Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

19 novembre 2013

Immigrazione, dal 2005 al 2012 per respingere gli "irregolari" i contribuenti italiani hanno speso 1,3 miliardi
Su queste spese si sono concentrati gli studiosi dell'associazione Lunaria nell'ambito di "I diritti non sono un costo. Ma per quanto siano state investite risorse ingenti nel controllo dei mari e delle frontiere, nella gestione dei centri di identificazione ed espulsione, un'ampia parte dei migranti irregolari rintracciati non sono stati allontanati
la Repubblica, 18-11-2013
MAURIZIO BONGIOANNI
ROMA - Respingere, espellere, rimpatriare: è ciò che fanno i paesi europei nell'ambito di quelle che vengono definite "le politiche di contrasto dell'immigrazione irregolare". Politiche con un costo che pochi in Italia conoscono, a differenza di quelli relativi all'accoglienza e all'inclusione considerati da molti politici costi impattanti e negativi sul nostro welfare. Su queste spese si sono concentrati gli studiosi dell'associazione Lunaria nell'ambito di "I diritti non sono un costo", un progetto nato dall'esperienza della campagna Sbilanciamoci!.
Il contrasto da scarsi risultati. Le molte risorse investite nel contrasto all'immigrazione irregolare danno scarsi risultati: la spesa pubblica per questo singolo capitolo, dal 2005 al 2012, è stata di almeno 1 miliardo e 668 milioni di euro, di cui 1,3 miliardi stanziati dallo Stato italiano e 281,3 milioni dall'Unione Europea. Per quanto siano state investite nel corso degli anni risorse ingenti nel controllo dei mari e delle frontiere, nelle attività di controllo dei documenti dei migranti presenti sul territorio, nella gestione dei centri di identificazione ed espulsione, nell'esecuzione dei rimpatri forzati e nella collaborazione con i paesi terzi finalizzata al contrasto dell'immigrazione irregolare, un'ampia parte dei migranti irregolari rintracciati dalle autorità non sono stati effettivamente allontanati dal nostro paese.
I costi di Frontex. Tra queste spese spicca la voce dedicata a Frontex, l'agenzia europea per la gestione delle frontiere, istituita nel 2004. Divenuta nel corso degli anni uno degli strumenti chiave su cui si fonda la politica europea di "gestione integrata" delle frontiere esterne, Frontex è dotata di un budget autonomo che è cresciuto vertiginosamente nel corso degli anni. Il bilancio dell'agenzia ha conosciuto una crescita rapida e sorprendente: da circa 19,1 milioni di euro nel 2006 gli stanziamenti sono passati agli 84,9 milioni del bilancio preventivo 2012, toccando però nel 2011 i 118,1 milioni di euro (anno della Primavera araba). Complessivamente gli stanziamenti assegnati all'agenzia dal 2006 al 2012 hanno raggiunto un totale di ben 515,8 milioni di euro. "Le attività di sorveglianza e controllo delle frontiere esterne svolte da Frontex - scrivono nella ricerca i ricercatori - hanno come priorità quella di impedire l'arrivo dei migranti irregolari in Europa lasciando in secondo piano le attività di pronto soccorso in mare: così il numero di persone che muoiono nel Mediterraneo (18.673 quelle monitorate tra il 1988 e il novembre 2012 da FortressEurope, nda) è destinato a crescere".
Contrasto agli irregolari: numeri in calo. Mentre le risorse destinate a Frontex si impennano e i politici tornano a prendere in considerazione l'eventualità di rafforzarla, dall'altra parte, il contrasto all'immigrazione irregolare cala: tra il 2005 e il 2011 sono stati rintracciati 540.389 migranti in posizione irregolare, una tendenza decrescente nel corso del tempo. Infatti, se nel 2005 le persone individuate dalle autorità di pubblica sicurezza erano 119.923, nel 2011 sono state meno della metà (47.152 persone). Inoltre, a dispetto di chi ha più volte agitato lo spettro dell'"invasione", il numero dei migranti che raggiungono l'Italia via mare si è fatto sempre più contenuto, se si fa eccezione per il 2011, anno in cui i mutamenti politici hanno spinto più di 62.000 persone verso le coste meridionali del nostro paese. Nel 2012 sono sbarcati in Italia 13.267 migranti.
 


Captain Phillips, se i cattivi sono brutti sporchi. E ovviamente neri
Corriere.it, 19-11-2013
Gabriella Kuruvilla
Erano anni che non vedevo un film dove la divisione tra buoni e cattivi fosse così netta. Oggi, persino nei cartoni animati, anche il cattivo ha i suoi lati buoni: Gru di Cattivissimo me, per esempio, alla fine si rivela un padre amorevole, che la notte mette a letto le tre orfanelle, adottate come figlie, e legge loro delle fiabe per farle addormentare. Invece in Captain Phillips – Attacco in mare aperto, che in Italia è uscito il 31 ottobre, i cattivi non solo sono davvero cattivi ma anche brutti e sporchi.
    Oltre che deboli, stupidi, drogati, avidi, egoisti. E neri.
Mentre i buoni, ovviamente, sono belli, puliti, forti, intelligenti, generosi, altruisti. E bianchi: come dubitarne?  Chiaramente, nello scontro tra i primi e i secondi, vincono i secondi. Come nelle favole più rassicuranti, che comunque alcuni genitori, per evitare di creare false aspettative nella prole, a volte evitano di raccontare.
Il lungometraggio del candidato all’Oscar Paul Greengrass, però, lungi dall’essere un prodotto di pura fantasia, è ispirato a un fatto realmente accaduto. La storia, infatti, è tratta dal libro A Captain’s Duty: Somali Pirates, Navy SEALs, and Dangerous Days at Sea: ovvero l’ autobiografia, scritta in collaborazione con Stephan Talty, di Richard Phillips. Che, nell’aprile del 2009, era il capitano della nave porta container MV Maersk Alabama, battente bandiera U.S. A., sequestrata da quattro pirati somali, mentre viaggiava, in acque somale, con un carico di soccorsi umanitari diretti a Mombasa.
    L’avvenimento divenne famoso in tutto il mondo perché si trattò del primo dirottamento di un mercantile statunitense, in duecento anni di storia navale.
Il capitano, interpretato nella pellicola dall’icona americana Tom Hanks e presentato come un affettuoso capo famiglia, viene preso in ostaggio dai somali, guidati da Muse (Barkhad Abdi), che per ottenere un lauto riscatto cercano di portarlo in Somalia a bordo di una scialuppa di salvataggio quasi ridicola, che verrà ben presto circondata dai marines.
     Il finale non è “e vissero tutti felici e contenti” ma “i buoni vissero felici e contenti, mentre i cattivi vennero sconfitti”: il capitano, infatti, sarà tratto in salvo, il capo-pirata verrà incarcerato e gli altri della banda, gioco forza, saranno uccisi.
Uscendo dalla sala cinematografica, con un vago senso di disgusto, dopo aver visto “il bene che trionfa sul male” con un tale sfoggio di muscoli (e cervello) che mi aveva fatto venir voglia di tifare immediatamente per i cattivi (e sfigati), mi chiedo cosa possa pensare Igiaba Scego, amica, scrittrice, ricercatrice e giornalista di origini somale di questo “thriller al cardiopalma”, che comunque ti tiene inchiodato alla poltrona fino all’ultimo minuto e che, però, in ultima analisi, della Somalia offre un racconto superficiale, che nulla dice della complessa situazione che ha vissuto e che sta vivendo quel Paese, e il suo popolo. I somali, infatti, appaiono solamente come dei tossici di khat, droga che masticano in continuazione, assetati di soldi, fame insaziabile che non gli permette non solo di ragionare ma neanche di avere un minimo di umanità, se non (addirittura) di anima.
    “Ormai”, mi racconta, “per il mondo somalo è sinonimo di pirata o terrorista. E Somalia è diventata una parolaccia: vuole dire stato fallito, violenza e paura, male assoluto. La nostra guerra dura da 22 anni: all’inizio non c’erano i burcaad badeed, ovvero i pirati, ma i badaadinta badah, cioè i guardia coste, che, quando in una situazione di assoluta anarchia politica, il mare somalo veniva depredato dall’Occidente, buttandoci i rifiuti tossici e sfruttandone il patrimonio ittico, si erano erano organizzati per difendere il loro oceano. Poi il tutto è degenerato, e sono nati i pirati assoldati dai signori della guerra. Ma da circa un anno e mezzo la Somalia ha un governo, per quanto debole, ed è tornata a respirare: a Mogadiscio aprono nuovi ristoranti, sono stati messi i pali della luce e l’aeroporto accoglie il ritorno in patria di migliaia di somali della diaspora. Però la Somalia resterà sempre sotto le mire dell’Occidente: perché è piena di petrolio, ne possiede più di Kuwait e Qatar messi insieme. Circolano molti soldi in questa terra. C’è chi con la guerra si è arricchito, e della pace e della stabilità non se ne fa niente. Anzi. E poi c’è la povera gente, che mastica khat per non provare più né fame né sonno: giovani, vecchi, uomini e donne, ruminano tutti. Questa droga, diffusasi trasversalmente con la guerra civile, riguarda l’intero popolo ed è un problema sociale”.
Almeno qualcosa di vero, sulla situazione della Somalia e dei somali, questo film lo ha detto, penso. “E’ una pellicola talmente manichea, e disturbante, da sembrare anni ’80: dimentica la complessità e le sfumature”, conclude Igiaba Scego che, da anni, proprio sulla complessità e le sfumature del Paese da cui i suoi genitori sono scappati, dopo il golpe di Siad Barre, sta lavorando. Offrendone un ritratto ben diverso, e soprattutto più profondo: lontano da stereotipi e pregiudizi.



800.000 alunni stranieri sui banchi
Nelle aule italiane rappresentati circa 200 paesi
la Stampa.it, 19-11-2013
Sono quasi 800.000 gli alunni stranieri che frequentano la nostra scuola. Un dato in crescita grazie soprattutto all’incremento delle seconde generazioni, i ragazzi con cittadinanza non italiana nati nel nostro Paese.
È quanto emerge dal Focus statistico “Gli alunni stranieri nel sistema scolastico italiano”, pubblicato dal Miur nei giorni scorsi, relativo all’anno scolastico 2012/2013 che racconta il trend della loro presenza fra i banchi e la sempre maggiore integrazione con i compagni di classe italiani.
Il liceo scientifico, ad esempio, spopola anche fra gli stranieri. La presenza degli alunni con cittadinanza non italiana, oltre che variegata (sono circa 200 i Paesi rappresentati), è sempre più numerosa: 786.630 unità nell’anno scolastico 2012/2013, 30.691 in più rispetto all’anno precedente (+4,1%).  
Un incremento dovuto essenzialmente agli alunni con cittadinanza non italiana nati in Italia, le seconde generazioni, che rappresentano ben il 47,2% del totale degli alunni stranieri. Il panorama è cambiato, dunque: negli anni precedenti l’incremento della presenza degli stranieri nelle scuole era legato principalmente ai flussi migratori.  
Gli alunni stranieri iscrittisi per la prima volta nelle nostre scuole, rileva poi il Dossier Statistico Immigrazione 2013 “Dalle discriminazioni ai diritti”, realizzato dall’Ufficio Antidiscriminazioni Razziali (Unar) e il Centro studi e ricerche Idos, sono 32.663, numero da cui sono esclusi tutti gli iscritti alla scuola dell’infnzia, necessariamente alla loro prima esperienza con il sistema scolastico, più che negli ultimi due anni, quando si erano attestati intorno alle 28mila unità. Anche in questo caso, più che ai nuovi arrivati, il dato va evidentemente ascritto a minori che già vivevano in Italia e che hanno raggiunto l’età della scuola dell’obbligo.  
Degli oltre 32mila nuovi iscritti dell’anno scolastico 2012/2013, più di un terzo (20.421, pari al 62,5%) frequenta la scuola primaria, mentre sono intorno ai 6.100 gli studenti rispettivamente iscritti alla secondaria di primo grado (18,7%) e di secondo grado (18,8%) e che, evidentemente, sono da ricondursi a nuovi ingressi a carattere familiare.
Il 35,1% degli alunni stranieri, frequenta la scuola primaria, il 22,3% la secondaria di secondo grado, il 21,7% quella di primo grado e il 20,9% la scuola dell’infanzia.  
Le cittadinanze degli studenti mostrano una netta preminenza del continente europeo (49,8%), cui seguono Africa (24%), l’Asia (16,4%) e l’America (9,1%). Tra le aree sub continentali, invece, l’Europa centro orientale (non comunitaria) registra il 25,7% dell’intera presenza straniera, gli ultimi 12 paesi neo-comunitari il 21,6%, l’Africa settentrionale il 17,2% e l’America centro-meridionale l’8,7%. La Romania si conferma il primo paese per numero di alunni (148.602, pari al 18,9%), in linea con quanto rilevato nei movimenti di persone degli ultimi anni verso l’Italia, seguita da due paesi storicamente di più antica immigrazione verso il nostro Paese: l’Albania (104.710 alunni, pari al 13,3%) e il Marocco (98.106, pari al 12,5%). Seguono gli studenti cinesi (36.048, pari al 4,6%) e, con quote dal 3% in giù, moldavi, filippini, indiani, ucraini, equadoriani e peruviani.
Se le cittadinanze sono le più diverse, il dato di maggiore interesse e di più recente emersione, è però la nascita di questi alunni, che per 371.372 di essi si colloca in Italia (47,2%), cosicché più che di stranieri e immigrati, sarebbe preferibile parlare di una sola generazione di bambini e ragazzi composta al loro interno di culture, origini, storie e status giuridici sempre più variegati. Nella scuola primaria la quota dei nati in Italia tra gli stranieri sfiora, infatti, il 60% e in quella dell’infanzia l’80%.  
Difficile, allora continuare a distinguere nettamente tra italiani e non, se non fosse che più si sale di grado scolastico, più si materializza la linea di divisione tra figli degli italiani e figli degli immigrati. La scelta della scuola superiore, infatti, si sta rivelando un momento cruciale in cui iniziano a pesare più concretamente le differenze d’origine. Gli alunni di cittadinanza straniera “scelgono”, o più probabilmente sono spinti a scegliere, in misura molto più alta degli italiani gli istituti tecnici e professionali. Dei 175.120 stranieri delle scuole superiori, infatti, solo il 19,8% frequenta un liceo, il 3,1% l’istruzione artistica, mentre il 38,6% è iscritto a un professionale e un altro 38,5% a un istituto tecnico, per un totale di 135.092 (pari al 77,1%).  



Mondiali Fifa 2022. Amnesty: "Stadi in Qatar costruiti da lavoratori migranti schiavi"
Abusi, discriminazioni, ricatti, forme di lavoro forzato. In un rapporto dell’organizzazione umanitaria le condizioni della manodopera straniera che sta costruendo le infrastrutture per l’appuntamento sportivo
stranieriinitalia.it, 19-11-2013
Roma – 19 novembre 2013 - I mondiali di calo del 2022 si svolgeranno in Qatar, già pieno di cantieri per la costruzione degli stadi e delle infrastrutture legate a quell’appuntamento. Ma i lavoratori immigrati impiegati in queste opere sono vittime di diffusi e regolari abusi, in alcuni casi di vere e proprie forme di lavoro forzato.
È la denuncia di Amnesty International, che ha diffuso ieri il rapporto Qatar: The dark side of migration. È frutto di due visite nel Paese asiatico, nell'ottobre 2012 e nel marzo 2013, durante le quali l’organizzazione umanitaria ha intervistato centinaia di lavoratori migranti e incontrato i rappresentanti di imprese e istituzioni.
"Non si può assolutamente scusare che in uno dei paesi più ricchi del mondo così tanti lavoratori migranti siano sfruttati senza pietà, privati del salario e abbandonati al loro destino" ha dichiarato Salil Shetty, segretario generale di Amnesty International. "Le imprese di costruzione e le stesse autorità del Qatar stanno venendo meno al loro dovere nei confronti dei lavoratori migranti. I datori di lavoro mostrano un impressionante disprezzo per i loro diritti umani basilari e molti approfittano del clima permissivo, nonché della scarsa applicazione delle tutele, per sfruttare i lavoratori del settore delle costruzioni".
I migranti impiegati nel settore delle costruzioni in Qatar lavorano spesso per piccole e medie imprese che prendono subappalti dalle grandi compagnie, le quali talvolta non riescono a garantire che i lavoratori non vengano sfruttati. Il rapporto descrive un'ampia serie di abusi, tra cui il mancato pagamento dei salari, condizioni durissime e pericolose di lavoro e situazioni alloggiative sconcertanti.
Il rapporto fa luce sull'inadeguatezza della legislazione a tutela dei lavoratori migranti, peraltro aggirata regolarmente da molti datori di lavoro. L'organizzazione per i diritti umani ha chiesto dunque il rafforzamento delle norme vigenti e la fine del sistema dello "sponsor", che impedisce ai lavoratori migranti di lasciare il paese o di cambiare impiego senza il permesso del loro datore di lavoro.
Amnesty International, inoltre, mette in evidenza le prassi seguite dalle imprese di costruzione, alcune delle quali considerano normale violare gli standard a tutela dei lavoratori. La discriminazione nei confronti dei lavoratori migranti - la maggior parte dei quali proviene dall'Asia meridionale e sudorientale - è un fenomeno comune. I ricercatori hanno udito il direttore di un'impresa di costruzione chiamare i suoi lavoratori "gli animali".
Alcuni dei lavoratori che avevano subito abusi erano stati assunti da imprese che avevano preso subappalti da compagnie globali come Qatar Petroleum, Hyundai E&C e OHL Construction. Amnesty ha contattato diverse grandi imprese per segnalare i casi che aveva documentato e molte hanno espresso seria preoccupazione e alcune hanno detto di aver a loro volta compiuto indagini. Una ha affermato di aver deciso di migliorare il sistema di ispezioni sul lavoro.
Le risultanze del rapporto di Amnesty International alimentano i timori che nella costruzione dei principali impianti, compresi quelli che potrebbero essere di cruciale importanza nello svolgimento dei Mondiali Fifa del 2022, i lavoratori potranno essere sottoposti a sfruttamento. Amnesty International ha chiesto alla Fifa di agire con urgenza, insieme alle autorità del Qatar e agli organizzatori dei Mondiali del 2022, per impedire questi abusi.

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links