Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

La storia “dimenticata” di Radu Gheorche



In questi giorni tutti i riflettori sono stati puntati sulla Calabria, tutte le prime pagine si sono occupate di Rosarno, tutte le analisi socio-politiche sono state rivolte verso gli immigrati africani che da un decennio risiedevano “comodamente” nelle case di cartone.
Ormai sappiamo tutto di loro: nomi, provenienza, colore delle scarpe, e la destinazione di espatrio.. i Cpt o Cie.
Ma come successo per il terremoto in Abruzzo dopo qualche giorno le luci si sono spente e, i riflettori dell’informazione nazionale son passate ad altro e, degli africani e dei calabresi coinvolti in questa faccenda ce ne stiamo, a poco a poco dimenticando tutti.
Tutto al più, nei prossimi giorni,  ci “serviranno” notizie sul coinvolgimento della n’drangeta nella sparatoria ma, il problema “immigrazione” rimarrà uguale perché nel frattempo si sarà creata un’altra Rosarno in qualche altro posto d’Italia.

Noi tutti in questi giorni ci siamo scandalizzati per le immagini che la tv ci propinava, tutti noi abbiamo cercato di dare soluzioni, tutti noi abbiamo sentito commenti e analisi, tutti noi sapevamo perché tutti noi siamo stati informati di ciò che è successo e di ciò che stava accadendo però, ci sono storie che non vengono raccontante nemmeno dai media locali, figuriamoci da quelli nazionali. Quelle storie che non fanno notizia perché sono una non notizia o forse più semplicemente sono il quotidiano…vita quotidiana o meglio clandestina.

Questa è la storia, ad esempio, di Radu Gheorche rumeno di 35 anni trovato morto il 29 luglio 2008  sul proprio posto di lavoro. Radu Gheorche era un bracciante agricolo in possesso di un regolare permesso di soggiorno, viveva a Torremaggiore (Foggia) insieme alla moglie e alla figlia.
Come tutte le mattine Radu e molti suoi connazionali raggiungevano le terre del vicino Molise per raccogliere i pomodori sotto il sole alla mercè del loro datore di lavoro. Radu fu ritrovato senza vita in una cunetta in contrada Cucciolette, agro del comune di Campomarino (Campobasso), il pomeriggio del 29 luglio 2008 da alcuni passanti.
Vicino al corpo del giovane lavoratore è stata ritrovata una bottiglia di birra vuota: un sorso per placare la sete, per sedare la fatica, per rinfrescarsi? Comunque sia quella è stata l’ultima birra della sua vita. Probabilmente è stato un malore, sotto il sole cocente, a causare l’arresto cardiaco.
Gli inquirenti  indagarono per capire se, al momento della morte Radu Gheorghe era solo o se con lui c'erano altri lavoratori che lo avrebbero lasciato morire senza soccorrerlo.
Tre persone risultarono indagate per omissione di soccorso: nel registro degli indagati furono iscritti un imprenditore agricolo che risultò essere il proprietario del terreno e due uomini pugliesi, considerati i ‘caporali’ che avevano portato il rumeno ed altri cittadini stranieri a lavorare nei campi del basso Molise.
L'inchiesta aperta dalla Procura di Larino confermò che il 35enne rumeno morì per un malore provocato dal gran caldo e dalla fatica.

Da quel 29 luglio 2008 ad oggi se si esclude un’interrogazione a risposta orale e scritta all’assessore regionale al lavoro della Regione Molise da parte della minoranza di centro-sinistra nulla più s’è sentito in merito al caso del rumeno morto nelle campagne molisane.
Eppure da quel luglio ad oggi c’è stata un’altra stagione di raccolta di pomodori e altri rumeni sono arrivati su quello stesso campo dove hanno curvato le schiene , sporcato le mani e bagnato il terreno di sudore e altri ‘caporali’ o presunti tali hanno lucrato attraverso lo sfruttamento di onesti lavoratori.: non una riga tra la cronaca dei quotidiani locali, non una voce da chi ha il compito di indagare e da chi ha il compito di denunciare. L’unico urlo assordante è stato il silenzio. Il silenzio che ha coperto la paura di sapere, di informare, di scoprire.
Mentre tornavo a casa dal lavoro scrutavo, attraverso il vetro del finestrino del bus, le campagne, che costeggiano la statale,  piene di braccianti agricoli - probabilmente rumeni – intenti alla raccolta del finocchio e, mentre vedevo quei loro movimenti, ben controllati dal “capo squadra” di turno, mi tornavo in mente le parole scritte dalla moglie di Radu Gheorghe, Maria, in commento ad un intervento del consigliere Petraroia Michele (Pd) il 18.11.09  sul sito de il Ponte Molise (www.ilpontemolise.it) :

“Sono la moglie di Radu Gheorghe e vergonioso che pasato un anno di quando e morto di quando a versato il suo sanguie sula terra di Italia sula indiferenza di datore di lavoro i suio coleghi a me la lege Italiana ancora non mia recunosciuto nula e davero tremendo che una persona si alza la matina sano e va a lavorare con tanto amore per guadaniare il pane per la sua famiglia ,e non torna più acasa arivva solo la notizia che lui e morto, e a me e a mia figlia la soferenza chi mi lo toliera?radu maria “.

Lo Stato Italiano alla famiglia Gheorghe non ha riconosciuto nulla solo 500 euro sono arrivate dal Comune di Torremaggiore (FG), che si è mostrato sensibile, per far rimpatriare la salma in Romania. Eppure Gheorghe lavorava da anni regolarmente in Italia, aveva il permesso di soggiorno, aveva firmato il contratto di assunzione con la ditta, è morto nei campi del Molise dove è stato abbandonato in una cunetta. Molto probabilmente se fosse stato soccorso forse poteva salvarsi ma nessuno ha avuto pietà ed è prevalsa la paura.
Le Istituzioni Italiane hanno il dovere morale oltre che l’obbligo formale di occuparsi di questa vicenda così amara per consentire l’esigibilità dei diritti di legge in favore dei familiari di un caduto sul lavoro.
Anche questo è il Sud anche questa è l’ Italia , anche questa è una storia che merita “cittadinanza”.


Alessandro Corroppoli


Alessandro Corroppoli, vive in Molise e collabora con la rivista mensile di politica e cultura   ” Il Ponte Molise “.
Direttore Responsabile dott. Aldo Spedalieri.

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