Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

Informazione

Sara Medici
La fine del XX secolo, che potremmo per comodità fissare al 1989, segna la fine della divisione del mondo nei due grandi blocchi “a destra” e “a sinistra” e il loro amalgamarsi sotto la bandiera unica del consumismo, dell’industria culturale, della televisione e di internet nella cosiddetta globalizzazione planetaria. 
È una grande rivoluzione nella storia dell’uomo sulla Terra. Infatti l’aspetto positivo dei media è di aver superato due barriere consustanziali all’umanità, quelle dello spazio e del tempo; basti pensare che nel medesimo istante, sui nostri schermi, appaiono spesso tutti i mondi del mondo. Possiamo dire, dunque, che l’umanità è entrata, sotto i nostri occhi, nella sua terza tappa storica; la prima era stata quella delle comunità tribali, poi ci fu quella delle comunità nazionali; l’inizio del Ventesimo secolo segna la nascita della “società di massa” e già alla fine di esso, grazie allo sviluppo mediatico, ci siamo trasformati in una società planetaria. Eppure malgrado gli immensi progressi nel campo dell’informazione e dei media la gente continua a sentirsi smarrita e disorientata perché la nostra immaginazione non è in grado di far fronte a un simile esubero di fatti, a distinguere qualcosa nel caos delle notizie. Il cittadino non riesce, infatti, ad operare una selezione o una gerarchizzazione dell’informazione, non sa come ordinare i fatti, come elaborarli, cioè come connetterli in una rete logica di cause ed effetti né come storicizzarli, ossia inserirli nel continuum della Storia. Tutto ciò fa sì che il frammento di informazione ricevuta serva solo ad intasare le menti, non a creare coscienza e pensiero critico, come invece l’industria culturale vuol far credere. A questo proposito lo scrittore francese Daniel Pennac, in Signori bambini, fa un’asserzione molto simpatica ed allo stesso tempo portatrice di una verità esperienziale che solamente la letteratura riesce a rendere pubblica: 
 
Pope Pritsky si è messo a letto e si è imboscato dietro il giornale. Eh sì, informarsi significa imboscarsi, qualsiasi padre di famiglia ve lo dirà, al momento di lavare i piatti. Il quotidiano che informa ci preserva dalla quotidianità che disturba. 
 
Nel mondo odierno viviamo due realtà parallele: una, oggettiva e reale, quotidiana e che disturba, in cui l’umanità tutta soffre insieme alla Terra, a Gaia, e in cui sarebbe l’ora di mettersi a lavare i piatti appunto, e l’altra, quella selezionata e spettacolarizzata dai media, che è come una lavagna scolastica cancellata, ricoperta di frasi e nuovamente cancellata. La nostra cosiddetta informazione, infatti, non può dirsi portatrice di senso in quanto elenca solo delle serie di eventi, ma evita accuratamente di metterli in relazione tra loro. Di conseguenza, nella rappresentazione mediatica della realtà e nella sua incapacità di approfondire e di spiegare l’immagine, il tempo è dissolto, non c’è futuro, il passato non esiste; tutto comincia oggi, i fatti sono sospesi nel vuoto. Questa mancanza di continuità fa sì che il passato, anziché diventare storia, passi subito all’archeologia. Tutto si trasforma istantaneamente in un fossile con il quale non abbiamo alcun rapporto emotivo.  
È questa la grande debolezza, la grande disgrazia dell’uomo moderno: non riuscire ad ancorarsi nella storia, e dunque nel mondo, perché gli eventi passati svaniscono dalla sua coscienza. Ecco la ragione del disorientamento e del nichilismo di cui, nel Ventunesimo secolo, sembrano essere preda gli abitanti della Terra. E allora come trovare un'altra via? Dove cercare? Dove andare? Penso si tratti di arrischiare la nostra cono-scienza dentro un nuovo ordine plurale, l’arte, che abbia una disposizione conoscitiva sorgente da un interesse per l’umano, da una decisione, da un rovesciamento del gioco esistente. 
Dagli anni Novanta in poi, attraverso la crescente potenza della televisione e dei media, si assiste alla nascita di una cultura che veicola un’infinità di modelli di comportamento atti ad instillare nei giovani il desiderio di successo inteso come fama mediatica . Il motto era, ed è, raggiungere il vertice e diventare famosi  costi quel che costi; costi anche il calpestare se stessi e la propria dignità, vendendo il proprio corpo, la propria mente e la propria parola al fine di diventare personaggi (e non persone) pubblici. La televisione, inoltre, conduce la mia generazione, bambina a fine secolo , dall’epoca e dal tempo della lettura verso l’epoca e l’istante dell’immagine. Un piccolo contenitore nero, preso e puntato come un’arma davanti a sé, accende un cubo di plastica attraverso cui il mondo, il “pubblico”, penetra nelle case e comincia, gradualmente, a sostituirsi o ad accompagnare il ruolo educativo che fino a questo momento era stato prerogativa della famiglia e della scuola. È un canale impossibile da controllare che spesso però rende la vita più semplice a genitori travolti dai tempi di produzione, a donne lavoratrici e a nuclei familiari in cui la categoria dei nonni, gli avi, non è più né presente né tantomeno riconosciuta come avente un ruolo sociale di qualche genere. La televisione sostituisce la lettura della favola serale; è l’era dell’ homo videns piuttosto che dell’ homo imaginans. L’immaginario delle generazioni nate a partire dalla fine degli anni Ottanta è costellato di programmi televisivi e non c’è più posto per gli eroi e per le eroine delle favole, né per l’educazione sentimentale veicolata dai grandi classici. Chi incontra più, infatti, il capitano Achab, alla ricerca della sua bianca balena e la principessa Sharazad, che col suo ingegno inganna per mille e una notte chi la voleva morta? O Huck Finn e Jim, il bianco e il nero, consorti verso la libertà e la Signora Bovary, innamorata dell’Amore? E chi, parlando di giustizia, ha l’accortezza e la consapevolezza di confrontarsi con “I Giusti” di Camus e con “I Demoni” di Dostoevskij? Pochissimi. E questi pochissimi sono impossibilitati a parlare, ad esistere, perché il messaggio dell’industria culturale è che la riflessione, la tenerezza, la profondità d’analisi e la propria educazione sentimentale sono una perdita di tempo se non, addirittura, un ostacolo alla rincorsa, alla corsa, verso cosa? Un immenso show, una finzione, rappresentata su uno schermo, che pare esser diventata l’unica Res publica rimasta a questo mondo. 
Così anche Tullio De Mauro, personalità di spicco nel mondo intellettuale, già ministro dell’istruzione e fondatore del dipartimento di studi filologici, linguistici e letterari all’università La Sapienza di Roma, ha recentemente individuato  nella poesia e nella narrazione l’unica via attraverso cui scoprire, o riscoprire, i requisiti fondanti del pensiero umanistico, scientifico e critico al fine di “coltivare l’umanità”  in una società in cui l’umano è sempre più lontano da se stesso, ridotto a “massa” indistinta, ad inerte materia. 
 
maggio 2011
 
Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links