Un autunno africano

Osservatorio Italia-razzismo l'Unità 16 ottobre 2010
“Indipendence Cha Cha”, canzone scritta da Joseph Kabasele, è diventato un inno alla libertà adottato simbolicamente da molti paesi africani nel periodo della decolonizzazione. Il titolo è anche il tema del festival Ottobre Africano che si svolge in questi giorni a Parma. Infatti l’edizione di quest’anno (l’ottava) è dedicata ai cinquant’anni di indipendenza di diciassette paesi africani. E in questa occasione si è voluto dare dell’Africa l’immagine di un paese che sta cambiando e che cerca una nuova autonomia: quella dai luoghi comuni che la vedono associata sempre e solo a due termini, fame e povertà. In questi 31 giorni sono state organizzate diverse iniziative e molte altre sono in programma, e, tra dibattiti e cene, tra proiezioni di film e spettacoli teatrali, si  potrà avere una qualche idea della ricca cultura africana. L’iniziativa assume un’importanza cruciale se si pensa al fatto che in Italia circa il 23% delle persone straniere provengono dalla “terra dei capi” – questo è probabilmente il significato del termine Africa. Cruciale perché, nonostante i dati che descrivono questa realtà migratoria e il fatto che si tratti di comunità di costituzione non recente, la loro presenza nel nostro paese è vissuta come un fenomeno con il quale non si ha alcuna familiarità e, nei confronti del quale è d’obbligo prendere precauzioni. Si pensi all’approccio tutto sospettoso e ostile con il quale si affrontano tematiche molto serie riguardanti il confronto culturale. Tra tutte bisogna ricordare l’evergreen “questione del velo”, trattata con un pressapochismo e una superficialità tali da occultare la vera e profonda natura del problema e far emergere solo l’incapacità di riconoscere che la nostra, come tutte, è una società in via di accelerato mutamento.
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