Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

11 novembre 2014

APPELLO AL GOVERNO E ALLA UE SUI DIRITTI UMANI DEGLI IMMIGRATI
Fermiamo i respingimenti
Il manifesto, 11-11-2014
Ai gentili Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, Ministro degli Esteri, Paolo Gentiloni, Ministro dell`Interno Angelino Alfano, Alto Commissario Pesc della Ue, Federica Mogherini.
Come certamente saprete la Corte Europea per i Diritti dell`Uomo (Cedu) ha nuovamente condannato il Governo Italiano per i respingimenti collettivi (decisione Sharifi contro Italia e Grecia del 21.10.2014) per la violazione dell`art. 13 Cedu (diritto a un ricorso effettivo) combinato con l`articolo 3 (divieto di trattamenti inumani e degradanti) «perché le autorità italiane hanno esposto i ricorrenti, rimandandoli in Grecia, ai rischi conseguenti alle falle della procedura di asilo in quel paese» e per violazione dell`art. 4, Protocollo 4 (divieto di espulsioni collettive).
La Cedu (...) «condivide la preoccupazione di diversi osservatori rispetto ai respingimenti automatici attuati dalle autorità frontaliere italiane nei porti dell`Adriatico, di persone che sono il più delle volte consegnate immediatamente ai comandanti dei traghetti per essere ricondotte in Grecia, essendo in tal modo private di ogni diritto procedurale e materiale».
Condividiamo considerazioni e preoccupazioni della Cedu. È infatti notizia del 29 ottobre 2014 che al porto dí Ancona le forze dell`ordine abbiano respinto in Grecia 16 persone di cittadinanza iraniana, siriana e irachena imbarcatisi su un traghetto della Minoan, nascosti tra le ruote dei Tir o in mezzo al carico.
Solo cinque scoperti nella stessa occasione sono stati ammessi alla procedura di asilo. Notizie di questi giorni (...) parlano di un respingimento di 50 egiziani giunti a Pozzallo in un`imbarcazione con a bordo 329 persone partite dall`Egitto nove giorni prima Questi respingimenti non si collocano certo nell`ambito di applicazione del regolamento Dublino perché nessuno dei respinti ha potuto o voluto formalizzare una richiesta di asilo. Si é data applicazione ancora una volta da una parte all`Accordo tra Italia e Grecia del 1999 che prevede modalità «semplificate» per le procedure di respingimento verso la Grecia senza nessuna delle garanzie che comunque il regolamento frontiere prevede in favore di qualunque migrante faccia ingresso nel territorio di uno stato appartenente all`area Schengen e dall`altra gli accordi bilaterali di riammissione tra Italia ed Egitto. Paese che non può essere definito un «paese terzo sicuro», come risulta dai rapporti internazionali delle principali agenzie umanitarie che il nostro governo non può ignorare.
Queste procedure semplificate di respingimento collettivo, privano i migranti dei più elementari diritti di difesa e di informazione, in quanto, al di là della stessa possibilità dí formalizzare una richiesta di asilo, priva le persone della possibilità di fare valere qualsiasi altra causa ostativa rispetto al respingimento immediato e si pone in totale contrapposizione con le disposizioni europee e con la giurisprudenza della Cedu. Per tali ragioni le nostre organizzazioni, consapevoli che le suddette pratiche collettive e sommarie di respingimento verso Paesi certamente non sicuri, quali, oltre la Grecia, per effetto di possibili respingimenti a catena, la Libia, l`Egitto e la Turchia, lungi dall`essere state inibite rischiano di moltiplicarsi anche quale conseguenza del termine dell`operazione Mare Nostrum, che potrebbe comportare un maggiore afflusso di potenziali richiedenti asilo o comunque di migranti irregolari, alle frontiere portuali ed aeroportuali, chiedono al Governo Italiano l`impegno di far cessare immediatamente qualsiasi procedura di respingimento di migranti, in ottemperanza a quanto sancito dalla Cedu nonché dalla convenzioni internazionali e direttive europee in tema di Protezione internazionale e diritto all`Asilo.
Vi chiediamo altresì di imporre il rispetto del suddetto divieto di espulsione o respingimento collettivi anche in applicazione del Regolamento frontiere Schengen 562 del 2006, il quale, invece, deve essere interpretato e applicato in conformità alla Cedu, con l`esame individuale di ogni persona, anche agli altri Stati membri e ciò in forza del ruolo dell`Italia in questo semestre di Presidenza del Consiglio dell`Unione Europea.
*** Raffaele K Salinari, Presidente Terre des Hommes International Federation); Loris De Filippi, Presidente Medici Senza Frontiere Italia; Lorenzo Trucco, Presidente Asgi, Associazione Studi Giuridici Immigrazione; Gabriella Guido, Portavoce Campagna LasciateCIEntrare



Al massimo 90 giorni nei Centri di Identificazione ed Espulsione. Pubblicata la legge
In Gazzetta Ufficiale il taglio drastico dei tempi di permanenza ne Cie, in vigore dal 25 novembre. Per gli ex detenuti, il limite scende a 30 giorni
stranieriinitalia.it, 11-11-2014
Roma - 11 novembre 2014 – Da diciotto a tre mesi. Sei volte in meno. Di tanto scende il tempo massimo di permanenza dietro le sbarre di chi ha l'unica colpa di essere in italia senza un permesso di soggiorno valido.
Il taglio è previsto dalla legge europea 2013- bis (L. 161/2014) arrivata ieri in Gazzetta Ufficiale, e sarà operativo appena il testo entrerà in vigore, cioè il 25 novembre.
Sarà sempre il giudice a convalidare e prorogare la permanenza degli stranieri irregolari nei Cie, ma "il  periodo massimo di trattenimento dello straniero all'interno  del  centro  di identificazione e di espulsione – recita la nuova legge - non può essere superiore  a  novanta giorni". Scaduto quel termine, lo straniero che non è statao identificato e rimpatriato andrà lasciato libero.
La nuova legge interviene poi anche su uno degli aspetti più critici dei Cie, cioè il passaggio al loro interno di ex detenuti stranieri che hanno scontato la pena in carcere, ma per i quali bisogna ancora terminare le procedure di identificazione per  rimaptrio. D'ora in poi, "lo  straniero  che  sia  gia'  stato  trattenuto  presso  le strutture carcerarie per un periodo pari a novanta  giorni  puo'  essere  trattenuto  presso  il centro per un periodo massimo di trenta giorni".
L'abbassamento dei tempi di permanenza nei Cie è stato chiesto per anni dalle organizzazioni umanitarie, anche alla luce dei risultati dell'innalzamento a 18 mesi introdotto nel 2011. L'efficacia delle espulsioni, infatti, non è aumentata (effettivamente rimatriati meno del 50% dei trattenuti), ma  nei Cie sono aumentate le tensioni, quindi le rivolte, e la disperazione, quindi gli atti di autolesionismo.



"Noi, la famiglia che ha salvato dalla morte in mare tremila migranti"
Imprenditori maltesi (di origini italo-americane), i Catrambrone hanno creato due mesi fa la prima missione privata di soccorso nel Canale di Sicilia: “Non potevamo più rimanere indifferenti”. “Quegli sguardi impauriti dei bimbi nei barconi ti cambiano per sempre”
la Repubblica, 11-11-2014
FRANCESCO VIVIANO
UN'ESPERIENZA drammatica, ma bellissima. Perché aver salvato in questi mesi tante vite umane ci riempie di gioia. Quanti? Oltre tremila tra donne, uomini e bambini: recuperati da gommoni e barconi stracarichi, alla deriva in mezzo al mare. I loro volti, le loro storie hanno ripagato i nostri sforzi, anche economici. Insieme al piccolo ma agguerrito equipaggio che fino a pochi giorni fa ha setacciato il Mediterraneo, ovunque ci segnalassero imbarcazioni che stavano per affondare. E quando ti trovi davanti a donne e bambini, anche neonati, affamati e assetati, senza salvagente non puoi non intervenire, non puoi non aiutarli...". L'emozione attraversa le parole di Regina Catrambrone, italiana di origini calabresi che, insieme al marito Christopher, americano di New Orleans, e alla figlia Maria Luisa, è protagonista di questa incredibile storia. La famiglia Catrambrone risiede da dieci anni a Malta, dove gestisce un'azienda, Tangiers group ( agenzia che offre assicurazioni e intelligence nelle zone più pericolose del mondo). L'idea di mobilitarsi privatamente per aiutare i migranti in difficoltà nel Canale di Sicilia venne nell'estate del 2013, quando a bordo del loro yacht individuarono il cadavere di un uomo in acqua. "Capimmo che era uno dei tanti migranti che provano ad attraversare quel tratto di mare", ricorda oggi Regina. "Io e mio marito ci guardammo e decidemmo che non potevamo rimanere indifferenti. Così è nata l'idea del Moas".
AUDIO - La prima nave privata che soccorre i migranti
Ovvero Migrant Offshore Aid Station , operazione privata di salvataggio nel Mediterraneo. Subito dopo la tragedia di Lampedusa, dove il 3 ottobre 2013, centinaia di uomini e donne morirono affogati davanti alla spiaggia dell'Isola dei Conigli, i Catrambrone decisero di mobilitarsi, procedendo all'acquisto e all'allestimento della Phoenix, nave di 40 metri super- accessoriata (droni compresi) per l'assistenza in alto mare. "A smuoverci fu l'appello di Papa Francesco: non potevamo rimanere inermi davanti a tali tragedie ".
Operativo dall'estate scorsa, il Moas. In poco più di due mesi (da fine agosto a ora), oltre tremila salvataggi e un fiume di denaro  -  quasi tre milioni di euro  -  investiti per aiutare i migranti in difficoltà a sopravvivere, consegnandoli alle autorità o ai mezzi navali di Mare Nostrum. "Abbiamo deciso di usare tutti nostri risparmi per contribuire a salvare vite umane  -  sottolinea Regina Catambrone, ieri a Roma per partecipare a una conferenza internazionale di Ong  -  Certo, siamo ricchi e avevamo dei risparmi importanti ma potevamo investire in un altro business e invece abbiamo scelto di creare Moas. E siamo felici di aver fatto questa scelta: salvare anche una sola vita umana è una cosa grandissima cosa ".
Ora però i fondi di questa famiglia di "samaritani del mare", sono finiti e così l'intera operazione è stata momentaneamente sospesa. Dal 31 ottobre la Phoenix è ormeggiata nel porto maltese della Valletta. "Ma siamo certi che riprenderà presto il mare", spiega Regina. "Abbiamo lanciato un appello affinché altre persone e associazioni possano aiutarci ".
L'ultimo intervento della Phoenix risale al 27 ottobre: in mare aperto, tra Lampedusa e Malta, dove sono stati soccorsi in 331 tra cui decine di donne e bambini. "Pioveva e faceva freddo  -  racconta Martin Xuereb ex capo delle forze armate maltesi ora comandante dei 16 marinai della Phoenix  -  e avevamo ricevuto una segnalazione dal centro operativo della Marina Militare italiana di una imbarcazione in difficoltà. In poche ore l'abbiamo raggiunta e portato in salvo 200 persone. Poi, mentre ci dirigevamo verso Porto Empedocle, abbiamo incrociato un altro barcone e alla fine a bordo erano in 331. Situazione non facile da gestire perché tra salvataggio e trasferimento sulla terraferma, sono trascorse 36 ore".
Regina e Cristopher domani rientreranno a Malta con la speranza che il loro appello per sostenere Moas venga raccolto da altri. "Perché davanti a un dramma di dimensioni apocalittiche bisogna reagire", dice Regina. "Noi abbiamo fatto e vorremmo continuare a fare la nostra piccola parte ma è necessario che i governi europei partecipino alle missioni". Ovvero? "L'operazione Mare Nostrum non può finire così: quanti bambini, donne, uomini finiranno in quel cimitero del mare se non c'è qualcuno che li soccorre?". La conclusione dei Catrambrone, "samaritani" del mare, è politica: "Ci vorrebbero corridoi umanitari per consentire ai migranti di arrivare in Europa in maniera sicura, ma serve l'intervento da parte di tutti gli Stati europei".



Bonus bebè solo a chi la carta di soggiorno? "Una discriminazione"
Secondo l'Asgi il requisito è illegittimo, lettera a governo e parlamentari per modificare la legge di stabilità. "L'aiuto spetta a tutti gli stranieri che hanno un permesso vaido per lavorare, oltre che a rifugiati, familiari di cittadini Ue e titolari di carta blu"
stranieriinitalia.it, 11-11-2014
Roma - 12 novembre 2014 - Anche gli immigrati avranno il bonus bebè, 80 euro al mese per tre anni destinati alle famiglie visitate dalla cicogna. La legge di stabilità  prevede però come requisito mamma o papà abbiano in tasca un permesso di soggiorno per lungosoggiornanti, la cosiddetta "carta di soggiorno"
Quel paletto, però, secondo l'associazione per gli Studi giuridici sll'immigrazione, è "illegittimo e discriminatorio". In una lettera inviata a Governo e Parlamentari l'Asgi chiede quinndi che venga eliminato, prevedendo che il bonus vada a tutti gli immigrati titolari di un permesso di soggiorno valido per lavorare.
Nella lettera l’ASGI ricorda che, innanzitutto,  tutti gli stranieri titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare in Italia “beneficiano dello stesso trattamento riservato ai cittadini dello Stato membro in cui soggiornano” ( art. 12 della Direttiva 2011/98/UE del Parlamento e del Consiglio europeo ) per quanto riguarda (tra l’altro) le prestazioni di sicurezza sociale di cui al Regolamento CEE 883/2004. Questo all’art. 3 indica espressamente le “prestazioni familiari” e le “prestazioni di maternità” (e dunque certamente anche l’istituendo bonus bebe’).
Inoltre il Bonus bebé va chiaramente esteso alle categorie di cittadini stranieri in base a meno recenti direttive europee, alle cui prescrizioni paritarie, ricorda l’ASGI al Governo, "l’Italia si è solo recentemente adeguata per quanto riguarda altri settori della vita sociale (ad es. l’accesso al pubblico impiego) ma che rilevano anche per le prestazioni assistenziali e dunque anche per il prospettato “bonus bebè”.
Si tratta, in particolare, dell’art. 24, par. 1 direttiva 2004/38/CE del 29.4.2004 riguardante i familiari non comunitari di cittadini italiani o di altri Stati UE residenti nel territorio dello Stato; dell' art. 29 della direttiva 2011/95/UE del 13.12.2011 riguardate gli stranieri o apolidi regolarmente soggiornanti in Italia a cui sia stata riconosciuto lo status di protezione internazionale (status di rifugiato e status di protezione sussidiaria); dell' art. 14, par. 1, lett e della direttiva 2009/50/CE del 25.5. 2009 riguardante i titolari di “carta blu UE”.
Rientrando  nell’ambito delle prestazioni sociali per le quali è prevista una parità di trattamento tra cittadini dello Stato membro e cittadini comunitari e appartenenti a Stati terzi rientranti nelle categorie sopra definite,  mantenendo l’attuale previsione discriminatoria, l’ASGI ha dunque avvertito il Governo:
"Una norma nazionale che escludesse da un trattamento di maternità o di famiglia gli stranieri titolari di tali permessi risulterebbe in contrasto con le citate direttive. Ne seguirebbe inevitabilmente un vasto contenzioso (del tutto analogo a quello – promosso anche dalla nostra associazione – che ha riguardato negli ultimi anni l’assegno famiglie numerose ex art. 65 L. 488/98 e che ha visto sempre soccombente la pubblica amministrazione) con inevitabile lievitazione di costi, lesione del principio di certezza del diritto e prevedibili procedimenti di infrazione da parte della Commissione".
L’associazione ha, dunque,  chiesto un immediato intervento del Governo al fine di presentare un’apposita proposta di emendamento all’art. 13, comma 1 citato affinché il beneficio in questione sia riconosciuto, oltre che ai lungosoggiornanti, a tutti gli stranieri residenti in Italia che siano titolari del cosiddetto “permesso unico lavoro” di cui al D.lgs 40/14 di recepimento della citata direttiva 2011/98 (cioè appunto i titolari di un permesso di soggiorno che consente di lavorare) e agli altri stranieri regolarmente soggiornanti in Italia il cui diritto alla parità di trattamento è garantito dalle clausole comunitarie sopra citate.



Salvini, bis anti-immigrati in Emilia. Kyenge: solidale con lui, io sempre contro l`odio
la Repubblica, 11-11-2014
ROSARIO DI RAIMONDO
IMOLA Davanti a un centro di accoglienza per immigrati ha persino cantato "Bella ciao", in risposta ai manifestanti che contro di lui intonavano le stesse note. Matteo Salvini torna in Emilia dopo l`alta tensione di sabato durante la sua visita in un campo nomadi a Bologna. Ma annulla per «motivi personali» un presidio pomeridiano a Casalecchio, paese a pochi chilometri dal capoluogo, limitandosi a un paio di tappe in mattinata a Imola. Quanto basta per stringere mani, polemizzare di nuovo con la questura sul tema della mancata scorta e scandire un ultimatum nei confronti della politica: «O tutti, senza se e senza ma, condannano e rifiutano qualsiasi tipo di violenza, oppure io mi fermo» dice, riferendosi agli attivisti che sabato hanno spaccato i vetri della sua macchina.
Il leader della Lega Nord, ieri, è stato contestato di nuovo a Imola, durante il presidio davanti a una comunità che accoglie trenta persone originarie del Bangladesh. Tra urla e qualche spintone, i manifestanti -una decina - sono stati allontanati. Ma sotto ai portici della vicina Castel San Pietro, Salvini torna sull`episodio di sabato: «L`aggressione a Bologna, la sede della Lega di Trento attaccata, una stella a cinque punte con minacce sulla sede della Lega di Parma. Un bruttissimo clima. Non è politica se la gente tira calci, pugni e spacca le macchine. Tutti devono condannare la violenza». Prosegue anche il botta e risposta con la polizia. La questura spiega di essere stata avvisata tardi dell`arrivo di Salvini al campo nomadi: «Sapevano dove eravamo. Ho due figli, non è che ci goda ad avere tre ossessi che come scimmie mi saltano sul tetto della macchina» ha risposto l`europarlamentare intervistato da Radio24.
Nella girandola di reazioni, anche un tweet dell`ex ministrodell`Integrazione Cécile Kyenge, Pd: «Solidarietà a Salvini. Contro ogni violenza e contro ogni azione politica, di cui alcuni sono maestri, volta a fomentare e lucrare sull`odio». Arriva anche la solidarietà del consiglio comunale di Torino mentre prosegue il battibecco sulle responsabilità del ministro dell`Interno Alfano riguardo all`aggressione: «Se c`è una persona sotto tutela che si muove, il ministero non deve aspettare che gli mandi un messaggino per dirgli dove va» dice il governatore della Lombardia Roberto Maroni. «Ma ora Salvini fermi l`aggressione ad Alfano» attacca Maurizio Sacconi di Ncd.

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