Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Appello per i lavoratori africani di Rosarno

Comunicati, notizie e eventi riguardanti l'Assemblea dei lavoratori
africani di Rosarno sono reperibile in rete all'indirizzo:
www.alar.noblogs.org

Le adesioni all'appello per i lavoratori africani di Rosarno possono
essere inviate a questo indirizzo: Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo. o compilando il form
presente in rete alla pagina: http://www.6antirazzista.net/appello_rosarno

Appello per i lavoratori africani di Rosarno

COSA SUCCEDEVA IERI

Ogni anno, in autunno, fino a buona parte dell’inverno, migliaia di
lavoratori stagionali, prevalentemente africani, vanno a Rosarno, in
provincia di Reggio Calabria, per la raccolta degli agrumi. Clandestini o
regolari, rifugiati o richiedenti asilo, tutti si radunano nel cuore della
piana di Gioia Tauro, 2000, forse 3000, ogni anno, da almeno vent’anni.
Sono vecchi residui di impianti mai entrati in funzione, nelle tre aree
industriali della piana, ad ospitarli. Senza elettricità, senza
riscaldamento, stipati dentro capannoni col tetto d’amianto, in ricoveri di
cartone che spesso prendono fuoco… in centinaia, per ognuno di questi
fatiscenti lager, a contendersi pochi sebach e un rigagnolo d’acqua.
Ogni mattina si alzano prima dell’alba e vanno sulla statale, a gruppi di
tre, cinque, dieci… alla prima macchina che si ferma sgomitano e scappano
per conquistarsi una giornata di sfruttamento nei campi. Invisibili per lo
Stato, che sa della loro presenza e ostenta indifferenza, lo sono anche per
l’economia ufficiale. Un’economia, quella agricola di questa e altre zone,
che non potrebbe mai fare a meno del loro contributo e sopravvive con
l’acqua alla gola solo mandando loro giù, negli abissi del lavoro nero.
Sono gli stessi che durante l’estate raccolgono i pomodori in Campania, in
Puglia, in Sicilia… sono l’indispensabile sostegno di un’agricoltura in
crisi: senza di loro, non ci sarebbe scampo per gli agricoltori, piccoli,
medi e grandi, costretti a vendere i propri prodotti ai bassi prezzi
imposti dalla grande distribuzione.

Nel dicembre del 2008, un Ivoriano ed un ghanese vengono gravemente feriti
a colpi di arma da fuoco. Segue nei giorni successivi una protesta per le
strade della cittadina calabrese. Denunciano i loro aggressori uscendo
dall’invisibilità e allo stesso tempo denunciano al mondo la condizione di
servitù cui sono costretti. Per un anno, i giornalisti di tutto il mondo
andranno a conoscere e documentare “l’inferno di Rosarno”. Persino un
ministro dal pugno di ferro, il leghista Maroni, dirà che la situazione è
intollerabile e prometterà interventi risolutori, annuncerà stanziamenti
del Viminale, soldi dello Stato per migliorare le condizioni di vita degli
africani di Rosarno. Ma nulla cambia. Continua il freddo, continua la
fatica, continua lo sfruttamento. Continuano le aggressioni e aumentano
l’odio e l’intolleranza da parte del blocco sociale armato dominante verso
questi reietti che hanno osato ribellarsi a un giogo soffocante e
pervasivo, che deve sottomettere tutti, italiani e non.

Un anno dopo, a migliaia, come ogni anno, tornano nella piana. Più degli
altri anni, complice la crisi economica, in moltissimi confluiscono in
mezzo agli agrumeti che sempre più numerosi restano intonsi, perché per
molti proprietari raccogliere non conviene più. Aumentano le braccia,
diminuisce il lavoro e queste persone vivono sempre più ammassate, in
condizioni sempre più esasperanti. Ma va bene così. Tutto normale. Una sola
cosa continua a stupire, per primi i responsabili di pubblica sicurezza.
Com’è possibile che in queste condizioni, in tanti anni, soprattutto
quest’anno, questa comunità di reietti sfruttati non venga coinvolta in
fenomeni di criminalità e violenza? Gli africani sono gente mite,
riferiscono ai giornalisti alcuni funzionari. Gli africani sono gente
onesta, viene da aggiungere a qualcuno, ai pochi che li aiutano nel totale
abbandono delle istituzioni.

Il 7 gennaio 2010, a Rosarno, alcuni lavoratori africani vengono presi di
mira con un fucile ad aria compressa, sparati da una macchina di passaggio
come fossero belve da colpire durante un safari. Ne segue una rivolta che
segnerà il punto di non ritorno di una spirale che per tre giorni, a
Rosarno, sfiorerà la guerra civile. In due, forse trecento si riversano da
più punti dentro il paese a protestare, a urlare, a distruggere nei beni
degli italiani quella stessa ricchezza ch’è anche frutto del loro lavoro.
Alla rabbia dei lavoratori africani risponde la rappresaglia guidata dalle
cosche locali, coinvolgendo parte della popolazione in pratiche di
aggressione sistematica all’uomo nero che rasenteranno il linciaggio di
massa. Dopo le cariche di polizia e carabinieri, bande di bastonatori e
singoli cecchini prenderanno di mira ogni uomo nero in circolazione fino a
che il governo deciderà che l’evacuazione di tutti i lavoratori è l’unica
soluzione possibile.
Italia, Europa, 8 gennaio 2010 il Governo della Repubblica deporta
migliaia di persone dal proprio luogo di vita e lavoro, solo in base al
colore della pelle, e dichiara Rosarno off limits per la gente di colore.

COSA SUCCEDE OGGI

Questione risolta. Torna la calma a Rosarno. La polizia presidia le strade
poco tempo prima gremite da ragazzi africani in cerca di lavoro. Le
strutture che offrivano loro dimora vengono demolite, spazzate via come un
ricordo scomodo da rimuovere, o meglio: come prove di un delitto da
nascondere. I lavoratori africani tornano invisibili, tranne alcuni dei
numerosi feriti, gli 11 che non possono evitare il ricovero. Solo per
questi, il Ministero degli Interni concederà un permesso umanitario di un
anno soggetto a rinnovo. Come se fossero gli unici ad aver subito una
violenza.
Disperse, senza neppure i pochi beni che hanno dovuto abbandonare, senza
casa, senza soldi, senza lavoro, senza diritti, invisibili e inermi, queste
persone vagano oggi per le città d’Italia, esposte al freddo e alla fame,
senza nessuna prospettiva. Vittime di una violenza continua e crescente e
implicitamente ritenuti colpevoli di aver alzato la testa. Osteggiati da
un’opinione pubblica razzista. Puniti dalla violenza della ‘ndrangheta.
Puniti dallo Stato, che dichiara Rosarno quale nuovo modello per interventi
prossimi venturi nelle situazioni simili sparse per il territorio
nazionale.

Non possiamo permettere che questo accada.
Non possiamo permettere che ciò si ripeta.
Non possiamo permettere che il silenzio torni a coprire come una coperta
di piombo la drammatica realtà umana e sociale di questi lavoratori.
Non possiamo permetterci l’indifferenza di fronte a un momento così buio
della nostra democrazia.

Un centinaio di loro si trovano a Roma. Ospiti di alcune realtà di
movimento, hanno costituito la prima Assemblea dei lavoratori africani di
Rosarno a Roma. Sono usciti ancora una volta dall’invisibilità, decisi a
non tornarci più, a rivendicare i propri diritti, ad illuminare e rivelarci
i punti più oscuri del nostro sistema politico ed economico. Sono stati
ricevuti dalle istituzioni, che hanno così riconosciuto la loro esistenza e
quindi il loro diritto a ricevere risposte.
La regolarizzazione prima di tutto! Questo chiedono, questo devono
ottenere.
Nella solidarietà generalizzata ch’è dovuta a loro come a tutti gli altri
e tutte le altre, donne e uomini, che vengono cinicamente utilizzati come
regolatori verso il basso dei rapporti di lavoro. Strumenti incolpevoli di
un ricatto sociale generalizzato che utilizza la crisi per aumentare i
profitti e depotenziare ulteriormente la forza contrattuale di tutti i
lavoratori.

È preciso dovere di tutte le organizzazioni democratiche, di tutte le
realtà associative, di tutte le istanze sociali e politiche di questo
paese, di tutti i cittadini italiani mettersi insieme a queste persone,
aggiungere la propria voce alla loro, sostenerli nel cammino che hanno
cominciato.
Dare loro accoglienza. Combattere con loro per il diritto ad esistere, il
diritto ad avere diritti.

Come realtà antirazziste che si sono mobilitate in seguito ai tragici
fatti di Rosarno e successivamente hanno trovato nella presenza degli
africani di Rosarno a Roma l’occasione per rimediare, qui e ora, ai tanti
torti subiti, ci appelliamo a tutta la società civile per la creazione di
una rete di solidarietà che rivendichi con forza dalle istituzioni italiane
quanto spetta di diritto a queste persone:

PER UN’ACCOGLIENZA IMMEDIATA DEI LAVORATORI AFRICANI DEPORTATI DA ROSARNO
E UNA SOLUZIONE STABILE CHE ESCLUDA IL RICORSO A STRUTTURE
CONCENTRAZIONARIE COME I CIE E I CARA

PER L’IMMEDIATA REGOLARIZZAZIONE DI QUESTE PERSONE CHE IMPEDISCA IL LORO
RITORNO NELLE MAGLIE DELLA SCHIAVITU’ SILENTE

PERCHE’ A QUESTI LAVORATORI PRIVATI DEL PROPRIO IMPIEGO VENGANO OFFERTE
POSSIBILITA’ DI LAVORO DIGNITOSE E TUTELATE

Rete Antirazzista Romana
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