguriamo una fruttuosa operazione Amberlight 2015 e una piacevole Pasqua in famiglia.



Profughi. Mattarella: "L’Europa risponda unita a chi cerca accoglienza"
"Abbandonano  le loro case per fuggire a persecuzione, guerre civili e carestia". Il capo dello Stato a Parigi parla dell’emergenza sbarchi
stranieriinitalia.it, 31-03-2015
Parigi – 31 marzo 2015 - Tutta l’Europa deve rispondere unita all’emergenza profughi, accogliendo chi attraversa il Mediterraneo per cercare protezione.
Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella è tornato a ribadirlo ieri a Parigi, dopo aver incontrato all’Eliseo il suo omologo francese François Hollande. Tra gli argomenti trattati dai due capi di Stato, anche la situazione in Libia e i viaggi della speranza.
"In Libia – ha spiegato Mattarella – bisogna appoggiare i tentativi del mediatore dell’Onu  Leon, che vive settimane cruciali, perché i cittadini libici possano uscire da una condizione angosciosa di guerra civile  e insicurezza, perché si eviti il pericolo che lì si insedino basi di terrorismo, vicino l’Europa e troncare lo sfruttamento di profughi e dei migranti che viene fatto lì senza alcun ordine statuale".
"Di fronte a tanta gente che abbandona  le proprie case per motivi di persecuzione, guerre civili e carestia e che viene verso l’Europa perché la vede come il luogo della pace e della libertà, occorre avere collaborazione dai paesi da cui provengono e stroncare questo traffico di esseri umani che viene fatto in Libia. Occorre anche – ha aggiunto il presidente della Repubblica -  che l’Europa intera dia risposta a questa emergenza e al desiderio di accoglienza che tanta gente disperata presenta verso l’Europa".
"Italia e Francia –ha concluso Mattarella – hanno una visione del tutto identica delle iniziative da assumere e degli atteggiamenti da tenere"
 


Gli immigrati e gli italiani sono tutti buoni o tutti cattivi?
Agoravox, 30-03-2015
Paolo Borrello (sito)
Spesso gli immigrati extracomunitari si rendono responsabili di reati anche molto gravi. Recentemente a Terni un marocchino ubriaco ha ucciso un giovane senza alcun motivo.
E i comportanti delinquenziali di singoli immigrati determinano, abbastanza frequentemente, attacchi indiscriminati nei confronti di tutti gli stranieri che per vari motivi sono presenti nel nostro Paese.
Considerazioni di buon senso dovrebbero dimostrare chiaramente l’inconsistenza di questi attacchi indiscriminati.
Non tutti gli immigrati si rendono responsabili di reati, anche meno gravi rispetto agli omicidi, come ad esempio i furti, reati che, comunque, destano giustamente preoccupazione fra i cittadini italiani.
Anche gli italiani si rendono responsabili di reati molto gravi. E’ sufficiente citare gli italiani autori dei cosiddetti femminicidi, che spesso si verificano all’interno delle famiglie.
Poi, le mafie, che imperversano non solo nelle regioni meridionali ma ormai in tutto il territorio italiano, sono composte solo da italiani.
Inoltre, non è affatto dimostrato che la percentuale degli stranieri che compiono reati sul totale degli stranieri che abitano in Italia sia superiore alla percentuale degli italiani, che si comportano nello stesso modo, sulla popolazione italiana complessiva.
Certo, spesso si è sottovalutato il rischio che gli immigrati potessero compiere dei reati, anche in seguito a un “buonismo” ingiustificato. Infatti è evidente che non tutti gli immigrati sono “buoni”. Ma anche gli italiani non sono tutti “buoni”.
Il problema della sicurezza nelle città italiane è un problema senza dubbio molto importante e molto sentito e non deve essere sottovalutato. E spesso invece viene sottovalutato.
Ma occorre essere consapevoli che a determinarlo sono sia gli stranieri che gli italiani.
Le considerazioni che ho formulato sembrano appunto considerazioni di buon senso. Quindi dovrebbero essere ampiamente condivisibili.
E invece?
Invece, spesso, vengono sopravvalutati i reati compiuti dagli immigrati ed essi determinano attacchi, critiche, paure, che si rivolgono alla totalità degli stranieri che abitano in Italia.
Ma è necessario ragionare, utilizzare anche il buon senso e concludere che non tutti gli immigrati sono “cattivi”, come del resto non tutti gli italiani sono “cattivi” e che non è vero che gli italiani siano più “cattivi” degli immigrati.



Gli “Invisibili” del campo profughi di Halba in Libano
Melting Pot Europa, 31-03-2015
Claudio Aceto
Venerdì 13 Marzo 2015 mi sono recato in un campo profughi nel nord del Libano insieme ad uno sparuto gruppo di volontari indipendenti con l’intento di distribuire generi di prima necessità.
Una trentina di chilometri ad ovest di Halba e situato a pochi passi dal mare, questo campo è suddiviso in tre parti differenti. La più piccola raccoglie una ventina di famiglie e costituisce una piccola enclave protetta da muri di cinta, al contrario delle altre due, separate soltanto dalla superstrada che corre lungo il mare e ospitanti un numero di famiglie variabile dalle quarantacinque alle settanta famiglie.
E’ bene puntualizzare che, come affermato da Selim Khalil, organizzatore della spedizione, non vi sono informazioni certe riguardanti il campo prima dell’arrivo di Abu ’Ali, figura a capo del campo giunta all’inizio della guerra e come quantificare l’esatto numero di famiglie Siriane sia impossibile a causa del continuo flusso di manodopera da e verso le montagne.
La storia del campo profughi di Halba è singolare, mi racconta May, una delle volontarie che mi accompagna durante il viaggio. Si tratta di famiglie siriane che da anni ormai si recano in questa zona per vivervi da Maggio a Settembre come lavoratori agricoli stagionali, senonché da due anni non possono tornare a casa per colpa della guerra e dei bombardamenti che hanno raggiunto la maggior parte delle loro case.
Inoltre, aggiunge May nel briefing fatto insieme il giorno prima della partenza, queste persone non hanno un visto d’ingresso che rientra in una delle categorie “emergenziali”, ovvero profugo di guerra oppure rifugiato politico, gli adulti della comunità hanno tutti un visto lavorativo per il Libano che viene rinnovato dal padrone delle terre di anno in anno.
Pertanto, questi profughi non vengono schedati da nessuna delle numerose ONG presenti all’interno del paese e come “invisibili” al momento non c’è nessun progetto di riqualifica del campo, nessun progetto educativo, nessun progetto umanitario che li veda coinvolti. La comunità più piccola ha avuto modo di organizzarsi meglio, costruendo case di pietra e collegandosi alla rete elettrica, ma al momento stesso ha rotto i rapporti con gli altri.
Conclude May, te ne renderai conto tu stesso al nostro arrivo domani.
Appena arrivati ai limiti del campo è chiaro e manifesto quanto detto da May il giorno precedente. Tende che sprofondano nel fango, due piccoli generatori per l’energia elettrica, famiglie prive dei generi di prima necessità ormai da anni.
Hanno l’acqua potabile, ma non possiamo portare alimenti complessi perché non hanno mezzi per cucinarli.
Basta entrare nel campo più grande ed essere accolti dalla miriade di bambini ed adolescenti per capire che qui stimiamo che l’età media si aggiri intorno ai dodici forse tredici anni. Ogni famiglia raggruppa almeno cinque membri, ma esistono numerosi casi di famiglie allargate con matrimoni interni alla famiglia.
E’ normale che le ragazze qui a quindici anni abbiano il loro primo figlio. Mi spiega Adelaide, un’altra delle volontarie dell’associazione, in stretto contatto con Abù Alì, la figura capo del campo.
Questo gruppo di volontari si presenta ogni estate nel campo per animarlo con attività organizzate per i più piccoli e laboratori di artigianato e workshop per i più grandi, in modo tale da occuparsi anche dell’educazione dei bambini mentre gli adulti e gli adolescenti lavorano sugli alberi di banano, nei campi di patate sulle colline oppure nelle valli dove si lavora con gli alberi da frutto e la manutenzione dei vigneti.
È solo negli ultimi mesi, dopo due estati di lavoro, che siamo riusciti ad ottenere della collaborazione reciproca e a far fruttare davvero qualche proposta. La prima estate che abbiamo organizzato giochi per i bambini e workshop per gli adulti il lavoro non è andato decisamente a buon in fine poiché ogni utensile ed ogni materiale spariva nell’arco di pochi minuti e persino qualsiasi vivanda portata da noi che non rientrasse appieno nella loro cultura, appena distribuita veniva velocemente rivenduta sulla strada
principale.
Durante la giornata è difficile entrare in contatto con gli adulti, se non nel momento in cui vengono distribuiti gli aiuti (un sacchetto per ogni famiglia contente latte in polvere per i neonati, vestiti e qualche giocattolo per i bambini). Solo dopo svariati tentativi e l’ausilio di Abù Alì siamo riusciti ad organizzare un metodo per la distribuzione più equo e che non preveda la spartizione dei beni con la violenza ed il bullismo. Nei primi tentativi venivamo fisicamente assaliti dagli uomini e dai bambini che poi secondo una legge interna basata su bullismo e violenza si spartivano il contenuto dei pacchi.
Anche nel corso della giornata, parlando con i ragazzi più grandi ho notato come il fatto che gli uomini non lavorino che qualche mese l’anno ed ora non trovino nulla da fare li rende violenti. La violenza qui è all’ordine del giorno, dai soprusi quotidiani agli abusi sui minori, con la violenza dei grandi sui più piccoli che più volte abbiamo visto, aggiunge Selim, un altro volontario che da due anni lavora nel campo insegnando musica e ceramica a ragazzi e adulti.
Vivendo a Beirut ho avuto modo di conoscere numerosi europei ed “occidentali” che lavorano all’interno di Ong estere e/o all’interno di progetti di cooperazione internazionale che operano con rifugiati siriani in Libano.
Tuttavia, il caso del campo di Halba mette a fuoco il problema, sottoposto recentemente anche dal Rapporto “Failing Syria” di Oxfam, dell’inefficiente distribuzione degli aiuti umanitari; della burocratizzazione di questi aiuti che spesso non possono raggiungere effettivamente tutti e si cristallizzano in un “solo il 57% degli aiuti viene distribuito ai siriani”; di come ad essere colpiti maggiormente siano ancora una volta i bambini e le donne.
In più, pone l’accento sull’operatività effettiva delle Ong rispetto ai fondi assegnati dalla comunità internazionale.

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