Le quote del decreto favoriscono l’illegalità. Strumento da cambiare

Osservatorio Italia-Razzismo 31 ottobre 2010
Le quote annuali del decreto flussi si sono dimostrate uno strumento insufficiente di governo degli ingressi regolari di lavoratori immigrati, nonostante l’accertata indispensabilità del loro contributo al finanziamento del nostro sistema di welfare.
Occorrono altri strumenti: sponsor, visto e permesso di soggiorno per ricerca lavoro, regolarizzazione permanente (senza l’obbligo di uscire e rientrare in Italia) per chi è già presente e lavora ma sprovvisto di titolo di soggiorno.

Inoltre le quote d’ingresso sono state finora molto basse, non corrispondenti al vero fabbisogno del paese o addirittura bloccate come ad esempio è avvenuto nel 2009. Ciò ha favorito i trafficanti e gli ingressi illegali. Il decreto flussi è stato perciò utilizzato dai datori di lavoro per regolarizzare i lavoratori impiegati in nero. Tutti sanno dell’assurdo viaggio di andata (nel paese d’origine) e ritorno (in Italia) al quale molti sono costretti.

L’esigenza di razionalità nel governo della crisi – e dei flussi migratori nella crisi – dovrà portare necessariamente alla revisione della legge sull’immigrazione in senso più favorevole agli interessi generali del paese e ai diritti degli stranieri. Fino a quando ciò non avverrà è impossibile concordare con chi – come il governatore del Veneto Luca Zaia - propone di azzerare le quote del decreto flussi, perché l’unica conseguenza sarebbe impedire a molti immigrati che già lavorano in quella regione, di regolarizzarsi. E, infatti, è a ciò - e non a favorire nuovi ingressi - che  provvede, in primo luogo, il decreto flussi. Lascia un po’ perplessi, pertanto, vedere che Paolo Barbiero, segretario provinciale della Cgil di Treviso, si sia detto d’accordo con Zaia.
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