Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

03 luglio 2014

Tragedia senza fine. Dispersi in mare altri settanta migranti
Sul peschereccio della morte in molti sono rimasti uccisi dall'asfissia e dai compagni. In una ghiacciaia di tre metri per tre stipata una quarantina di persone
il GIornale, 03-07-14
Valentina Raffa 
È una moria continua. Le testimonianze strazianti degli immigrati giunti a Catania, diffuse dall'Unchr, l'Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, parlano di una settantina di immigrati dispersi nel naufragio di un gommone nei giorni scorsi nel Canale di Sicilia.
La Procura di Catania ha aperto un'inchiesta.
L'ennesima tragedia del mare sarebbe stata causata dalle pessime condizioni del gommone con a bordo 101 persone.
Il pensiero corre dritto ai 611 immigrati stipati nel peschereccio di 20 metri rimorchiato martedì al porto di Pozzallo, tomba di 45 persone. Ammonticchiate nella ghiacciaia di 3 metri per 3, si supponeva che fossero una trentina. E mentre la polizia giudiziaria sperava di averci visto male ? «magari ce n'è qualcuno in meno» ? i corpi recuperati con immane difficoltà soltanto alle 5.30 di ieri, dopo un'operazione che ha richiesto l'intervento dei pompieri per allargare la stretta botola che portava alla stanzetta, erano quindici di più. Stretti stretti, l'uno sull'altro. In stato di decomposizione per il tempo trascorso e il gran caldo. Tutti giovani, con pantaloncini colorati, a dorso nudo e il volto verso la botola. Si sono spogliati per sopravvivere. «Sono tutti uomini, verosimilmente maggiori d'età, provenienti dal centro Africa» dicono medici e investigatori.
In quello spazio tanto angusto hanno viaggiato almeno settanta persone. È l'orrore che si aggiunge all'orrore. Lo hanno riferito gli immigrati che sono riusciti a uscire da quell'inferno di monossido di carbonio, sudore e fiati, facendosi largo a forza tra i compagni. «Per il caldo, la fame e la sete provavano a salire ma venivano respinti, spesso dagli stessi compagni di viaggio che, per fare posto a loro, avrebbero rischiato di cadere in acqua» dice il dirigente della Squadra mobile di Ragusa, Antonino Ciavola. Il viaggio duranto 36 ore, durante le quali non hanno mai ricevuto cibo o acqua, è terminato per i superstiti rinverdendo quel sogno di salvezza in una terra che appare un miraggio. È bastato uno sguardo al pontile di Pozzallo per rimuovere per un istante l'immagine e il puzzo della morte, attratti dallo sventolare della bandiera della rivoluzione siriana in mano all'attivista marocchina Nawal Sofi, la prima a dare l'allarme da Catania, avendo ricevuto una telefonata di sos dal barcone. Hanno sorriso e fatto il segno della vittoria. I medici legali hanno iniziato l'esame esterno dei corpi. «É una ricognizione accurata - dice il procuratore di Ragusa, Carmelo Petralia - Procederemo con i riconoscimenti da parte dei parenti. I volti senza un nome finiranno in un database con dna». La procura disporrà l'autopsia su un campione rappresentativo dei deceduti, che si trovano nella cella frigo fornita dalla Protezione civile provinciale di Ragusa, cui si è dovuto annettere un furgone con cella frigo per fare posto per tutti. Sono in un'area off limits vicino al Cpsa, per evitare che qualche parente vi si rechi. Dopo 30 ore di lavoro i due scafisti sono stati individuati. Un senegalese di 30 anni, Oussman Maron, e il 22enne del Gambia Ibrahima Conte, accusati, oltre che di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina, anche di morte come conseguenza di altro reato e sequestro di persona.
Nel frattempo è tornato in libertà il 23enne marocchino Hamid Bouchab uno dei due scafisti del barcone che il 12 maggio naufragò provocando la morte di 17 persone. Lo ha deciso il Gip di Catania che, in accoglimento della richiesta del difensore, ha revocato la misura restrittiva ai domiciliari e l'obbligo del braccialetto elettronico. Avrebbe comunque avuto un ruolo marginale. Resta invece in carcere il 23enne tunisino Haj Hammouda Radouan, capitano del barcone.
 
 
 
PICCOIA POSTA 
Il Foglio, 03-07-14
Adriano Sofri 
Che cosa fare per fronteggiare la tragedia umana e la speculazione politica sui migranti? Le idee non mancano: per la gran maggioranza non sono idee, ma pregiudizi che si mascherano da idee. E intanto ci sono i fatti. Il principale è che le stragi non si interrompono, e però l`azione detta Mare Nostrum ha enormemente ridotto la perdita di vite umane. Costa molto? Moltissimo. Troppo? No. Può darsi che favorisca i viaggi della disperazione, come si sostiene: è uno scotto eccessivo rispetto alle vite salvate? No. A meno che il tariffario mondiale delle vite non esageri nello spread. Detto che le regole di Lisbona sui doveri del paese di primo arrivo sono inique, e che una vera corresponsabilità europea sarebbe il minimo, resta il problema. Soccorrere i migranti molto più al largo e riportarli alle coste di partenza sarebbe praticamente inutile, come vuotare il mare con un secchiello. Non è vero che sia la soluzione, in Spagna e dovunque. 
E sarebbe moralmente vergognoso, perché si riporterebbe in balia di schiavisti stupratori e trafficanti persone che ci sono già passate. Rafforzare grandemente i presidi internazionali, dell`Unhcr, e più precisamente europei, sulle coste nordafricane, trasferendovi le pratiche di verifica e accoglienza dei profughi è un`idea giusta, praticabile, benché difficile, e non basterebbe, a ragionare realisticamente, a prosciugare il circuito clandestino e criminale, essendo la domanda troppo superiore all`offerta. (La legge della domanda e dell`offerta ha una smagliante verifica nella stiva del barcone rimorchiato a Pozzallo, e nell`allestimento di emergenza di celle frigorifere). Una comunità internazionale che esistesse - molto più di quanto, tuttavia, esista - dovrebbe puntare alla massima vicinanza e alla massima distanza dai percorsi della tragedia. Al soccorso in mare e a un`accoglienza decente nella nostra terra, e in quelle sorelle, di Grecia e Spagna, e al soccorso in terra ai confini dei luoghi del sangue e della violenza: della Siria, dell`Iraq, dell`Eritrea, della Nigeria, del Mali, della Repubblica centrafricana, del Sudan, e ancora... lunghissimo elenco, eh? Ci sono già, queste favolose e inadeguate imprese di soccorso, in paesi più poveri di noi che davvero ospitano o subiscono un`invasione disperata. Ma il punto vero, quello che a torto viene considerato così utopistico e irrealista da non essere nemmeno preso in conto, è che i luoghi in cui fronteggiare le migrazioni disperate - non quelle che dovrebbero esser normali sulla terra, da cui tutti veniamo e verso cui continuiamo ad andare - sono quelli delle guerre "civili", e che solo l`intenzione di sventare e arginare le guerre civili può ridurre il disastro. Lì è la radice: come nella Siria di un paio di anni fa, prima dell`esodo di milioni, prima dei morti a decine e centinaia di migliaia, prima del califfato. Costerebbe troppo? Metterebbe a repentaglio la stabilità del pianeta? Non fatemi ridere. E` come proporre di abolire la polizia, qui dove viviamo, perché costa troppo, e deve fare i conti con la criminalità organizzata. 
 
 
 
L`emergenza è per i dispersi 
il Manifesto, 03-07-14
Luca Fazio 
Circa» trenta. «Almeno» una settantina. La rassegnazione è una modalità dell`abitudine. E così ci siamo rassegnati a conteggiare i morti al metro cubo o a spanne. Tutti i giorni. Tanti quanti ce ne stanno in una ghiacciaia di due metri per tre, uno sopra all`altro, tecnicamente si direbbe strage. L`altro giorno dovevano essere «circa» trenta i cadaveri imprigionati nel barcone ormeggiato nel porto di Pozzallo e invece,. dopo una straziante operazione di recupero, ne sono stati estratti quarantacinque: ci siamo sbagliati di quindici. Sempre strage è. Ma oggi è un nuovo giorno. E tocca ad altri esseri umani, ancora senza un volto e un nome, che nei giorni scorsi sono stati inghiottiti dal mare in un altro naufragio: «almeno» una settantina. Forse 74. Ancora strage. Meno impressione desta un altro 
annegamento collettivo sfuggito alla conta quotidiana: «solo» due morti e quattro dispersi in non si sa bene quale altro viaggio verso l`Italia. 
Le due nuove tragedie sono state annunciate ieri dall`agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) dopo aver raccolto le testimonianze di ventisette superstiti sbarcati martedì a Catania dalla nave Orione. La notizia dell`ennesima strage è stata confermata anche dalla procura di Catania, che ha aperto un`inchiesta sul gommone scomparso nel canale di Sicilia. 
Contemporaneamente, a Strasburgo, è andato in scena il Matteo Renzi show. È commovente constatare che nel suo lungo discorso il presidente del Consiglio abbia avuto il buon cuore di infilare qualche riga sull`impegno italiano per «far fronte alle stragi» nel Mediterraneo: «Con la condivisione degli altri paesi e della Commissione riusciremo a far fronte in modo più deciso per il futuro ai flussi migratori con Frontex plus». Ma è un`altra la frase destinata a lasciare il segno: «Se continuiamo a rinchiuderci nelle nostre frontiere non andremo da nessuna parte. Il protagonismo dell`Europa non è solo nelle esigenze economiche ma anche nella dimensione umana: voi rappresentate un faro 
di civiltà, la civilizzazione della globalizzazione». 
Sicuramente meno gloriosa l`audizione del ministro degli Interni Alfano che ieri in Senato, mentre in Sicilia si contavano i morti, si è limitato a farsi gli auguri - «il semestre italiano di presidenza può essere una svolta» prendendosela con i «mercanti di morte», non senza concedersi un briciolo di umanità per le agenzie di stampa: «Anche i morti, non solo i vivi, volevano arrivare in Europa». Quanto a loro, i vivi, anche con questo governo hanno poco da stare sereni: «L`ipotesi della soppressione dei Cìe è difficilmente praticabile, visto che sono continuamente all`opera» (cinque prigioni per cinquecento prigionieri che non hanno commesso alcun reato). Se non fosse inutile, il ministro Anne, invece di rivendicare le prigioni per innocenti mentre è in corso un`ecatombe, potrebbe segnarsi quanto detto ieri dall`agenzia dell`Onu per i rifugiati, e cioè «la necessità che i governi forniscano urgentemente alternative legali ai pericolosi viaggi in mare». Significa agevolare l`ingresso per ragioni umanitarie, «garantendo alle persone disperate e bisognose di un rifugio la possibilità di cercare e trovare protezione e asilo». Non Frontex plus. 
Oltre alla drammatica conta dei morti, ogni giorno bisogna avere a che fare anche con i vivi, e se fossimo un altro paese sarebbe una gran bella notizia: ieri pomeriggio, nel porto di Augusta (Sr), sono sbarcati altri 150 migranti soccorsi dalla guardia costiera a 100 miglia a sud est dalla costa. Stanno tutti bene. Sabato sera, invece, a Pozzallo, ci sarà una fiaccolata per ricordare con una preghiera comune le 45 persone morte su quel peschereccio ancorato nel porto. E una idea del sindaco Luigi Ammatuna. Ha detto che sarà una fiaccolata multiculturale e aperta a tutti i culti religiosi. Incredibilmente, non sono attese milioni di persone. 
 
 
 
INTERVISTA • Carlotta Sami, portavoce Unhcr 
«Adesso l`Europa deve consentire gli ingressi» 
il manifesto, 03-07-14
Carlo Lania 
"Mare nostrum non solo deve continuare ma deve essere rafforzata, perché gli attraversamenti non cesseranno. Ma l`Unione europea deve anche adottare delle misure che permettano ai migranti di attraversare legalmente il Mediterraneo». Le ultime tragedie dell`immigrazione sono state denunciate ieri dall`Unhcr, l`Alto commissariato delle Nazioni unite per i rifugiati, che ha dato notizia di due naufragi nei quali potrebbero aver perso la via complessivamente un`ottantina di migranti. Sono le ultime vittime di una strage molto spesso silenziosa che, sempre secondo l`Unhcr, avrebbe provocato almeno 500 morti dall`inizio dell`anno a oggi. «Sono stime che abbiamo calcolato tenendo conto delle persone morte nel mar Egeo, tra la Libia e l`Italia e nei naufragi avvenuti davanti alla Libia e alla Tunisia, ma anche delle persone morte davanti alle coste spagnole» spiega Carlotta portavoce dell`Unhcr per il sud Europa. «Gli ultimi due incidenti sarebbero avvenuti tra sabato e lunedì scorso e entrambe le imbarcazioni sarebbero partite dalla Libia. Nel primo caso si tratta di un gommone con almeno 70 persone che si sarebbe ribaltato. Il secondo riguarda invece un barcone che è andato in avaria dopo un paio di giorni. I dispersi in questo caso sono sei: un marocchino, tre africani a due siriani. 
Mare nostrum ha permesso di salvare migliaia di vite, ma purtroppo nel Mediterraneo si continua a morire. E` chiaro che l`operazione di pattugliamento non basta più. Cosa serve ancora? 
Prima di tutto direi che c`è un aumento della violenza usata dai trafficanti nei confronti dei migranti e un`assenza di scrupoli nel caricare queste barche fino all`inverosimile. Sembra potesserci un accanimento particolare verso i subsahariani, probabilmente perché hanno meno soldi da dare. Questo e sicuramente un dato: i trafficanti caricano sempre più persone su barche che sono sempre .più insicure. Ci sono gommoni che basta un`ondata per mandarli a fondo. Ma ci preoccupa molto anche la situazione in Libia, sia dal punto di vista politico che delle condizioni dei migranti. L`instabilità politica si ripercuote in maniera diretta e grave su di loro. 
Che notizie avete per quanto riguarda I migranti? 
C`è un network di sfruttamento gravissimo e una situazione umanitaria gravissima nei cosiddetti centri di detenzione governativi in cui i migranti vengono portati: E poi ci sono centri creati dagli stessi trafficanti dove vengono portati soprattutto i rifugiati eritrei, che lì vengono torturati e ricattati finché non pagano per essere liberati. Parliamo di persone che arrivano in Italia in condizioni davvero gravi, di donne che restano incinta dopo essere state violentate e questo rende tutto molto più tragico. E poi c`è la fase in cui vengono messi sulle barche, che è molto violenta. Tanti rifugiati ci hanno raccontato di essersi spaventati per quante persone c`erano sulla barca e quando hanno cercato di ribellarsi sono stati picchiati come bestie. Per mettere fine a tutto questo come Unhcr chiediamo due cose: di continuare lo sforzo si salvataggio in mare che non deve essere abbandonato e anzi deve essere allargato e diventare europeo in tutto il Mediterraneo. Dopo di che chiediamo che si metta a punto un piano per quelle che noi chiamiamo misure legali alternative, ovvero delle alternative legali per l`attraversamento del Mediterraneo. Nella sostanza si tratta di programmi di reinsediamento, ammissione umanitaria e facilitazione di ricongiungimenti familiari, insieme a un`interpretazione elastica del regolamento di Dublino ché faciliti in particolare proprio i ricongiungimenti familiari. Bisogna evitare che una persona che è stata riconosciuta in Europa come rifugiato, faccia arrivare la famiglia facendola partire dalla Libia con una barcone. 
Tutto questo però è possibile solo aprendo uffici vostri e dell`Unione europea nei paesi di transito. 
Per quanto riguarda i siriani potrebbe essere fatto in buonissima parte attraverso i nostri campi dove già esaminiamo le richieste di asilo. Per quanto riguarda gli eritrei, invece, la difficoltà più grandi le abbiamo in Libia dove dobbiamo capire se esiste la possibilità di stipulare accordi seri tra i governi europei e Tripoli. 
 
 
 
IL personaggio È l`impiegata che a Pozzallo si occupa di trovare una sistemazione agli orfani del mare 
I mille figli di «Mamma Virginia» la donna che dà casa ai piccoli immigrati 
Corriere della sera, 03-07-14
Felice Cavallaro 
POZZALLO (Ragusa)- Senti chiamare «mamma» fra le brande dei minori arrivati dalla Siria o fra i ragazzi egiziani che giocano a pallone e corre lei, Virginia Giugno, una quarantenne alta e bruna, gli occhi dolci, pronta per coccolare i giovani sventurati senza genitori, i piccoli migranti in cerca di futuro, prima diffidenti, poi attaccati come ventose alla coordinatrice della protezione civile perché per tutti è «Mamma Virginia». 
Quando si è laureata in lingue e letteratura straniere e quando il sindaco Luigi Ammatuna l`ha nominata capo di gabinetto pensava di dover seguire nella vita solo le sue due figlie, una all`università, l`altra al liceo. E invece adesso deve dividersi fra Walid, Ayman, Sam e centinaia di altri «non accompagnati» che ad ogni sbarco le vengono affidati per decidere come assisterli, se trattenerli a Pozzallo, magari iscrivendoli a scuola, se stabilire un contatto con le case famiglia, con le parrocchie, con i centri Spar del ministero dell`Interno. 
Lei scheda i dati, annota le debolezze, l`estro, le aspirazioni di ognuno, cerca di capire cosa è meglio fare, dove è meglio indirizzare ogni ragazzo. Come ha fatto lunedì per 72 minori spostati dal Centro accoglienza del porto di Pozzallo per fare spazio agli altri 5o arrivati con i primi naufraghi salvati sul peschereccio dell`orrore. 
«Il più piccolo in questi giorni ha 12 anni. Il primo compito è separarli dai maggiorenni, se non hanno genitori. E subito tirarli fuori dal Centro che è sempre un capannone dove non si può costruire niente, passando invece a strutture "ponte", come le definiamo, in attesa di qualcosa che dia sempre più certezze: una parrocchia, una casa famiglia, un centro per minori...» racconta Mamma Virginia che negli ultimi mesi ha ribaltato qualche convinzione. «Vedevo davanti a me questi ragazzi mandati da soli nel pozzo nero del Mediterraneo e pensavo a genitori scriteriati, incapaci di tenerseli vicini. Ma ho capito che è esattamente il contrario» spiega. «Ho capito che le famiglie investono tutto per consentire a questi ragazzi di fuggire da fame e stenti, di non farsi arruolare a sedici anni come soldati armati di fucili che pesano più di loro. Fra la morte per fame o guerra e il rischio di giocare la vita nella roulette del Mediterraneo, i genitori puntano sul viaggio della speranza mettendo i loro figli nelle mani dei trafficanti. Una scommessa. Che noi finiamo per raccogliere...». 
Ed è questa la storia di Ayman, 14 anni, il viso di un bambino, gli occhi inzuppati, i primi tempi con un inglese pasticciato, «blis blis» per dire «please», per invocare di essere rimandato in Egitto, come ricorda la coordinatrice: «Mi ripeteva: "Non volevo venire, mi ha costretto mio padre, voglio tornare a casa, a fare il medico al Cairo...". E io a confortarlo difendendo quel padre mai visto, convincendolo che il futuro stava davanti a lui e non dietro». Come ha fatto con Welid Moahomud, un altro ragazzo egiziano di 15 anni, l`italiano appreso con lei che lo chiama «Kit Kat»: «Lo rimproveravo per le barrette di cioccolato divorate in continuazione, per la sigaretta fumata di nascosto... Ma dopo un anno, trovato un collegio in Calabria, ecco la pagella della promozione in terza media che mi ha inviato via Facebook. Ero fiera, come se l`esame l`avesse superato mia figlia». Vorrebbe sempre il meglio una mamma per i propri figli, spiega lei, però si intristisce: «Mi ritrovo spesso a scegliere il loro destino rispondendo a richieste del ministero o dei centri specializzati da dove mi arrivano la mail per la disponibilità di un posto in una struttura o in un`altra. E` accaduto quest`inverno. Un posto in un ottimo centro di Pachino. Ma in quel momento avevo 107 minori a me affidati. E dovevo sceglierne uno, uno soltanto per regalargli il futuro. Una violenza per gli altri. Ho dovuto, a malincuore. Facendo preparare il bagaglio con le sue piccole cose a Promise Aberun, 16 anni, il più socievole, sempre allegro, felice quando gli ho spiegato che avrebbe studiato, ospite in una casa vera, senza brande, con istitutori di prim`ordine, con tanti giochi e tanti libri. Ma un giorno, un brutto giorno, un mese e tre giorni fa, li hanno portati al mare, in gita, e Promise è annegato, il corpo ritrovato tre giorni dopo. Ecco, l`avevo scelto io. Ed è come se l`avessi mandato io su quella spiaggia, fra quelle onde che se lo sono portato via». 
Torna il sorriso parlando di Sam, 12 anni, «una intelligenza superiore», come dice raccontando la storia di un altro bambino arrivato da solo: «Mamma e fratello arrestati alla partenza dalla Libia da poliziotti che volevano essere pagati. Loro sono fuggiti temendo il peggio, ma gridando a Sam di salire sul barcone mentre salpava. Ed è arrivato qui, solo, poi viziato da tutti: l`elicotterino, la macchinina, la maglietta alla moda. La sera però mi abbracciava e io morivo: "Virginia, mi manca la mamma". Lo stringevo forte. Si addormentava... Adesso con gli angeli di Save the children sta in una buona struttura a Catania. E lavoriamo tutti per rintracciare la mamma, per agevolare il ricongiungimento...». Ed è davanti a tragedie come queste che l`umanità scopre il peggio, ma anche il meglio di se stessa. 
 
 
 
Quando la tendopoli sembra un'oasi
Avvenire, 03-07-14
Claudio Monici
Messina - Ci sono angeli che non possono avere dei nomi. Ricompongono la sofferenza ma devono restare anonimi. Per incontrali, previa autorizzazione prefettizia, bisogna prendere la strada del lungomare e poi svoltare a sinistra, prima di Paradiso. Sarà un caso? Imboccare la salita delle casette basse e, al bivio con l’Università di Messina, puntare su Conca d’oro.
È qui, che in un campo sportivo dedicato alla memoria di Primo Nebiolo, ritroverete la Lampedusa di un tempo e quelle persone semplici, appunto questi angeli, che con il loro lavoro e il loro offrirsi quotidiano, spesso ben oltre il tempo retribuito, fanno l’accoglienza, diciamo, “tecnica” e umana ai migranti raccolti in mare e portati nel Centro di accoglienza temporanea di Messina: una trentina di tende a punteggiare di blu un campo di baseball americano.
Da quando ha preso avvio la missione umanitaria Mare Nostrum, l’“impronta” della piccola isola delle Pelagie, conosciuta in tutto il mondo per essere stata per quasi trent’anni il primo vero approdo sulla strada dei migranti del Canale di Sicilia, è come se fosse stata riprodotta, per necessità logistiche e umanitarie, sull’isola madre. Tante piccole Lampeduse sparse in ogni provincia siciliana per fornire accoglienza e ospitalità in questa fase di forte ripresa degli arrivi dalle coste del nordafrica. E le navi della Marina militare italiana e della Capitaneria di porto pattugliano e setacciano questo mare di Sicilia a “pescare” naufraghi e raccogliere moribondi.
Il Centro accoglienza temporanea di Messina con 250 posti letto, ci viene detto, è stato aperto l’8 ottobre del 2013 e, prima con la Croce rossa italiana, ora con l’impegno dell’ente gestore costituito da “Senis Hospes”, “La cascina” e “Sol.co.”, ha, fino a ieri, già contabilizzato 3.597 presenze.
C’è più di mezzo mondo a scorrere la lista geografica dei Paesi di provenienza di questa gente che approda sulle coste sud di un Europa che sembra non voler vedere né sentire il lamento del canale di Sicilia.
«Gli arrivi nel centro avvengono a ondate. Quando arrivano tutti gli ospiti sono visitati da un medico per accertare eventuali malattie diffusive o infettive. Successivamente vengono riforniti di nuovi abiti, di prodotti per l’igiene personale e di una scheda telefonica per poter contattare i parenti. Quando li vediamo arrivare sono persone annientate non solo nel corpo. Eppure dopo poche ore che sono qui hanno già un’altro volto più disteso», ci racconta un angelo di Messina.
Qui sono passate tante storie segnate dalla guerra: «Ho avuto modo di conoscere fior di professionisti, soprattutto siriani, medici, professori universitari, e come per gli eritrei e i somali, con la volontà di chiedere asilo politico non in Italia, ma in nord Europa. Ricordo una donna siriana al quarto mese di gravidanza, sola, il marito ucciso dalla guerra, fuggita attraverso l’Egitto. Mi racconta questa storia: “Ho lasciato un figlio di 13 anni in Egitto, ho affrontato il mare per venire a partorire in Europa. Appena posso torno a prendere il mio ragazzo e poi rifarò la stessa strada per tornare qui”».
In questi giorni nel centro c’è un poco di calma, ci sono solo 19 ospiti, di cui 5 in ospedale. Sono nigeriani, musulmani e cristiani. Insieme, uniti dal destino identico di “fuggiaschi” da un mondo che non permette loro di vivere una vita normale.
Ma la sensazione, però, che qualcosa manca, emerge immediata quando si entra in uno di questi luoghi dove gli ospiti, è bene ricordarlo, hanno libertà di movimento, una volta registrati. E spesso fanno perdere le loro tracce prima della fatidica soglia delle impronte digitali per l’asilo politico in Italia, come prevede la Convenzione di Dublino.
È un’accoglienza finalizzata al bisogno immediato che offre determinate prestazioni, «senza un progetto per il dopo», senza che venga offerto un senso concreto a queste presenze. Un dopo che può durare anche un anno, il tempo di attesa, in genere, del riconoscimento di un permesso di soggiorno. Un tempo vuoto fatto di attese e lunghi silenzi su una panchina.
Se non fosse per la presenza di questi angeli senza nome che non guardano a orari o turni quando c’è da andare incontro a qualcuno: «Come posso tornare a casa e andare a dormire tranquillo quando magari ho accompagnato un nostro ospite in ospedale e so che lui è solo in un letto? Quando ho finito il mio turno è normale che vada a trovarlo per offrirgli un po’ di calore e due parole di compagnia».
 
 
 
Se non basta il cuore degli italiani 
Il Mattino, 03-07-14
Giuseppe Montesano 
Non le vediamo più, le facce dei bambini che sbarcano ormai in tutto il Sud dall`intera zona del Mediterraneo africano e medio-orientale: 
non le vediamo più perché negli esseri umani comuni, e siamo tutti degli esseri umani comuni, c`è una difesa segreta del di fronte a ciò che è terribile, e noi guardiamo le foto delle braccine tenere, dei piccoli corpi, poi distogliamo lo sguardo, e guardiamo di nuovo perché ci vergogniamo a distogliere lo sguardo dalla sofferenza: ma qualcosa ci impedisce di mettere davvero a fuoco. 
Ce lo impedisce il dolore che si prova a identificarsi con loro, i migranti tutti, e i piccoli più di tutti gli altri: basta pensare per pochi secondi che potrebbero essere i nostri figli, e il dolore ci toglie il respiro. Ma c`è un altro motivo, per cui stringiamo i denti guardando, ed è rabbia: non una rabbia sciocca, ma una rabbia colma di ragione e di riflessione, una rabbia lucida che chiede: ma le vedono davvero in Europa le facce dei migranti? Vedono davvero, i signori del Nord Europa che siedono sussiegosi nel nella Comunità Europea a discettare di burro scremato, cosa c`è scritto in quelle facce e in questo momento epocale della storia del Mediterraneo? No, non vedono: perché se vedessero agirebbero, ci diciamo; non possiamo pensare di coloro che governano l`Europa che vedano e non capiscano: sarebbe follia. Non ci sono troppi giri di parole da fare: in Italia sulle spiagge, nei piccoli paesini del Sud, nelle grandi città, a Lampedusa, 
a Catania, a Messina, in Calabria, a Salerno, dovunque le persone cercano di fare quello che possono: gli italiani tanto sospetti in Europa danno ciò che possono, fanno ciò cne possono. 
Ma che fa la politica di quella che con un`ironia drammatica, si fregia del nome di Comunità europea? Con tristi giri di parole dice: non c`entriamo, è una questione italiana. Che errore politico gravissimo! Non capire che in pochi anni ci sono stati diecimila morti accertati tra i migranti, che l`Italia è prossima al collasso nei centri di accoglienza ufficiali e non ufficiali, e che con l`Italia lo sarebbe anche l`Europa, è gravissimo: non solo per la vergogna della mancanza di comunità e solidarietà, ma per l`incoscienza politica. Significa essere ciechi di fronte a quello che si avvia tra poco a diventare un problema epocale, una questione la cui vastità non può essere accollata a un solo Paese. Senza giri di parole: è tutta questione di nazionalismi di alcuni Paesi europei? E` tutta questione 
di soldi? Si direbbe proprio di sì: ma se così fosse, bisognerebbe ricordare a Norvegia, Danimarca, Germania, Francia, Belgio, Olanda, Austria, Lituania, e a tutti gli altri, che quando l`epoca delle rovine si stendeva sull`Europa nel dopoguerra, gli Stati Uniti lanciarono il Piano Marshall: senza giri di parole, e un po` sintetizzando, versarono nell`Europa, che era stata più o meno complice del nazismo, una quantità enorme di denaro. Per ricostruirla: perché ciò che era accaduto era un dramma epocale, senza paragoni, e non si conteggia il denaro quando ci si trova di fronte a eventi storici così grandi. 
Senza voler fare superficiali confronti, è però visibile a chi non sia ottuso che il problema delle migrazioni dal Medio Oriente e dal Nord Africa è oggi già drammatico, e, unito alla povertà della Grecia e alla scarsa crescita in vari paesi europei, può diventare già domani epocale: un problema enorme ed esplosivo. Gli italiani non piatiscono elemosine: chiedono che esista davvero la comunità dell`Europa. Il presidente del consiglio Renzi ha detto ieri nel Parlamento europeo, con giusta durezza, che gli italiani accettano le critiche ma che non accettano i pregiudizi sull`Italia: ma quello che la Ue dimostra, dicendo che la questione dei migranti è solo italiana, non è un pregiudizio, ma una forma di ottusità storica, una storica mancanza di sguardo lungo, una mancanza di prospettiva che potrebbe avere conseguenze catastrofiche. Dove sono gli studiosi e i consulenti che procurano dati e statistiche al parlamento europeo e ai suoi burocrati? Cosa sanno dei flussi migratori? Cosa dicono sul fatto che i vasi comunicanti tra i paesi dell`Europa porteranno prima o poi anche a loro la questione, ma che quando la porteranno a loro sarà in maniera devastante? 
Tacciono. Rimandano. Nascondono. Fanno cioè esattamente quelle cose che, con linguaggio mellifluo e burocratico, rimproverano al nostro Paese. Noi lo ripetiamo: il cuore agli italiani non manca certo, e lo dimostrano tutti i giorni i suoi cittadini, soprattutto nel Meridione martoriato e impoverito, lo dimostrano senza far chiacchiere e senza presunzione: ma il cuore non basta di fronte alle mutazioni di portata storica. I bambini che ci guardano dalle foto e nella realtà e i morti che non ci guardano più perché sono morti asfissiati in 
un barcone, e le persone comuni che si trovano ad affrontare da Salerno a Lampedusa una vicenda più grande di loro e guardano alla politica 
ancora con speranza, non possono essere deluse: attenzione a deludere queste persone. Non per questo è stata costruita la Comunità Europea. 
Non sarà chiudendo gli occhi che l`Europa diventerà più ricca e importante. Quando ha chiuso gli occhi in passato è precipitata nel buio dei campi di sterminio e delle guerre. Oggi tutto è ancora possibile, per l`Italia che crede nell`Europa e per l`Europa che crede in se stessa: ma domani? Che aprano gli occhi, i burocrati dei conti a posto a costo delle vite umane e degli egoismi nazionali travestiti da comunità: o quando li apriranno, come è già accaduto appena ieri, sull`Europa sarà notte. 
 
 
 
La strage del Mediterraneo
l'Unità, 03-07-14
Franco Laratta
Caffè, cornetto e… pranzo, cena e…. intanto arriva l’estate, occorre la dieta, un po’ di palestra e tanto sport.Gli europei sono in forma, pronti alla ripresa dei mercati, ad una nuova stagione di rilancio economico. e, per lo più, sono felici! Tutto procede al meglio (anche se non per tutti). Intanto, a due passi, centinaia di persone, tutti disperati e senza alcun diritto, provano ogni giorno a fuggire dai teatri di guerra, dall’odio e dalla vendette; molti di loro crepano nel modo peggiore….! Circa ventimila hanno trovato pace in fondo al mare! La loro tomba, per sempre.Ma gli europei non vedono, non sentono, non parlano! Questi disperati non meritano nulla! Non interessano a nessuno. Crepassero in fondo al mare, siano essi ragazzi, donne, bambini! Crepassero tranquillamente.
 
 
 
Accoglienza immigrati: 400 milioni a rischio 
il sole 24ore, 03-07-14
Marco Ludovico 
ROMA = - L`ipotesi in esplorazione avanzata di usare le caserme dismesse della Difesa per la prima accoglienza dei migranti. Lo snellimento delle procedure di rilascio e durata dei permessi di soggiorno per i rifugiati, che alleggerirebbe il lavoro delle questure. Il tema del «foto-segnalamento» di chi arriva in Italia, sollevato non senza contraddizioni da diversi stati europei, uno dei nodi da risolvere al dipartimento di Ps diretto da Alessandro Pansa. L`arrivo annunciato di un decreto legge, forse già al Consiglio dei ministri del io luglio, per defmire «a termine» la missione Mare Nostrum (si veda il Sole 24 Ore di ieri), un testo scritto a quattro mani dai tecnici dei dicasteri di Angelino Alfano (Interno) e Roberta Pinotti (Difesa). 
La scommessa del governo sull`emergenza immigrazione gioca su più tavoli, ma quello principale tiene con il fiato sospeso tutti gli altri o quasi: riguarda il nodo delle risorse necessarie a fronteggiare l`ondata degli sbarchi. Secondo Mauro Casinghini, direttore del Corpo italiano di soccorso dell`Ordine di Malta, dall`inizio dell`anno sono 72.683 gli immigrati arrivati nelle coste italiane, con un incremento del 700% di bambini. Ma per garantire a Regioni e Comuni il varo definitivo del piano straordinario di accoglienza messo a punto con l`Interno - il confronto va avanti da settimane - in ballo ci sono 260 milioni che dovrebbero spuntare dall`assestamento di bilancio dello Stato. È ossigeno finanziario per il progetto definito al Viminale con un documento che ripartisce in tutta Italia i migranti e indica nel prefetto del capoluogo di regione il coordinatore dello Stato con il governo regionale per distribuire trai Comuni gli immigrati. Altro capitolo molto delicato da risolvere, l`assistenza ai minori «non accompagnati», giunti in Italia senza genitori o altri parenti: sono circa 7mila, tra Viminale e ministero del Welfare c`è un confronto in atto per risolvere in via definitiva competenze e risorse. Anche perché per i minori lo Stato calcola 8o curo al giorno di costi di assistenza. Altri 122 milioni dovrebbero giungere da risparmi dello stesso ministero dell`Interno. In tutto, insomma, ci sono da recuperare oltre 40o milioni che attendono, però, il via libera del ministero dell`Economia. Il disco verde dei tecnici del Tesoro, in particolare per i 26o milioni, consentirà il decollo del nuovo modello 
di accoglienza. Destinato a tutti coloro che avranno riconosciuto il diritto all`asilo politico o la protezione internazionale «mentre ancora oggi - sottolinea Giorgio Pighi, delegato Anci per l`immigrazione - spesso nell`opinione comune e non solo si confondono e si mettono sullo stesso piano clandestini e migranti a cui invece lo Stato ha riconosciuto un diritto regolato anche da norme internazionali». 
La fondazione Leone Moressa fa poi notare come «sono oltre 18mila le richieste d`asilo nei primi mesi del 2014. Visto che al 31 dicembre 2013 erano presenti nel nostro Paese 28mila richiedenti asilo, si può ipotizzare che in breve le presenze complessive supereranno le 4omila unità registrate nel 2011, anno dell`emergenza Nordafrica». 
Ieri si è aggravato il bilancio dei naufragi dei giorni scorsi. A Pozzallo salgono a 45 i morti del peschereccio dove c`erano stipate 611 persone. È poi affondato un gommone con 101 migranti: un mercantile ne salva 27, altri 74 sono dispersi. Per l`Unhcr sono circa 500 i migranti e rifugiati morti nel Mediterraneo dall`inizio del 2014. 
 
 
 
Migranti. Si salvano? Merito del governo. Se annegano è colpa dell'Europa
Per un ministro, come Graziano Delrio, che si dice "orgoglioso dell'operazione Mare Nostrum" c'è un Renzi che, come un Grillo qualunque, accusa: "Ha ragione Alfano, l'Europa ci lascia soli, salva le banche e lascia morire le madri e i bambini"
il Giornale, 03-07-14
Giuseppe Marino 
La più grossa l'ha sparata ieri il ministro Alfano, proprio mentre a Pozzallo si tiravano fuori i cadaveri dalla nave della morte: «Nel nostro Paese si registra un calo complessivo dei reati, in particolare da quando è iniziata l'operazione Mare Nostrum».
Una frase infelice, che sarebbe stato meglio evitare di pronunciare in Senato, nel corso di un'audizione in Commissione: come si fa a vantare virtù salvifiche del disperato lavoro della Marina per gestire l'ondata migratoria, quando ogni giorno si piangono decine di morti nel Canale di Sicilia? Oltretutto la ratio di un simile legame tra crimini in calo e Mare Nostrum appare piuttosto oscura, proprio come la spiegazione che tenta di darne il ministro: «È probabile che non ci sia alcun nesso, ma nessuno ha la prova contraria che un nesso ci sia». Una linea (il)logica con cui si può dimostrare tutto e il contrario di tutto. Ed è la linea ufficiale del governo.
Ci prova pure Renzi: «Chissà quanti morti ci sarebbero stati senza Mare Nostrum». Un chissà che ha un solo obiettivo: respingere l'accusa che insegue Palazzo Chigi e il Viminale: quella missione navale spinge gli immigrati a partire, sicuri di essere raccolti. Il Giornale lo aveva previsto ancor prima che iniziasse, lo avevano confermato fonti militari ascoltate in Libia dal nostro quotidiano. E ora concorda perfino la Procura di Palermo: «L'operazione Mare Nostrum, che io condivido fortemente dal punto di vista umanitario, - ha detto il Procuratore aggiunto Maurizio Scalia - ha favorito gli sbarchi. Adesso partono con piccole navi perché sanno che qualcuno li salverà in mare». La tragedia che si sta consumando nel Mediterraneo forse va oltre le nostre forze. Sarebbe almeno più saggio rimboccarsi le maniche e tacere. Ma questo governo invece sente il bisogno di ribadire ogni giorno i meriti dell'operazione navale che si sono intestati e scaricare su altri le colpe.
Acrobazie verbali che ormai si intrecciano le une con le altre, perché gli sbarchi e i naufragi si susseguono con un ritmo sempre più vorticoso. Il risultato è una linea di difesa paradossale: quando gli immigrati vengono salvati è merito del governo, quando affogano è colpa dell'Europa. Fateci caso, è una litania che si ripete uguale ogni volta. Per un ministro, come Graziano Delrio, che si dice «orgoglioso dell'operazione Mare Nostrum» c'è un Renzi che, come un Grillo qualunque, accusa: «Ha ragione Alfano, l'Europa ci lascia soli, salva le banche e lascia morire le madri e i bambini». Questo gioco di parole forse potrà salvare qualche coscienza sporca. Ma di certo non aiuta chi muore in mare.
 
 
 
AFFARE NOSTRUM 
In Sicilia, dove continuano gli sbarchi dei disperati in fuga dall`Africa, moltissimi alberghi hanno scelto di trasformarsi in «centri di accoglienza straordinaria». Così incassano 30 euro al giorno per ogni migrante: un business ipergarantito. 
Panorama, 03-07-14
Antonio Rossítto - foto di Giuseppe Gerbasi per «Panorama» 
La selva di foto ricordo con le celebrità è rimasta al solito posto: il corridoio a destra della reception. Erano anni gloriosi per l`Hotel Villa Mokarta di Salemi, nel Trapanese. Clientela nota ed eterogenea. Davanti all`obiettivo posavano l`ex pm Antonio Ingroia e, uno scatto più in là, Fabrizio Corona, oggi detenuto nel carcere milanese di Opera. E poi attori, intellettuali, politici. Come Vittorio Sgarbi, già sindaco di Salemi. Clic, clic, clic: tutti gli avambracci dei vip allacciati al collo di un omone stempiato e sornione, Salvatore Cascia, proprietario dell`albergo. 
Tempus fugit: in gennaio Villa Mokarta si è trasformata in un affollato centro di accoglienza straordinaria per immigrati. Nelle sue 40 ricercate camere una volta dormivano i potenti di passaggio a Salemi, capitale d`Italia per un giorno su proclamazione di Giuseppe Garibaldi, appena sbarcato nell`isola. Oggi nella hall lastricata di marmo ciabattano annoiati 149 richiedenti asilo. Sono arrivati da Gambia e Senegal a bordo di malferme carrette, ingranaggi di un`ormai insostenibile tratta degli schiavi. «Mare nostrum», l`operazione militare e umanitaria varata a ottobre dal governo, ha solo accentuato le complicanze. 
Gli ultimi dati sono abbacinanti: prima dell`ultimo barcone con a bordo 600 disperati e 30 morti, sono oltre 53 mila i disperati approdati in Sicilia da gennaio (su un totale dí 61.585 sbarcati sulle coste italiane nello stesso periodo, vedere il grafico sotto). 
E almeno la metà hanno trovato riparo nell`isola: dentro sterminati centri d`accoglienza come il Cara di Mineo, nel Catanese, che ospita 4 mila persone. In istituti religiosi e opere pie. E in alberghi, che hanno scelto di rivedere l`oggetto del proprio business: dai turisti ai richiedenti asilo. 
Sono più di 1.500 i migranti accolti negli hotel siciliani. Agli albergatori è bastato dare disponibilità alle prefetture, sfiancate dalle continue richieste di posti da parte del ministero degli Interni. Gli adempimenti richiesti non sono insormontabili: costituire una cooperativa o un`associazione per variare l`oggetto sociale, approntare uno staff di mediatori culturali e psicologi, garantire vitto, alloggio e raccordo con le istituzioni. Firmata la convenzione con la prefettura, si ricevono 30 euro più Iva al giorno per ogni persona accolta. Cosi un hotel che mette a disposizione 100 posti riceve quasi 1,1 milioni all`anno dallo Stato. A fronte di servizi essenziali e rabberciato mantenimento della struttura. Nessuno degli interpellati, ovviamente, è disposto a tirar fuori la calcolatrice. «Non è solo una questione di lucro, ma anche di cuore» garantisce Lascia, seduto nel suo ufficio a Villa Mokarta. 
Sgarbi, ex sindaco dí Salemi, parla di nuove forme clientelari: gli sbarchi garantiscono soldi pubblici e nuovi posti di lavoro in zone al collasso economico. Cascia non è d`accordo. «Certamente però gli immigrati stanno muovendo l`economia di tutta la provincia...» concede. A Trapani e dintorni sono accolti pìù di 2 mila richiedenti asilo: 500 vivono in albergo. Dovrebbero rimanere qualche mese al massimo, in attesa che le commissioni interprovinciali valutino il loro status di rifugiati. La realtà è ben diversa. Proprio il prefetto di Trapani, Leopoldo Falco, lamenta attese di un anno. «Perché» domanda «lo Stato non potenzia le commissioni per garantire tempi ragionevoli?». 
Già, perché? Ogni giorno in più di permanenza in Italia costa complessivamente 1,6 milioni: cifra solo in parte coperta dai fondi europei destinati all`emergenza. Per piccoli paesi con un`economia balbettante come Salemi però è una manna: ogni immigrato riceve 2,5 euro al giorno di «pocket money». Spesi in telefonia, bar, alimentari e tabacchi. Senza considerare che i più abbienti ricevono periodiche rimesse daì familiari. 
«L`accoglienza è diventata un settore economico» ammette Cascia. L`imprenditore di Salemi ha maturato la scorsa estate questa riconversione: «Ci siamo resi conto che le prenotazioni per la stagione erano scarsissime. E abbiamo dato la disponibilità alla prefettura». Ogni tanto, sull`uscio del suo ufficio si affaccia un migrante: «Salvatore...». «One moment, please» risponde lui gentilmente, con il suo malfermo inglese. Riprende il filo: «Ho assunto 8 persone, ma pensavo fosse più difficile gestirli. Non rimpiango il passato, anzi vorrei continuare a occuparmi di loro». 
A Villa Mokarta è pomeriggio inoltrato. La piscina, sul retro, si affaccia su una vallata di ulivi. Attorno alla vasca vuota ci sono gruppi di nordafricani. Lamin dice di essere un leader politico, in Gambia. Discute animatamente con un gruppo di connazionali. 
Si volta, con tono intimidatorio: «Io non voglio perdere tempo qui, giocando a calcio. Voglio andare a parlare con quelli della commissione». Altri sembrano prenderla con più filosofia. C`è chi palleggia a bordo piscina. Chi stende la biancheria. Chi gioca a dama. Metà degli ospiti sono però stipati nell`ex ristorante dell`hotel, ipnotizzati dai Mondiali di calcio in tv. 
Oltre a Villa Mokarta, a Salemi ci sono 5 enti che hanno siglato convenzioni con la prefettura. Tra questi c`è il gruppo folkloristico Sicilia Bedda: organizza spettacoli con «friscaletti, bummuli, maranzanu, tamburello e mandolino» promette il sito web. L`associazione dà vitto e alloggio a 39 migranti in un edificio color mattone, in periferia. «C`è il responsabile?». La ragazza con i capelli corti scuote la testa: «Oggi no: è alla cresima della nipote». E chi lo sostituisce? «Suo cognato, ma è alla cresima pure lui». Non ne sa molto di più: «Io faccio le pulizie». Ma è da sola? «C`è la cuoca. Vuole che la chiami?». Qualche stanza più in là si sente la voce del telecronista: sono tutti alla tv, guardano i Mondiali pure loro. 
Sul business non hanno messo gli occhi solo piccoli imprenditori locali. Una struttura è stata allestita anche all`interno dell`Hotel Poma a Custonaci, sempre nel Trapanese, a pochi chilometri dalle più belle spiagge siciliane. L`albergo, terminato nel 2009, dispone di 22 camere: «Suddivise in classic, junior e senior suite» dettaglia il sito. «Grazie alla moderna concezione strutturale, è in grado di offrire un servizio di ospitalità di alto livello». Cinque anni dopo la sua inaugurazione, l`hotel è stato già trasformato in un centro d`accoglienza: 97 posti. L`operazione è stata voluta dalla Gepsa, società transalpina che già gestisce 15 carceri in Francia. L`azienda appartiene alla multinazionale Gas de France, il colosso energetico statale che in Italia già controlla, con la Sorgenia della famiglia dell`ingegner Carlo De Benedetti, la centrale a carbone di Vado Ligure, sotto sequestro dall`11 marzo per aver superato í limiti delle emissioni inquinanti. 
Morale: lo stato francese, seppure indirettamente, fa affari con gli immigrati sbarcati sulle coste siciliane. 
L`Hotel Poma è un palazzotto a 2 piani. Nei balconcini sopra l`ingresso alcuni ragazzi a torso nudo stendono la biancheria. Nella reception ciondola una decina di richiedenti asilo. Viene avanti una quarantenne dai capelli corvini: «Non possiamo dare nessuna informazione». Arriva il responsabile, sulla trentina, con i pantaloni a pinocchietto e la maglietta colorata: «Dovete fare una richiesta in prefettura. Se vi autorizzano ne fate un`altra alla società che gestisce il centro». Insomma, non vogliono giornalisti tra i piedi. Quale società? Silenzio. Dopo insistenze, concede: «La Gas de France». E perché una multinazionale investe in un alberghetto di Custonaci? «Chiedetelo a loro, arrivederci». 
Nelle liste delle prefetture ci sono anche hotel di rinomate località turistiche. Come Selinunte, nei dintorni dell`acropoli affacciata sul Mediterraneo. La Locanda, immersa nella campagna, fu inaugurata nel novembre 2007 alla presenza dell`attuale ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, allora presidente di Legacoop. Oggi ospita 115 migranti. Alcuni parlottano al cellulare. Nella hall sbuca un signore con gli occhiali e il camice bianco: «I responsabili tornano tra un`ora, adesso sono solo». Non può darci qualche informazione? «È il mio secondo giorno di lavoro...». 
Pochi chilometri più a valle, a Triscina di Selinunte (Trapani) , sulla spiaggia c`è l`Hotel Aureus: altri 75 posti in convenzione. 
Un palazzone vaniglia, con le finestre azzurre, che ha visto tempi migliori. Filippo Ferreri, 54 anni, lo gestisce da 7 anni: «Devo ristrutturare: è evidente» dice indicando l`intonaco scrostato. «Aspetto i fondi europei della legge 488. Intanto ho accettato gli 
immigrati». Si passa una mano tra i capelli brizzolati. Ha una camicia blu a scacchi e i sandali ai piedi. «Per noi è stata una 
buona opportunità» dice. «Ma l`anno prossimo, dopo i lavori, voglio riaprire l`albergo». 
C`è anche chi è convinto che i due business possano coesistere senza problemi: turisti da una parte, immigrati dall`altra. Come ha fatto il Park Hotel Paradiso di Piazza Armerina. Da Selinunte, per arrivare nella città celebre nel mondo per la Villa Romana del Casale, bisogna imboccare l`atroce statale 115 e poi, superata Agrigento, puntare verso l`entroterra. L`albergo, in una vallata alle porte del paese, è tra i pochi 4 stelle della zona: 94 stanze, piscina coperta e scoperta, spa, sala congressi da 200 persone, suite da 250 euro a notte. 
Da febbraio un`ala del maestoso hotel, Villa Daniele, alloggia 141 migranti nordafricani e pakistani. Ingresso separato, mensa appartata. «Ci siamo resi conto che la struttura era troppo grande» racconta Silvia Pranio, 26 anni, presidente della società Antica stazione, nata per occuparsi dei richiedenti asilo, e figlia del proprietario del Park Hotel. «In parte» spiega Pranio «poteva essere convertita senza ripercussioni sull`attività turistica». L`afflusso di immigrati ha dato lavoro a una ventina di persone. «Adesso vorremmo trasformarlo in un centro di prima accoglienza» rivela l`imprenditrice. E i lavori fervono: poco distante, una ruspa spiana una collinetta che diventerà la nuova mensa. 
Nell`hotel si scorgono tracce dei recenti fasti. Le camere hanno il parquet, le vasche idromassaggio, armadi di noce, televisione. 
Gli ospiti giocano a biliardino, guardano la tv, vanno in giro per Piazza Armerina. «Molti sono infastiditi dalla loro presenza» dice Pranio. «C`è chi ha chiesto 7 euro per un caffè: non li voleva più nel suo locale». E poi giocano a calcio nel campetto di fronte all`entrata. Li hanno iscritti a un torneo cittadino. Omar, senegalese, mostra soddisfatto la sua maglia biancazzurra. È il bomber del Villa Daniele, nell`ultima partita ha segnato 5 gol. Ha 19 anni e lo stesso taglio alla mohicana di Mario Balotelli. Vorrebbe diventare un giocatore professionista: «Non mi aspettavo questo» sorride. «La Sicilia è un posto magnifico». 
 
 
 
LA DECISIONE DI UN SINDACO LEGHISTA SCATENA LE POLEMICHE 
Nel Bergamasco case più care agli immigrati 
il Giornale, 03-07-14
Namur
Da 150 a 500 euro: è questo l`aumento delle tariffe deciso dal comune di Bolgare, nella Bergamasca, per il rilascio delle idoneità abitative, ossia i documenti che, previo controllo degli uffici comunali sulle condizioni del luogo di residenza, vanno allegati alla richiesta di permesso di soggiorno dei cittadini, ma il prezzo extra è solo per gli extracomunitari. Una decisione che il sindaco della Lega, Luca Serughetti, rieletto a maggio, ha giustificato dicendo: «Sono necessari più controlli per garantire sicurezza e legalità, le spese del Comune aumenteranno e quindi abbiamo bisogno di più fondi». Una spiegazione che però non è bastata alla Cgil, che ha deciso di 
rifiutare l` accordo per non creare un precedente ed evitare «il rischio epidemia». Ed infatti il segretario provinciale del Carroccio 
Daniele Belotti intanto ha già dichiarato: «Appena avremo chiarezza sulla sentenza del tribunale al quale hanno fatto ricorso tre extracomunitari, questa ordinanza sarà presentata in tutti i comuni guidati dalla Lega», che nella sola Bergamasca sono 42.
 
 
 
Il prefetto di Roma: "Mercati etnici rionali per dare lavoro agli immigrati"
Pecoraro: “Continuiamo ad accogliere persone, ma per farle sopravvivere creiamo spazi dove possano vendere le merci che riguardano le loro etnie”
stranieriinitalia.it, 03-07-14
Roma - 3 luglio 2014 – Creare mercatini etnici in ogni quartiere, per dare lavoro agli immigrati e combattere l’abusivismo.È la proposta lanciata ieri dal  prefetto della Capitale Giuseppe Pecoraro, intervenuto al congresso della Uil Roma e Lazio.
"L'immigrazione - ha spiegato Pecoraro- è problema di non facile soluzione per una questione di risorse. Si parla giustamente di lotta all'abusivismo, ma gli strumenti che ci sono non sono sufficienti e qualcosa va fatto. Sull'abusivismo ormai con i vigili urbani stiamo facendo numerosi interventi".
"Dal 1 gennaio - ha ricordato il prefetto - - abbiamo sequestrato 15 milioni di pezzi, tanto che abbiamo chiesto al sindaco un deposito, che il sindaco a sua volta ha chiesto al ministero della Difesa, e siamo in attesa. Noi lottiamo e interveniamo in centro storico, li allontaniamo, qualcuno lo arrestiamo se commette reati. Ma quanti possono prendere il loro posto?”
Intanto continuano ad arrivare nella capitale i profughi soccorsi nel Mediterraneo. “Ieri abbiamo accolto 200 persone. Altre 200 la scorsa settimana. Prevediamo nei prossimi giorni un migliaio di persone. Ovviamente quelli che arrivano vengono distribuiti sul territorio del Lazio, ma Roma è la città che maggiormente accoglie immigrati, dove però possono occupare, trovare alloggio dove non vengono scoperti come clandestini”.
“E' un problema su cui stiamo facendo il massimo per dare accoglienza - ha sottolineato il prefetto - ma dare accoglienza non è dare lavoro. Per cui avanzo una proposta, chiedo se è possibile organizzare mercatini rionali per gli immigrati con permesso di soggiorno regolare per dare loro possibilità di sopravvivere, dove possano vendere merci che riguardano le loro etnie".
 
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