Morire nel Mediterraneo

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

14 luglio 2010

La Francia dice no al Burqa
La Camera approva la legge che vieta il velo integrale in pubblico
il Sole, 14-07-2010
Le musulmane che vivono in Francia non potranno più usare il velo islamico integrale in pubblico, pena una multa di 150 euro e l'obbigo di frequentare corsi di educazione civica. Padri, mariti e fratelli che obbligano una donna a indossare burqa  e niqab rischiano un anno di carcere e una multa di 30mila euro. Pene raddoppiate se chi è costretta è minorenne.
All'assemblea nazionale i deputati dell'Ump, partito di maggioranza, e i centristi di Nouve-au Centro, hanno approvato con 355 sì e un no il progetto di legge che vieta di indossare anche per strada e nelle piazze «indumenti che coprono il volto». L'opposizione (socialisti, verdi e comunisti), pur contraria all'uso del velo integrale, non ha partecipato al voto.
Dopo il Belgio, la Francia è il secondo paese europeo che sceglie la strada del divieto ma non solo per una questione di pubblica sicurezza. «Le pratiche radicali che oltraggiano la dignità e l'eguaglianza tra persone, tra cui il velo integrale - si legge nella raccomandazione non vincolante votata a maggio - sono contrarie ai valori della Repubblica».
Il testo approvato ieri voluto dal presidente Nicolas Sarkozy dovrà ora essere votato in Senato, dove il via libera è scontato. Si calcola che il velo fuori legge dovrebbe riguardare solo 2mila donne su cinque milioni di musulmani, molti
dei quali provenienti dalle ex colonie. Ma il valore simbolico della decisione è grande e va al di là del divieto già in vigo-
re di indossare fazzoletti e simili nelle scuole e negli uffici pubblici.
Nonostante il Consiglio di Stato abbia dato parere negativo ponendo il problema dell'incompatibilità del divieto con la costituzione e la convenzione europea dei diritti umani, il ministro della Giustizia Michele Alliot-Marie ha detto che il voto è un successo per i valori repubblicani della Francia: libertà, eguaglianza, fraternità e laicità. 1 socialisti hanno invece evocato il «rischio giuridico» di un bando totale, osservando che una censura del consiglio costituzionale rappresenterebbe «un regalo» per gli integralisti.
La decisione dei deputati francesi va nella direzione opposta alla linea tracciata dal Consiglio d'Europa che considera il velo un diritto base delle donne che lo vogliono indossare. E innervosisce tutta la comunità musulmana non solo gli integralisti. Mentre il consiglio francese del culto musulmano (Cfcm) dice che il progetto «rischia di stigmatizzare l'Islam». Rachid Nekkaz, businessnman che nel 2007 si è presentato alle elezioni presidenziali, ha dichiarato che metterà a disposizioni un lione di euro per aiutare le donne che si vogliono coprire a pagare le multe previste dalla nuova legge. Critiche sono state espresse anche da Amnesty International.
A livello locale decisioni simili sono stati prese solo in alcune città spagnole fra cui Barcellona e in alcuni comuni italiani del nord.



Divieto di burqa in Francia "Qui da noi non è il benvenuto"

Primo voto all 'Assemblea nazionale. Multe a chi si rifiuta
la Repubblica, 14-07-2010
Giampiero Martinotti
PARIGI — «Il burqa non è il benvenuto sul territorio della Repubblica», aveva detto Nicolas Sarkozy. E ieri l'Assemblea nazionale ha tradotto la volontà presidenziale in un testo che vieta il velo integrale in qualsiasi luogo pubblico. La legge sarà votata in settembre dal Senato e poi dovrà passare al vaglio del Consiglio costituzionale, unico vero ostacolo sulla strada della sua promulgazione. Il provvedimento è passato con 335 voti a favore e uno contro. Venti deputati di sinistra hanno deciso di unire il loro suffragio a quelli del centro-destra, mentre il resto dell'opposizione ha preferito di-
sertare il voto: i dirigenti della gauche avrebbero voluto un divieto limitato ai servizi pubblici e ai trasporti, ma il 70 per cento dell'elettorato, dicono i sondaggi, approva la messa al bando totale del burqa. Da qui la decisione tartufesca di non andare in aula, che maschera i dissensi e i tentennamenti degli ultimi mesi.
In maggio il parlamento aveva votato una risoluzione con cui il velo integrale veniva stigmatizzato come «contrario ai valori della Repubblica». Aprendo il dibattito, il ministro della Giustizia, Michèle Alliot-Marie, ha definito il burqa «contrario all'ordine pubblico sociale», anche quando la donna lo indossa di sua volontà. La legge vieta di portarlo in strada: dopo una moratoria per i primi sei mesi di applicazione, la pena sarà una multa di 150 euro assortita con un corso di educazione civica.
Condanne pesanti, invece, per chi obbliga una donna a portare burqa o niqab: un anno di carcere e 30 mila euro di multa, pena raddoppiata quando la donna è minorenne. Se la legge riuscirà a superare tutti gli ostacoli giuridici, la Francia sarà il secondo paese, dopo il Belgio, a scegliere la strada radicale del divieto, nonostante il fenomeno sia marginale: su una comunità musulmana di 5-6 milioni di persone, le donne con il burqa sarebbero solo duemila.
Il vero ostacolo per l'entrata in vigore della legge è la sua costituzionalità. La stessa maggioranza di destra, per evitare il ricorso di un cittadino, ha deciso di sottoporre il provvedimento all'esame del Consiglio costituzionale prima della firma di Sarkozy. C'è infatti il dubbio che la legge contrasti con la libertà accordata ad ogni cittadino di esprimere liberamente le proprie convinzioni. Il Consiglio di Stato, per esempio, aveva sconsigliato al governo un divieto totale, ritenendolo «senza fondamento giuridico incontestabile». Gli undici membri della Consulta transalpina (fra cui gli expresidenti Jacques Chirac e Valéry Giscard d'Estaing) avranno un compito particolarmente delicato, soprattutto se si tiene conto che la legge potrebbe valere una condanna della Francia davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo. Questa, almeno, è l'ipotesi di alcuni giuristi, fatta propria anche da Amnesty International, contraria al provvedimento.



In cella i mariti-padroni
Sarko libera le islamiche Burqa vietato in Francia

Libero, 14-07-2010
Andrea Morigi

È iniziato il conto alla rovescia definitivo per il burqa. C'è tempo fino a settembre, poi potrebbe essere proibito indossarlo e, soprattutto, imporlo alle donne su tutto il territorio di Francia.
Non hanno dovuto (...) (...) spacciare una questione di diritti delle donne per una finta emergenza sicurezza. Superando ogni ipocrisia, il testo presentato dal ministro della Giustizia Michèle Alliot-Marie, prevede il divieto di indossare il velo integrale in tutti i luoghi pubblici. Il dispositivo legislativo è studiato con accortezza: saranno i mariti o i conviventi che obbligano le loro compagne a coprirsi completamente il volto con il niqab, il burqa od ogni altro indumento, a incorrere nell'arresto fino a un massimo di un anno e condannati a pagare 30.000 euro di multa. La sanzione pecuniaria raddoppia a 60.000 euro se le vittime dell'imposizione sono minorenni. Molto più lievi le pene previste per le donne che portino il velo integrale in pubblico: una multa di 150 euro e/o l'obbligo di seguire un corso di educazione civica. In fondo, le vittime sono le mogli, le figlie e le sorelle dei fondamentalisti.
Il primo passo per tutelarne la dignità lo ha compiuto ieri l'Assemblea nazionale francese, approvando in prima lettura il progetto di legge che mette al bando il velo integrale islamico. Dopo l'estate, toccherà al Senato, che ha calendarizzato il provvedimento per settembre, esprimere il parere definitivo. E vi sono altissime probabilità che la normativa passerà senza modifiche rispetto al testo, fortemente voluto dal presidente Nicolas Sarkozy, ma via via condiviso senza riserve da un numero sempre più alto di parlamentari dell'opposizione.
È la schiacciante maggioranza ottenuta alla votazione di ieri, 355 a favore a fronte di un solo contrario, a dimostrarlo. Molte le defezioni fra socialisti e comunisti, che avevano deciso di non partecipare al voto, come il gruppo dei Verdi, che in un primo tempo aveva annunciato l'intenzione di votare contro. Alla disciplina di partito si sono sotratti una ventina di esponenti socialisti, che hanno votato insieme alla maggioranza come il comunista André Gérin, presidente della commissione di inchiesta sul velo integrale.
Dopo il voto dell'Assemblea Nazionale, il ministro della Giustizia Alliot-Marie ha sottolineato la stessa unanimità di fondo, definendo l'approvazione una vittoria per la democrazia e per i valori francesi: «I valori della libertà contro tutte le oppressioni che cercano di umiliare gli individui; i valori dell'eguaglianza tra gli uomini e le donne, contro coloro che spingono per l'ineguaglianza e l'ingiustizia».
Del resto anche l'opinione pubblica, compresi gli oltre cinque milioni di musulmani prevalentemente moderati che vivono Oltralpe, ne aveva abbastanza di subire la trasformazione dei propri quartieri in pessime repliche dei dintorni di Kabul. Secondo un sondaggio realizzato la scorsa primavera da TNS Sofres/Logica, sebbene soltanto il 10% dei francesi dichiari di considerare "prioritaria" una regolamentazione del velo integrale, il 64% degli intervistati è convinto che si debba vietare il burqa per legge. Schiacciante maggioranza, dunque, equamente divisa tra il 33% che ritiene opportuno estendere la proibizione «in tutta la Francia» incluse strade e piazze, mentre il 31% si dice favorevole a un'applicazione «solo in determinati luoghi pubblici». Quel sacco che imprigiona le donne non piace a nessuno, insomma, nemmeno al 22% di francesi che si dice favorevole solo a una «sensibilizzazione della popolazione».
Nel gioco delle parti, si registra la debole protesta di Mohammed Moussaoui, presidente del Consiglio francese del culto musulmano. Poiché deve pur mantenere un minimo grado di credibilità anche presso le frange più segregazioniste del mondo islamico, si è detto favorevole all'adozione di misure volte a scoraggiare l'uso del velo integrale, ma a suo avviso un divieto per legge potrebbe rappresentare una stigmatizzazione eccessiva per un gruppo vulnerabile. Anche Amnesty International ha criticato la nuova legge. Per ora, a Parigi si è scelto di salvare le più vulnerabili, le donne, dalla barbarie.



Francia, primo no al burqa in pubblico

Corriere della Sera, 14-07-2010
L'Assemblea nazionale dice sì, in prima lettura, al progetto di legge che proibisce il burqa nei luoghi pubblici
PARIGI - L'Assemblea nazionale, il parlamento francese, ha approvato a maggioranza in prima lettura un progetto di legge che punta a vietare l'utilizzo del velo islamico integrale nei luoghi pubblici. Una norma su cui da tempo si era aperto un dibattito nel Paese con prese di posizione contrarie arrivate sia da giuristi sia dalle comunità musulmane che rivendicavano invece il diritto alla libera espressione religiosa insito, a loro dire, nell'utilizzo dell'indumento.
GLI SCHIERAMENTI - Nel corso del voto all'Assemblea nazionale, il partito della maggioranza di destra (Ump) e i centristi del Nouveau centre si sono espressi a favore della messa al bando del velo islamico. Mentre oltre ai socialisti (Ps) e ai comunisti (Pcf), non ha partecipato al voto nemmeno il gruppo dei Verdi, che in un primo tempo aveva annunciato di voler votare contro. L'unico esponente del partito comunista ad aver partecipato alle votazioni è stato Andre Gerin, presidente della commissione di inchiesta sul velo integrale, che si è espresso a favore della norma. Il Senato francese esaminerà il progetto di legge sulla messa al bando del burqa e del niqab dopo la pausa estiva, il prossimo settembre.
LE SANZIONI - Il testo votato oggi, presentato dal ministro della Giustizia Michele Alliot-Marie, prevede il divieto di indossare il velo integrale in tutti i luoghi pubblici. Mariti o conviventi che obbligano le loro compagne a indossare il velo saranno suscettibili di arresto fino a un massimo di un anno e potrebbero essere condannati a pagare un’ammenda di 15.000 euro.



PARIGI VOTA LA LEGGE ANTI-BURQA BEN SAPENDO CHE È INAPPLICABILE

Corriere della Sera, 14-07-2010
Marco Ventura
«Nessuno, nei luoghi pubblici,  può abbigliarsi in modo da nascondere il volto». E questa la norma approvata ieri dall'Assemblea nazionale francese. In settembre voterà il Senato e se anche il Consiglio costituzionale darà il via libera, in Francia sarà vietato il velo integrale islamico, vero obiettivo del Parlamento. La donna che lo indossa dovrà pagare un'ammenda ed essere rieducata alla «cittadinanza». L'uomo che lo impone con violenza o minacce finirà in prigione.
Il divieto del "burqa" ha varie ragioni. È anzitutto un limite alla differenza tollerabile; all'uso della diversità culturale o religiosa per separarsi dalla società. Ma è anche uno strumento per promuovere l'eguaglianza e la dignità della donna. Il consenso sociale sull'allarme è ampio. Più arduo è immaginare l'effetto del divieto. Come reagiranno gli interessati? E come si stabilirà se nel caso concreto quel tipo di velo «nasconde» davvero il volto? In proposito la legge anti-burqa cozza con un diritto francese ed europeo nemico di divieti generali come quello votato ieri: in marzo si mise di traverso il Consiglio di Stato francese; in giugno è toccato al Consiglio d'Europa. I politici francesi non hanno dubbi. L'opinione pubblica lo vuole. La politica lo può e lo deve. Accettiamo il «rischio giuridico», ha affermato in aula il ministro dell'interno Michèle Alliot-Marie: sui principi fondamentali della Repubblica «la mano non deve mai tremare».
La politica francese ha accettato il «rischio giuridico», il rischio di produrre norme incostituzionali e inapplicabili. Lo ha accettato l'anno scorso quando ha zittito gli esperti ascoltati in commissione. E soprattutto dopo le elezioni regionali di marzo, quando la presidenza Sarkozy ha puntato sulla legge  anti-burqa per drenare l'emorragia di voti verso il Fronte nazionale di Le Pen. È qui la vera debolezza del divieto. La legge rischia di non funzionare perché non interessa come funzionerà. Agli eletti preme conquistar voti con la religione. Gli elettori vogliono simboli forti, «mani che non tremano». L'Islam reale è un'altra cosa. Ma a chi importa?



Commento
L'Italia non ascolti gli estremisti e segua l'esempio di Parigi

Libero, 14-07-2010
Souad Sbai
Finalmente dopo il Belgio e la Spagna, oggi è il turno della Francia. Spero che lo stesso risultato possa essere ottenuto presto in Italia. Perché mentre nei Paesi arabi forti si levano le voci contro l'uso di uno strumento di sottomissione completamente estraneo alla professione della fede musulmana, in Europa il velo integrale avanza. Oltre all'ormai famoso pronunciamento dell'imam Tantawi dell'Università di Al Azhar del Cairo control'uso del burqa, contro cui hanno preso posizione diversi intellettuali arabi, dall'Egitto è arrivato nei giorni scorsi il divieto di accesso in alcuni locali turistici e ristoranti per chi indossa il velo integrale.
Vi è certo da attendere che il passaggio in prima lettura della legge francese venga ratificato dal Senato, ma non temo alcun risultato eclatante, anche perché la maggioranza è stata schiacciante: 335 voti favorevoli e un contrario, mentre la sinistra si è vigliaccamente astenuta, perdendo per l'ennesima volta l'occasione di votare per la libertà. Avallando un certo pensiero estremista. Respingendo le donne dentro le mura domestiche o dietro un burqa. Facendo il gioco di quanti vorrebbero che gli strumenti di tortura e di annullamento come il burqa e il niqab fossero leciti in un Paese occidentale che ha fatto della liberté, egalité, fraternité i capisaldi dello Stato. E per cosa? Per guadagnare consenso politico attraverso l'appoggio degli estremisti. Per avere la sicurezza di un certo gradimento. Per raggiungere un certo consenso "elettorale". La Francia invece ha dimostrato di essere un Paese che ben conosce le dinamiche legate a una certa immigrazione dai Paesi musulmani, in special modo dal Maghreb, con i rischi e i pericoli che essa porta. Ha deciso di correre ai ripari in tempo, mentre ancora è possibile porre freno all'arroganza degli estremisti e al loro farsi beffa dei diritti fondamentali dell'essere umano, come quello della parità tra uomo e donna.
L'Italia dovrebbe agire allo stesso modo: dovrebbe avere il coraggio di dire no a tutte le avances che fanno gli estremisti perché oggi la situazione è recuperabile. In un domani più prossimo di quanto sia lecito pensare, andremo incontro a un futuro buio e fosco, un futuro in cui il nostro diritto sarà piegato al volere di chi si dimostra sprezzante dei diritti umani e della sacralità della vita. Allora sarà difficile porre rimedio a una situazione, sotto diversi aspetti, compromessa.
Ieri combattevamo il hijab, oggi siamo ridotti a lottare contro il burqa e domani dovremo porre rimedio alla valanga di matrimoni forzati che è in costante aumento anche in Italia. E a molto di più. Svegliamoci da questo torpore! Altrimenti le porte dell'estremismo sono spalancate.



Medici per i Diritti Umani
Comunicato stampa

Si aggrava la situazione umanitaria dei profughi afgani all’Ostiense:
appello alle istituzioni e alla cittadinanza
Roma, 14 luglio 2010
Medici per i Diritti Umani (MEDU) esprime profonda preoccupazione per l’aggravarsi della situazione umanitaria di almeno 150 profughi di nazionalità afgana costretti a vivere in condizioni alloggiative e igienico-sanitarie disastrose presso la stazione Ostiense e lasciati senza alcuna assistenza che non sia quella offerta da alcune associazioni e da singoli cittadini. Questa realtà- che vede numerosi richiedenti asilo e rifugiati vivere nel centro di Roma in insediamenti privi di qualsiasi standard minimo di accoglienza previsto per i campi profughi in ogni parte del mondo – è ben nota alle istituzioni e si protrae da anni senza che siano state adottate soluzioni efficaci e sostenibili.
Nell’insediamento spontaneo dell’Ostiense i profughi sono obbligati a dormire per strada, in baracche o stipati in tende in numero anche doppio a quello massimo previsto, senza servizi igienici e senza disporre di alcun sistema di raccolta dei rifiuti. Da circa due mesi è stata inoltre interrotta la fornitura di acqua potabile che veniva assicurata dall’unica fontanella d’acqua presente nell’insediamento.
Nell’ultima settimana le condizioni di vivibilità nelle tende e nelle baracche  sono state rese ancora più proibitive dal grande caldo e dalla polvere sollevata dei macchinari del cantiere nelle cui vicinanze si trova l’insediamento. L’insieme di tali fattori, oltre a rappresentare un vulnus permanente ai diritti fondamentali della persona,  costituisce ovviamente un rischio concreto per la salute dei profughi tra cui, ricordiamo, si trovano molti minori.
La proprietà del cantiere ha inoltre comunicato ai profughi la necessità di ultimare i lavori stradali in tutta l’area  e quindi l’urgenza di smantellare l’insediamento nelle prossime settimane. Si profila dunque il rischio concreto che nei prossimi giorni si proceda, come già avvenuto più volte in passato, ad uno sgombero forzato senza soluzioni alternative che renderebbe le condizioni dei profughi ancora più precarie.
MEDU ricorda che, secondo quanto stabilito da diversi trattati internazionali sui diritti umani sottoscritti dall’Italia, alle persone sottoposte a sgombero forzato, e che si trovino in condizioni di indigenza, deve essere comunque sempre garantito il diritto ad un alloggio alternativo adeguato.
L’aggravarsi della situazione è stato puntualmente segnalato da MEDU all’Assessorato alla Politiche Sociali del Comune di Roma già da dieci giorni senza che però, ad oggi, siano giunte risposte.
In concomitanza con l’ulteriore aumento delle temperature, MEDU ha attivato dalla giornata di ieri una distribuzione straordinaria di acqua potabile nell’insediamento dei profughi che proseguirà per tutta la settimana e in attesa che venga per lo meno ripristinata l’erogazione idrica attraverso la fontanella.
MEDU rivolge un appello alle istituzioni affinché non si proceda all’ennesimo sgombero forzato senza soluzioni alternative e affinché si individuino, nel più breve tempo possibile, soluzioni di accoglienza dignitose e sostenibili.
MEDU rivolge un appello ai cittadini affinché manifestino concretamente solidarietà ai profughi afgani in un momento in cui viene negato loro anche l’accesso a un bene essenziale come l’acqua potabile.

Medici per i Diritti Umani, organizzazione umanitaria e di solidarietà internazionale, fornisce dal 2006 assistenza e orientamento socio-sanitario ai profughi afgani della stazione Ostiense nell’ambito del progetto Un Camper per i Diritti



www.olinews.info
OLI 269: INFORMAZIONE - L'adesione acritica ad uno stereotipo

Su Repubblica di lunedì 6 luglio compare un articolo (Lasagne, snack e mortadelle arriva il cibo doc per l'Islam) sulla conquista, da parte delle aziende produttrici, del mercato alimentare delle persone di religione islamica. Un mercato interessante – dice l’articolo – perché riguarda “più di un milione e mezzo di consumatori che vivono in Italia”.
Le aziende “che sposano i principi dei prodotti halal (cioè leciti)” e che si dotato del marchio “Halal – Italia”, sono sempre più numerose, e tentano di arrivare per questa via anche ai mercati asiatici.
Domanda a Repubblica: in base a quale criterio invece di una immagine di mercato, o di scaffali di un grande magazzino che espongono prodotti halal, la redazione ha deciso di corredare questo articolo con l’immagine di una donna completamente velata?
Sembrerebbe un'adesione acritica, comoda e irresponsabile ad uno stereotipo senza fondamento. Infatti il Corano non prescrive questo tipo di abbigliamento che ha origine in tradizioni culturali patriarcali, che persistono in aree culturali e geografiche limitate e che sono state fatte proprie da correnti molto minoritarie dell’interpretazione islamica. Non solo: moltissimi musulmani e musulmane ritengono che il Corano non prescriva affatto il velo, anche nella forma del fazzoletto in testa, e si comportano di conseguenza.
C’è una grande responsabilità dei mezzi di informazione nella costruzione del “senso comune”, e in questo i messaggi impliciti hanno un potere anche più grande di quelli espliciti. E’ grave che anche un giornale come Repubblica si faccia portatore di pregiudizi culturali. Davvero non ne abbiamo bisogno. Consigliamo la lettura di “Oltre il velo” di Leila Ahmed, La nuova Italia 1995.
(Paola Pierantoni)



LA PROVINCIA PONTINA SI COLLOCA AL 35ESIMO POSTO NELLA CLASSIFICA STILATA DAL CNEL
Immigrati, Latina supera l'esame ma solo a metà
Territorio Latina e Provincia, 14-07-2010   
Andrea Pirelli
In testa secondo il rapporto ci sono Parma e Reggio Emilia mentre in coda ci sono Foggia, Nuoro e Oristano
Latina e provincia vincono il premio di alta classifica in termini di ospitalità per gli immigrati. Certo si sta meglio a Parma e a Reggio Emilia ma è anche vero che Foggia e Nuoro vanno evitate. Nella graduatoria assoluta, l'Emilia-Romagna si conferma la Regione con il più alto potenziale d'integrazione degli immigrati a livello nazionale. La graduatoria regionale trova un sostanziale riscontro in quella delle province. Ad evidenziarlo il settimo rapporto Cnel sugli "Indici d'integrazione degli immigrati in Italia". Nella graduatoria differenziale (che si basa sullo scarto tra il dato degli immigrati e quello degli italiani) è la Sicilia a offrire, tra le Regioni, le condizioni d'inserimento socio-occupazionale più paritarie tra immigrati e italiani. Enna, Palermo, Catania e Siracusa sono, in particolare, le province in cui questa parità d'inserimento risulta più marcata. Palermo, Catania e Siracusa sono le province italiane in cui non ci sono condizioni di disparità fra immigerati e  italiani per quanto riguarda il lavoro e la vita sociale invece Latina finisce al penultimo posto. Ad Enna il livello d'inserimento arriva a essere, anche se leggermente (+0,20), a favore degli stranieri, Latina si ferma al -0,50. Il rapporto fino allo scorso anno si concentrava su alcuni aspetti. Da quest'anno invece la ricerca è più approfondita. Il rapporto analizza infatti oltre al grado d'inserimento socio-occupazionale anche la dispersione scolastica, l'accessibilità al mercato immobiliare, l'accesso alla cittadinanza, la criminalità e la capacità di formare una famiglia, la capacità di assorbimento di lavoratori stranieri da parte del mercato, l'impiego di manodopera immigrata, il reddito da lavoro, il differenziale retributivo di genere e il tasso di lavoro in proprio.



Integrazione degli immigrati: Trieste e Gorizia quinta e sesta in Italia

Bora.la, 14-07-2010
Trieste e Gorizia tra le città italiane più “ospitali” per gli immigrati. Lo certifica il VII Rapporto Cnel sugli Indici di integrazione degli immigrati in Italia.
I due capoluoghi occupano rispettivamente il quinto e il sesto posto nella classifica nazionale guidata da Parma e Reggio Emilia. Completano il quadro delle prime 10 province Vicenza (3° posto), Prato (4°), Asti (7°), Enna (8°) e Pordenone (9°). In fondo alla classifica, si trovano invece le province di Foggia (101°), Nuoro (102°) e Oristano (103°).
Il Rapporto Cnel misura il grado di inserimento socio-occupazionale degli immigrati a livello territoriale e determina, su questa base, il potenziale di integrazione di ciascuna regione e provincia italiana. A questo dato si aggiunge quello riguardante l’integrazione per collettività: viene accertato sia il livello di inserimento lavorativo sia il grado di coinvolgimento nella criminalità, singola ed organizzata, da parte della maggiori collettività di immigrati nel Paese.



II "Dast" ai nomadi del campo dì vìa dì Salone. Già mille romeni in meno rispetto al censimento
I primi 650 rom ottengono la 'residenza'
DNews Ed. Roma, 14-07-2010
Gianluca Mancuso
Sulla tessera le generalità el'area attrezzata dove rìsiedono. Sarà consegnata a sei mila persone, mala Cri ne aveva censite settemila. Niente foto per i bambini al di sotto dei 14 anni.
Da ieri hanno una residenza regolare, con tanto di indirizzo e numero civico. Dopo il fotosegnalamento, la consultazione dei fascicoli in questura e il via libera del tribunale, 650 nomadi del campo attrezzato di via di Salone hanno ricevuto ieri il Dast, il documento di autorizzazione allo stazionamento temporaneo nei campi attrezzati che rientrano nel piano nomadi di prefettura e Campidoglio. Il documento, simile ad una patente di guida, riporta generalità e foto di ognuno (niente foto per i minori al di sotto di 14 anni).A Salone è stato rilasciato a tutti coloro che hanno dimostrato di avere un permesso di soggiorno o una carta d'identità valida, la presenza sul territorio da almeno dieci anni e, soprattutto, di non avere alle spalle condanne per reati gravi. Due anni la durata del Dast, prorogabile per altri 24 mesi, che impegna i possessori ad osservare norme specifiche: il pagamento del canone mensile per l'uso dei servizi del campo, le utenze per i consumi familiari, l'assolvimento dell'obbligo scolastico per i bambini e la frequenza alle attività di integrazione sociale previste dal campo. Norme controfirmate dai titolari del Dast che-afferma l'assessore alle Politiche sociali, Sveva Belviso -"dovrebbero essere circa sei mila persone, di cui il 60-70 per cento di bambini". Mille, dunque le persone in meno rispetto ai circa 7mila nomadi censiti nel 2008 dalla Croce rossa italiana. «Oggi inauguriamo una nuova fase - afferma la Belviso rivolta ai rom di Salone -. L'amministrazione vi dà fiducia e con questo documento potrete avere una formazione e un lavoro».
Poi la "confessione": «Abbiamo "graziato", sotto indicazione del commissario per l'emergenza nomadi, reati come piccoli furti commessi in età giovanile, ma da questo momento l'osservanza delle regole è un pre requisito fondamentale».Dirittie doveri, ma per chi non ha documenti si prevedono tempi più lunghi. Il primo passo sarà il rilascio di un permesso per "motivi umanitari" sul quale è chiamato a pronunciarsi una commissione territoriale. «



Libertà d'impresa, paletti per ambiente e immigrati Abruzzo, tasse in 120 rate
Oggi il governo chiede la fiducia Domani l'ok del Senato
La Stampa, 14-07-2010
ROMA.- È conosciuto con l'orribile nomignolo di «maxi-emendamento», perché concentra tutti gli articoli della manovra in un articolo e su quella l'aula vota la fiducia, prendere o lasciare. Oggi il governo chiederà quell'unico voto per spazzare via i 1.700 emendementi presentati a Palazzo Madama da maggioranza e opposizione. Lo chiamano «maxi» perché di solito contiene molte modifiche dell'ultim'ora frutto delle richieste di questa o quella lobby.
Il testo che circolava ieri sera in Senato contiene invece poche novità delle quali, di ritorno da Bruxelles, Giulio Tremoliti ha discusso a quattr'occhi con Renato Schifani. La più importante riguarda la libertà d'impresa, perché l'autocertificazione per aprire una nuova attività non varrà per qualunque atto, in particolare quelli che riguardano gli stranieri: sono esclusi i documenti relativi a immigrazione  asilo, pubblica sicurezza, tutela della salute e del patrimonio paesaggistico: gli ambientalisti avevano protestato contro l'ipotesi del silenzio-assenso. Franco Frattini ha invece  ottenuto un ritocco alla stretta contro la diplomazia: c'è la proroga dei trattamenti in servizio, non il ripristino del 20% della diaria. Come promesso dopo la manifestazione e gli scontri del 7 luglio, gli abruzzesi colpiti dal terremoto potranno pagare le tasse in 120 rate: avranno dieci anni di tempo dal dicembre 2011. Con due emendamenti tecnici il governo ammorbidisce la stretta su assicurazioni e fondi immobiliari: questi ultimi dovranno adeguarsi alle nuove regole della manovra, ma avranno cinque anni di tempo (e non più tre) pagando un'imposta sostituiva del 7% (e non al 19%). Sale l'accisa sulle sigarette a basso costo, mentre una norma trasforma la fondazione Gaslini di Genova da ente di diritto pubblico a fondazione privata. Due le modifiche negate nonostante le polemiche. Nulla da fare per le Regioni, le quali dovranno accordarsi fra loro per risparmiare 8,5 miliardi entro il 2012. Ieri sera - a modo suo - Berlusconi ha confermato che non si può fare nulla: «Chiederemo la fiducia al Senato e alla Camera, ed è un atto di coraggio, non di arroganza. La manovra non graverà sui cittadini, non sulle imprese, ma sulle spese esagerate. Ci sono Regioni che hanno venti sedi all'estero: capisco avere molte fidanzate ma mi sembrano eccessive venti sedi per venti fidanzate». L'altro nodo
scoperto nella maggioranza era quello delle quote latte: il testo conferma la proroga del pagamento delle multe per 76
allevatori. Su questo punto non è però da escludere un ripensamento dell'ultim'ora o alla Camera, dove la manovra
approderà venerdì. Della finanziaria ha parlato anche il cardinale Angelo Bagnasco: «La manovra deve tener conto
dell'equità economica e della coesione sociale».



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