La visita nei Cie di alcuni parlamentari
Per alcuni giorni (dal 6 all’8 dicembre), nei luoghi d’Italia dove forse più bassi sono gli standard di tutela dei diritti umani, si tenterà di affermare la sovranità della legge.
Grazie all’iniziativa di Rita Bernardini, deputata radicale e democratica, alcune decine di parlamentari visiteranno 32 tra Centri di Identificazione ed Espulsione (CIE), Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo (CARA) e Centri di Accoglienza (CDA). Si tratta di strutture destinate a immigrati e profughi, e che - a causa della loro incerta natura giuridica – si trovano in una sorta di condizione extra-legale. In particolare, il riconoscimento dei diritti di persone che, secondo la legge non sono detenute, è affidato alla discrezionalità degli enti che gestiscono i centri stessi. Chi vi è trattenuto non è (non era fino a qualche mese fa) responsabile di alcun reato, bensì di un semplice illecito amministrativo; e,  per quanto riguarda i richiedenti asilo, si tratta di soggetti titolari di un diritto, solennemente riconosciuto dalla nostra Carta costituzionale. Così non è nei fatti: i Cie, proprio perché “non carceri” e non sottoposti al regime penitenziario, possono essere sottratti al controllo di qualunque autorità terza e persino alle visite ispettive di parlamentari e consiglieri regionali. Dunque, ben venga questa iniziativa, che dovrà assumere una sua frequenza regolare e consentire un assiduo monitoraggio. Infine è inevitabile una riflessione squisitamente politica: tra i parlamentari che visiteranno questi centri non ce n’è nemmeno uno della maggioranza. Non si alimenta, anche così, la caricatura di un garantismo di destra, interessato solo ed esclusivamente alla tutela dei diritti di Silvio Berlusconi?
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