Morire per un velo
Iman Sabbah
Sono passati ormai tre mesi da quel 1 luglio, quando veniva uccisa, da un giovane tedesco, dichiaratamente xenofobo, all’interno di un aula del  tribunale di Dresda, in Germania, Marwa El Sherbini, una donna di 32anni, al terzo mese di gravidanza e mamma di un bambino di tre anni.
Tutto è cominciato a novembre 2008 quando in un parco di Dresda, città della Germania dell’est, Marwa chiese ad Alex W. di liberare l’altalena per far salire il suo bambino. L’uomo iniziò ad insultarla con offese volgari e per il semplice fatto che la donna indossasse l’hijab, il giovane la definì anche terrorista. Incredula la donna decise di denunciare l’uomo per diffamazione, portandolo in tribunale. Processo, conclusosi tragicamente  il primo luglio scorso quando, dopo essere stato dichiarato colpevole e multato con una sanzione di 750 euro, Alex W. ha impugnato un coltello e con 18 pugnalate sul petto ha posto fine alla vita di Marwa.
Il tutto davanti al figlio e al marito e  davanti a decine di persone, tra cui il giudice e gli avvocati presenti in aula. Questo ha fatto si che Marwa diventasse la martire del Hijab.
Vittima di una islamofobia sempre più diffusa: lo stesso giudice, infatti, ha affermato che l’assassino ha reagito “per il profondo odio che nutre verso i musulmani”.
E mentre di questa tragedia abbiamo letto e sentito poco in Europa e in Italia il Medio Oriente e l’intero mondo musulmano ne discute da settimane. Bloggers, quotidiani online, arabi e musulmani ma anche i programmi di chat come face book e Twitter si sono scatenati. La storia di Marwa è diventata infatti il pretesto per cercare di affrontare il nesso occidente-islamofobia. Dibattito animato da severe accuse all’Europa e agli occidentali, responsabili, secondo gli utenti del web, di poca conoscenza dell’altro e di un diffuso pregiudizio. I giovani musulmani accusano il vecchio continente di ipocresia, un mondo che predica falsamente la libertà religiosa. Ma il dato più triste e’ quello che si continua a leggere in molti siti online egiziani ed e’ quello che richiamo uno “scontro di civiltà”.
Si fa presto - scrive Ali, un giovane di Alessandria, la citta’ natale di Marwa – ad accusare l’Islam di volere la guerra contro l’occidente e di attribuire all’Islam un identita’ di per sé violenta, una religione che sceglie la spada e non la parola, mentre l’Europa – continua Ali – si serve di armi ben piu’ sottili, quelli dell’odio e della discriminazione. E poi c’e’ chi, come il sito Islamonline, che parla di nuovo nazismo europeo. Insomma, la tragedia di Marwa, seguita da un ampio dibattito nel mondo arabo e musulmano e da un vergognoso silenzio in Europa suggerire una riflessione – quanto dobbiamo ancora aspettare e quante tragedie dobbiamo ancora vivere prima che l’Europa lavori per un vero programma di integrazione – magari a doppio senso, quello dell’immigrato verso l’Europa e, insieme, quello dell’europeo verso il suo nuovo concittadino.
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