Da rivoluzionario in Tunisia a clandestino dimenticato in un Cie

Osservatorio Italia-razzismo 26.11.2011
Piove dentro, siamo tutti bagnati, senza scarpe e infreddoliti». Sono le parole di uno degli «ospiti» del Centro di identificazione ed espulsione (Cie) di Ponte Galeria; parole che a stento escono da quelle mura.

Qualche giorno fa, a quelle stesse parole sono seguite azioni di rivolta che, nonostante la determinazione con cui venivano compiute, non hanno prodotto l’effetto sperato: ovvero migliori condizioni di soggiorno all’interno della struttura. Uno dei 110 uomini reclusi nel Cie è un giovane di 27 anni che negli ultimi mesi in Italia ha lavorato presso i comitati elettorali, creati per sostenere la formazione dell’Assemblea Costituente del suo paese, la Tunisia. Il percorso che lo ha portato alla reclusione è ha a che vedere con l’assenza di un valido permesso di soggiorno. Nonostante la sua militanza per la ricostruzione della Tunisia non ha ricevuto alcun supporto dai cinque consolati del suo paese in Italia. E così, in un albergo romano, all’alba di un giorno di qualche settimana fa, viene prelevato da due poliziotti e portato prima in una Questura di zona e poi in quella centrale. Da qui, il passaggio a Ponte Galeria si è svolto in un attimo. Un lasso di tempo talmente breve da non permettere allo spaventato giovane di avvertire il proprio avvocato. «Non c’è tempo» gli è stato detto, perché quella telefonata poteva farsi solo all’arrivo in quel luogo dove di tempo ce n’è fin troppo. Lo stesso meccanismo frettoloso l’ha condotto davanti al giudice di Pace per la convalida del trattenimento ancora senza il suo avvocato. E infine ieri, gli è stato chiesto di prepararsi, stava per essere trasferito. Dove? Non c’era tempo di spiegare. La sua conoscenza delle leggi italiane, però, gli ha permesso di imporsi su quella decisione e ora è ancora lì, ad aspettare. Aspettare

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