Qual è il destino dei respinti? Ora il governo risponda

 

Ieri La Stampa ha pubblicato i dati relativi alle  vittime tra gli immigrati e i profughi, che tentano di raggiungere le nostre coste:  415 nei primi otto mesi del 2009 e 1274 nel  2008.
Questi dati erano già stati ripetutamente pubblicati  da alcuni siti e dall’Unità. Diverse le fonti:  Acli, Federazione delle Chiese Evangeliche, Centro Astalli, Caritas, Comunità di Sant’Egidio, Fondazione Migrantes. Nessuno di questi dati è stato mai smentito dal Governo italiano. I ministri Roberto Maroni e Franco Frattini si limitano a vantare il fatto di aver salvato dalla morte in mare “tanti clandestini”. È davvero curioso, a voler essere gentili, il tentativo di presentare all’opinione pubblica una sola faccia del fenomeno migratorio: se i morti sono morti (e così tanti), qual è il destino dei salvati, ovvero dei “respinti”? O quel campo di Ganfuda del quale le foto, pubblicate dall’Unità, bene illustrano il livello di civiltà giuridica, o il ritorno coatto alle situazioni di guerra, miseria, persecuzione dalle quali sono fuggiti. La parola chiave è, dunque, proprio quel respingere. Si legga, in proposito, l’art. 33 di quella Convenzione di Ginevra (1951), che evidentemente un’altra Italia ebbe il merito di sottoscrivere: «nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche».
Ora che le cifre crudeli di quella strage infinita vengono pubblicate non più solo dal quotidiano “fondato da Antonio Gramsci”, qualche esponente del governo troverà la voce per rispondere?

l'Unità, 5 settembre 2009

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