Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Il pugno dell' Anagnina e l' ombrello di Doina

Silvio Di Francia
Ieri l’altro il Sindaco Alemanno si è recato al Policlinico Casilino di Roma, dove era spirata,  Maricica Hahaianu, la giovane infermiera rumena, colpita con un pugno da Alessio Burtone. Il sindaco di Roma,  dopo aver espresso solidarietà alla famiglia della vittima ha anche annunciato l’intenzione, da parte del Comune, di costituirsi parte civile, aggiungendo, in riferimento alla comunità rumena che “ci sono tantissimi immigrati che lavorano seriamente e con grande impegno a favore della comunità italiana…dobbiamo quindi superare ogni pregiudizio…”. A pochi chilometri di distanza, nel quartiere di Cinecittà, gli amici di Alessio Burtone, lo sciagurato aggressore di Maricica, affiggevano un cartello di solidarietà nei confronti dell’amico, non trovando di meglio che tentare maldestre difese,  come quelle riportate da l'Unità: “che dovremmo  dire noi che i mariti delle rumene stuprano le nostre ragazze” oppure “ha avuto paura, magari quella poteva avere nella borsa un ombrello”.

Intendiamoci: bene ha fatto il Sindaco di Roma a pronunciare parole nette e a recare solidarietà alla famiglia di Maricica; così come appaiono per quello che sono le parole dei giovani “coatti” di Cinecittà: pregiudizi, talmente inefficaci come attenuanti da rivelarsi paradossalmente aggravanti, qualora assunti come difesa.  Quello che colpisce è, piuttosto, il richiamo all’ombrello, vale a dire a Doina Matei, la giovane rumena responsabile – di nuovo la scena è il metrò di Roma – della morte di un’altra giovane, Vanessa Russo. Nello spazio temporale (2007-2010) tra i due episodi, accomunati da evidenti somiglianze - l’irreparabilità della morte, la rovina dei due responsabili (preterintenzionali,si dimentica di dirlo) - ci sono le tante parole pronunciate da istituzioni, autorità pubbliche, esponenti della politica, compreso il Sindaco di Roma. Un tempo durante il quale l’intera comunità rumena (o buona parte di essa) è stata indicata come causa d'insicurezza, degrado, pericolosità sociale. Rimanendo al sindaco si tratta dello stesso che costruiva una piccola carriera su un'orrendo episodio di stupro. Oppure di una classe politica che - con gradazioni differenti - ha enfatizzato, autorizzato, legittimato intense campagne anti stranieri, sui campi Rom, piuttosto che sul commercio ambulante e, persino - è l'ultimo caso - sul diritto dei bambini stranieri di frequentare la scuola elementare del proprio quartiere. Poiché - come si dice - l'ipocrisia è l'omaggio che il vizio rende alla virtù, sul caso della stazione Anagnina il sindaco non trova di meglio che costituirsi parte civile contro l'indifferenza dei passanti. Indifferenza o, meglio, insensibilità fomentate dalle stesse campagne sull'insicurezza agitate per via istituzionale.

Difficile, poi, far capire ai ragazzi del muretto di Cinecittà quanto stupido e autolesionista possa essere il credere che quei pregiudizi possano aiutare Alessio Burtone.

21 ottobre 2010

 

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