Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 marzo 2011

Quell’esodo biblico che Maroni agita e Sacconi si augura
l'Unità, 15-03-2011
Proprio mentre Roberto Maroni e Renato Schifani (tra gli altri, sia chiaro) evocano invasioni apocalittiche ed esodi biblici, il Ministro del lavoro e delle politiche sociali, Maurizio Sacconi, presenta un rapporto intitolato “L’immigrazione per lavoro in Italia: evoluzione e prospettive”. Ben 280 pagine ricche di cifre e tabelle, di analisi e approfondimenti sull’immigrazione nel contesto internazionale, sull’evoluzione demografica di italiani e stranieri, sulla presenza straniera in Italia e sui flussi di immigrati dall’estero. E, soprattutto, sull'impatto della crisi economica sul mercato del lavoro e sulle previsioni del fabbisogno di manodopera.
E il tutto cosa dimostrerebbe, con dati realistici e inconfutabili? Semplicemente che il fabbisogno di manodopera medio annuo crescerà di circa 100 mila unità nel periodo 2011-2015, e arriverà a 260 mila negli anni 2016-2020. Insomma, in soldoni, nei prossimi dieci anni la nostra economia avrà bisogno di quasi due milioni di lavoratori stranieri. E raggiungeranno il nostro paese in seguito a un “esodo biblico” o si tratterà di una vera e propria invasione? Niente di tutto ciò, ovviamente. Si tratterà semplicemente di affrontare con serietà e attenzione la questione. Di pensare a come governare e distribuire i flussi, piuttosto che reprimerli e schiacciarli. Si tratterà di programmare l'accoglienza e non di limitarsi alla strategia del respingimento e del contenimento. Non solo non saremo invasi, dunque, addirittura saremo salvati. Non li subiremo, i lavoratori stranieri, ma li invocheremo. Glielo dica il ministro Sacconi al ministro Maroni. Si parlino, basta una telefonata, alle volte.



Marine Le Pen sbarca a Lampedusa: «I profughi? L'Europa non ha posto»
Corriere della Sera, 15-03-2011
Felice Cavallaro
LAMPEDUSA—Nel giorno in cui riprende massiccio l'esodo dei tunisini verso la «porta d'Europa» con una teoria di oltre venti barconi diretti a Lampedusa, la bionda pasionaria dell'estrema destra francese, Marine Le Pen, vola sullo scoglio più esposto allo tsunami dell'emigrazione e propone all'Italia di «inviare navi con acqua e alimenti, per assisterli in mare, evitando che sbarchino nell'isola».
Proposta che fa infuriare tanti, non solo a sinistra. Così, mentre la figlia di Jean-Marie Le Pen, a lui succeduta nel congresso di Tours di gennaio, era già stata proposta al governo come «persona non gradita» da Bobo Craxi, ecco scattare all'arrivo in aeroporto le proteste di cento ragazzi lanciati in campo da Pd, Legambiente e associazioni come «Askavusa». Una raffica di fischi e slogan antirazzisti rovesciati sull'ospite eccellente accompagnata per l'occasione da Mario Borghezio, l'europarlamentare della Lega qui di casa, anche perché invitato dal sindaco Dino De Rubeis, fiero di avere come vice una senatrice con pochette verde, Angela Maraventano.
Un mix che fa storcere il naso nel Pdl a Margherita Boniver, presidente del Comitato Schengen («Anch'io avrei fischiato»), nel Pd a Sergio D'Antoni, nell'Udc a Giampiero D'Alia. Ma la determinata quarantaduenne, data a Parigi in vantaggio nei sondaggi, in vista del primo turno delle presidenziali del 2012, respinge le critiche. Come faceva ieri mattina sul volo da Pa-lermo, gli occhi sull'incanto delle spiagge caraibiche di Lampedusa: «Basta con le caricature della stampa italiana. Non siamo né razzisti né xenofobi né antisemiti. Ma abbiamo tutto il diritto di pensare che l'immigrazione non sia una buona idea. E basta con questo tirare in ballo mio padre. Ovvio che ci siano delle visioni diverse fra me e mio padre...».
Intravede gli striscioni dei giovani che vogliono «un mondo colorato», avverte appena gli slogan e, correndo sotto scorta verso il Centro accoglienza, non si scompone: «Da bambina scoppiavano le bombe in casa contro mio padre».
Al Centro varca i cancelli quasi insieme a 70 migranti appena sbarcati. Tutti incuriositi dal passo deciso di questa signora alta e bionda che visita camerate, mensa, infermeria. Capelli lunghi, jeans bianchi, una collanina semplice sul top nero, lei parla, sfiorandone con lo sguardo i volti, ma guardando dritto le telecamere perché sembra rivolgersi soprattutto ai loro parenti delle roventi banlieue francesi, ai tanti maghrebini a fatica integrati nelle periferie sempre a rischio.
Parole secche, anche dure: «Non basta la compassione o la comprensione. Governare è prevenire e prevedere. Possiamo aiutarli a costruire il futuro nei loro Paesi. Ma non abbiamo la capacità finanziaria di far fronte a questo esodo. In Francia abbiamo già 5 milioni di disoccupati e 7 milioni di poveri...». Nella missione lampo a Lampedusa sembra prevalere così un taglio di politica interna in vista del dopo Sarkozy. Ma non mancano strali contro l'Europa: «È debole. Come è debole la struttura di Frontex. Hanno mandato qui due funzionari e un elicottero. Per 9 mila tunisini arrivati in un mese».
L'alternativa? Prima tira fuori la proposta delle navi con l'acqua da bere. Poi prova a invocare sceicchi e dittatori: «Le monarchie petrolifere offrano i loro petrodollari per aiutare i loro fratelli...». Appello forse al vento, gradito a Borghezio che tuona sull'Europa dormiente: «Svegliati, ma non con i baciamano...». Riferimento inevitabile al Cavaliere: «Fui l'unico a criticare le buffonate della visita di Gheddafi, ma se avessi saputo del baciamano...».



E nell'isola fischi a Marine Le Pen: "Razzista"
la Repubblica, 15-03-2011
LAMPEDUSA - Urla, fischi («razzista, razzista») e striscioni di contestazione ieri a Lampedusa per Marina Le Pen, leader del l'ultra destra francese, e per l'europarlamentare leghista Mario Borghezio, che hanno visitato il centro di accoglienza per gli imigrati nell'isola.
Per i due esponenti politici, la contestazione da parte di Legambiente e dell'associazione "Ascausa" è iniziata all'aeroporto. L'obiettivo di Le Pen e Borghezio era una visita al Cie che, per evitare contatti con i manifestanti, è stato circondato dalla polizia. La leader del Front National e l'esponente leghista sono stati invece accolti dal sindaco di Lampedusa Dino de Rubeis, e dopo la visita al centro per gli immigrati, hanno improvvisato una conferenza stampa. «Invece di accoglierli qui a Lampedusa l'ltalia  dovrebbe inviare le navi con acqua e alimenti e assistere i migranti in mare, evitando che sbarchino nell'isola», ha detto Marina Le Pen. Poi, ha aggiunto: «l'Europa non può accogliere tutti i clandestini, ci sono già 7 milioni di disoccupati: ci farebbe piacere prenderli tutti nella nostra barca ma non è così grande, andremmo a fondo noi e loro».



Le Pen sbarca sull'isola "Basta immigrati in Europa"
La leader del Front National: "Abbiamo già troppi disoccupati"
La Stampa, 15-03-2011
FABIO MARTINI
Alle due del pomeriggio, davanti al Centro di accoglienza di Lampedusa, si materializza una scena mai vista prima d'ora. Dal can-cello del Centro - dietro al quale sono ammassati tanti immi-grati nordafricani - esce una signora alta e bionda, occhi verdi e portamento altero, pantaloni bianchi e scarpe a punta. È Marine Le Pen, da due mesi leader del Front Na¬tional, il movimento xenofobo che per tanti anni è stato guidato da papà Jean-Marie.
Poco   prima,   per   circa un'ora, la signora Marine aveva parlato con le autorità locali e con un mediatore somalo e subito dopo, varcato il cancello, si è ritrovata davanti una settantina tra giornalisti e operatori arrivati da ogni parte d'Europa e anche oltre. Parla lei, come una mitragliatrice. Gli immigrati che chiedono accoglienza? «L'Europa non può accoglierli. Ci sono già troppi disoccupati. Questa è una migrazione anarchica, non possiamo accogliere più nessuno». Come fermare gli sbarchi? «Si muovano i Paesi fratelli, le monarchie petrolifere». L'Unione europea? «Totalmente impotente. Ma vi sembra possibile che non abbia un ufficio, qui a Lampedusa?». Italia, Francia e Spagna? «Facciano accordi bilaterali per pattugliare le coste». I contestatori che hanno accolto in modo ostile Le Pen all'aeroporto di Lampedusa? «I militanti comunisti possono pensare quel che credono, ma perché non chiedono ai loro europarlamentari di venire qui? Finora su questa isola non   è   venuto nessuno...».
Certo, è ancora presto per capire se la gita a Lampedusa di Marine Le Pen sia soltanto uno dei tanti spot in vista delle Presidenziali francesi del 2012. O se invece la signora sia destinata, nel corso del tempo, a diventare il personaggio simbolo di una estrema destra che potrebbe alzare la testa e diventare un fenomeno di massa, come ha messo in guardia il ministro dell'Economia Giulio Tremonti. Intanto la trasferta a Lampedusa di due «noti estremisti» come Marine Le Pen e come Mario Borghezio (l'europarlamentare della Lega che l'ha accompagnata) ha consentito loro di far emergere un dato di fatto: da quan¬do sono iniziati gli sbarchi, da queste parti non si è mai vista un'autorità, italiana o europea che sia. Proprio questo singolare «primato» ha consentito a Marine Le Pen di proporre ragionamenti duri e lapidari, ma provando a restare sul terreno del pragmatismo.
Naturalmente per Le Pen gioca il «fattore presidenziali», come spiega Borghezio che la conosce bene: «Nel Parlamento europeo sta nel banco dietro al mio: è una donna decisa, ma non è mai avventata. E d'altra parte la vastità dei consensi segnalata dai recenti sondaggi va ben oltre il tradizionale bacino lepenista». Gli ultimi sondaggi (alcuni dei quali di attendibilità controversa) hanno comunque consentito di registrare un consenso crescente per Le Pen, tale da consentire a Marine di ritenere possibile un bis ritenuto impensabile: approdare al secondo turno delle Presidenziali, come il padre, che nel 2002 sopravanzò il socialista Lionel Jospin e potè sfidare Jacques Chirac in una sfida tutta a destra.
L'arrivo a Lampedusa di un personaggio come Marine Le Pen non è stato semplicissimo. Nel piccolo aeroporto dell'isola, ieri mattina ad attendere l'europarlamentare c'era una ventina di contestatori locali «armati» di lenzuola, solcate da scritte dipinte a mano: «Il mondo è a colori, fatevene una ragione», «Non sei benvenuta Madame Le Pen», «Liberté, fraternité, égalité aussi pour le sans papiers». Ma una volta scesa dall'aereo, la donna è stata prelevata in pista da una macchina della Polizia municipale, beffando i contestatori che hanno rincorso il piccolo corteo, gridando «Fuori i fascisti!».
Ma Le Pen, che in Francia è contro Sarkozy, è un personaggio scomodo anche per il centrodestra. Marine dice che «Berlusconi fa cose che non piacciono alla gente perbene», che Fini ha «totalmente abbandonato la lotta all'emigrazione», che con la Lega «non c'è un'alleanza ma la condivisione di alcune preoccupazioni».
E allora il sindaco di centrodestra Bernardino De Rubeis, appena la leader del Front National è ripartita, dice: «Chi parla di respingimenti non è gradito sull'isola».



La Ue promette all'Italia aiuti sull'immigrazione
II presidente Barroso assicura «la solidarietà politica e finanziaria dell'Unione». Berlusconi chiede ai partner di unirsi alla nostra iniziativa umanitaria. Il Viminale ferma una nave marocchina con 1.800 profughi
la Repubblica, 15-03-2011
Fabrizio de Feo
Roma La crisi libica è ormai a uno snodo cruciale. E così, mentre i ministri degli Esteri degli otto Grandi si confrontano a Parigi sugli strumenti da adottare contro il regime di Gheddafi, Silvio Berlusconi incontra il presidente della Commissione europea José Manuel Durao Barroso pervalutare come affrontare l'emergenza umanitaria e condividerne gli oneri a livello europeo. Un confronto che avviene proprio nel giorno in cui il Canale di Sicilia torna a scaldarsi e il flusso di sbarchi diventa improvvisa¬mente impetuoso.
Complice la tregua concessa dalle condizioni del mare, avverse fino a domenica sera, al largo di Lampedusa vengono avvistate dalla Guardia di Finanza ben 22 imbarcazioni, di cui 19 recuperate e scortate in porto, ciascuna delle quali contenenti tra le 50 e le 60 persone. La situazione più controversa ri-
guarda, invece, una nave con a bordo 1836 immigrati nordafricani, salpata dalle coste libiche e inizialmente diretta verso la Sicilia. L'imbarcazione, che si chiama Mistral Espress e stava seguendo la rotta Tripoli-Augusta, avrebbe poi cambiato rotta. Sulla vicenda è intervenuto il Viminale che avrebbe chiesto di non far entrare in acque territoriali italiane la nave, battente bandiera marocchina, che navigherebbe ancora in acque internazionali, finché non sarà accertato chi siano i passeggeri e in particolare se si tratti di clandestini, di profughi e di richiedenti asilo e la loro effettiva provenienza.
L'emergenza torna dunque ad essere conclamata e ad assumere connotati preoccupanti. Una circostanza su cui si misurerà la credibilità dell'Unione Europea, chiamata a uscire dall'ambiguità e svolgere un ruolo nella crisi. Una assunzione di responsabilità su cui Barroso dispensa promesse e certezze. «Tutta la Commissione, e io personalmente, vogliamo una maggiore solidarietà e condivisione degli oneri. L'Italia si trova in prima linea sulle coste meridionali del Mediterraneo ed è legittima la preoccupazione che tali avvenimenti possano andare oltre le capacità di ogni singolo Paese. L'Italia può contare sulla solidarietà politica e anche finanziaria dell'Unione Europea». Il numero uno della Commissione -che in mattinata riceve una laurea honoris causa all'Università Luiss Guido Carli e nel pomeriggio viene ricevuto al Quirinale dal presidente Napolitano - prende anche posizione sui moti e le rivolte che continuano a svilupparsi nel Nord Africa. «L'Europa sta dalla parte di quelli che lottano perla libertà e per un futuro migliore. L'Europa vuol fare la sua parte per realizzare con successo questi cambiamenti epocali: il Mediterraneo deve unirci e non dividerci».
Le promesse di un impegno da parte delle istituzioni comunitarie suscita la reazione soddisfatta di Berlusconi. «Sulla questione dell'emergenza immigrazione, voglio esprimere un ringraziamento profondo al presidente Barroso - dice il premier - per quanto fatto finora, con particolare riferimento al rafforzamento della mis¬sione in corso dell'agenzia Frontex e per l'intenzione di presentare presto, ritengo entro giugno, un apposito piano per la gestione dei flussi migratori. Questa immigrazione è un problema comune che va affrontato e risolto con la collaborazione di tutta l'Europa. Ci aspettiamo quindi che dal piano della Commissione escano delle misure di concreto sostegno al nostro Paese». Berlusconi lancia anche un appello-invito agli altri Paesi europei «affinchè si affianchino all'Italia nel partecipare alla missione umanitaria» che il nostro Paese sta effettuando al confine tra Libia e Tunisia. «Al momento è l'unica e sta dando assistenza a 12mila persone. Bisogna seguire questo modello di intervento».
 


Una nave dalla Libia Allarme del Viminale «Pericolo terroristi»
1.800 passeggeri, quasi tutti marocchini
Corriere della sera, 15-03-2011
Virginia Piccollilo
ROMA — Cinque sbarchi in mattinata. Nove barconi approdati in serata. Un traghetto con quasi duemila immigrati tenuto lontano dalle coste nelle acque internazionali. Il tempo è in miglioramento, ma serpeggia il sospetto che sia già iniziata la ritorsione «diplomatica» di Muammar Gheddafi: l'assalto delle navi dei disperati a Lampedusa.
«E stata la giornata più impegnativa degli ultimi mesi» ammette in serata il comandante della sala di controllo di Lampedusa, Corrado Spatola. Nel giorno in cui nell'isola sono giunti in visita gli europarlamentari Borghezio e Marine Le Pen c'è stato un afflusso superiore alla media, già elevata, dell'ultimo mese, Il comandante Spatola fornisce le cifre: «Sono arrivate circa. 500 persone; ci sono stati 22 avvistamenti; 10 imbarcazioni sono state scortate in porto. Abbiamo tratto in salvo 40 persone che stavano affondando con il barcone nel quale erano stipate».
Il numero degli immigrati arrivati sull'isola dall'inizio della crisi nel Maghreb sale dunque fino a quota novemila, malgrado ieri sia stato evitato uno sbarco record. La Mistral Express, partita dalle coste del-la Libia, ha chiesto di attraccare ad Augusta, con il suo carico dolente. Ufficialmente per fare rifornimento e poi ripartire verso il Marocco, Il pieno le è stato concesso, ma al largo delle coste italiane. Quindi è stata scortata in acque internazionali, non senza polemiche politiche per la linea dura adottata. IL Pd con Emanuele Piano, chiede che il governo «fornisca chiarimenti».
Dopo un'apparente ripartenza verso il Nord Africa la nave si è fermata di nuovo. E due aerei della capitaneria di porto si sono levati in volo per tenere la situazione sotto controllo fino a tarda notte.
A dare per prima la notizia della partenza dal porto libico della nave diretta in Italia era stata Al Jazeera. Nel servizio l'inviato parlava di oltre mille libici, partiti dal porto di Misurata su una nave battente bandiera marocchina con destinazione Lampedusa. Come già in altre occasioni, le autorità di Malta hanno lasciato passare l'imbarcazione verso le acque italiane. Immediato l'altolà lanciato dal Viminale ai ministeri dei Traporti e della Difesa per evitare l'ingresso in acque italiane della nave fino a quando non vi fossero stati «elementi di certezza» sui passeggeri. «Non possiamo sapere se a bordo ci sono terroristi» spiegavano dal ministero dell'Interno.
Più tardi qualche informazione sulla provenienza dei passeggeri è arrivata: 1.715 del Marocco, 39 della Libia, 35 dell' Algeria, 26 dell'Egitto, 7 della Tunisia, 6 del Mali, 4 del Sudan, 2 della Siria e 2 della Mauritania.
Il pd Rosato, che è anche membro del Copasir, si augura «che Maroni non voglia dare subito pratica applicazione del metodo Le Pen che prevede
l'invio sui battelli di acqua e cibo e l'allontanamento sempre e comunque delle navi dei migranti dalle nostre coste». Secondo il Pd, «il rifiuto preventivo del Viminale di concedere l'attracco della nave ad Augusta sarebbe incomprensibile», anche perché «le norme internazionali ci impongono di verificare la presenza a bordo di persone che hanno il diritto di chiedere lo status di rifugiato».
Allarmato il sindaco di Lampedusa De Rubeis che ieri ha risposto all'appello anti-immigrati di Le Pen dicendo «Chi parla di respingimenti non è gradito, non può mettere piede nell'isola». Ma «ventidue avvistamenti sono veramente troppi», ha commentato durante un sopralluogo sul molo: «Se dovesse fermarsi il ponte-aereo raggiungeremmo, di questo passo, facilmente la cifra di 2.500 immigrati e, a quel punto, salterebbe il tappo, il centro di accoglienza non funzionerebbe più».


 
È assalto a Lampedusa Arrivate decine di navi
Un barcone si rovescia al largo: "Ci sarebbero dei morti"
La Stampa, 15-03-2011
LAURA ANELLO
PALERMO - «Ventuno, ventidue, abbiamo perso il conto». In serata, dopo una giornata sfibrante e nell'attesa dì una notte ancora peggiore, gli uomini della Capitaneria non si ricordava¬no neanche più di quanti barconi hanno avvistato nel Canale di Sicilia, diretti sull'isola. Pescherecci, carrette del mare, gommoni, tutto quanto galleggi per lasciare la Tunisia e toccare il primo lembo d'Europa. Alle dieci di sera erano arrivati quattrocento immigrati, e il doppio se ne aspettava ancora, nel giro di poche ore. Complici il mare tornato calmo, il vento di scirocco che proviene proprio da Sud, a spingere storie e speranze. Ma le condizioni favorevoli non sono sinònimo di successo. Infatti, un barcone con 40 clandestini a bordo si è rovesciato al largo dell'isola - secondo quanto hanno riferito  alcuni  extracomunitari, che da un altro natante hanno assistito alla scena e poi so¬no arrivati sulla banchina -, cinque persone sono state tratte in salvo. Gli altri sono rimasti in mare ed è probabile che ci siano dei morti.
Nel giorno in cui si contano centinaia di sbarchi a Lampedusa, è arrivato invece il divieto di approdo da parte del Viminale a una nave, la Mistrall Express, con a bordo oltre 1.800 persone e partita domenica da Misurata, in Libia. Il rischio è che gli extracomunitari una volta giunti in Sicilia decidano dì non ripartire. La nave sarebbe stata noleggiata dal governo marocchino per consentire il rimpatrio di cittadini che lavoravano in Libia.
Ieri gli immigrati chiusi al di là dei cancelli del centro di accoglienza erano 1350, a fronte di una capienza ordi-naria di 850 e di un limite di 1500 per le emergenze. Con gli arrivi della notte si sarebbe toccata quota 2000. Ma se sale il ritmo degli approdi, fatica quello delle ripartenze, e decongestionare il centro è un'impresa. Ieri soltanto due aerei diretti a centri della Penisola, «per la semplice ragione - ammette un operatore -che sono tutti stracolmi, che non c'è più una briciola di spazio da nessuna parte e che se non si pensa subito a strutture aggiuntive di emergenza, Lampedusa scoppierà. E la rivolta che abbiamo visto nel 2008 rischia dì non essere  niente  a  confronto con quel che ci toccherà vedere». Qualcuno dubita: «Mi chiedo dove abbiano messo quelli che sono arrivati finora, a fare due conti i centri dovrebbero essere strapieni già da 'settimane». Da lì si esce solo scappando, perché i rimpatri sono fermi in attesa che la situazione in Tunisia si stabilizzi. Sbarcano e fanno segno di vittoria, gli immigrati. Settantaquattro nelle prime ore della mattina, poi ancora trenta, e ancora venti, fino a perdere il conto degli arrivi, mentre si inseguono le voci sugli avvistamenti. Sette arrivano disidratati e in ipotermia: vengono ricoverati e assistiti dai soccorritori e dai medici della Croce Rossa italiana nel presidio allestito sul molo Favarolo. «Siamo rimasti quarantott'ore in mare senza cibo né acqua»,
raccontano. Ma fanno il segno di vittoria, sorridono sdentati. La maggior parte di loro non fa domanda d'asilo, perché dall'Italia vogliono andarsene, e presto, per raggiungere la Francia, non sapendo che così rinunciano all'unica via di uscita dal percorso che li porterà -prima o poi - all'espulsione. Qualcuno dei più esperti osserva le facce che scendono dalle barche: apparentemente non sono più tutti tunisini, ci sono pelli più scure, parlate e sguardi diversi. Sembrano sub-sahariani, gente che ha sentito che dalla Tunisia si parte e tenta la fortuna. Il segnale che un canale interno si è aperto laggiù. Il segnale che presto qui arriverà una nuova ondata.
 


Nave con 1,800 clandestini Maroni dice no
Imbarcazione marocchina salpa da Trìpoli verso la Sicilia, il Viminale la ferma: sarà rifornita in acque internazionali
la Padania, 15-03-2011
ENRICO MACCHI
Una nave con a bordo oltre 1.800 persone, quasi tutte di nazionalità marocchina, è partita ieri da Tripoli alla volta dell'Italia, dove ha chiesto di fare rifornimento. Ma la situazione non era chiara e dal Viminale è arrivato uno stop. Il rischio è che gli extra-comunitari, giunti in Sicilia, decidano di non ripartire, proprio nel giorno in cui si contano a decine gli sbarchi e gli avvistamenti di barconi a Lampedusa.
Il ministro Roberto Maroni ha dato indicazioni precise: rifornire la nave di tutto quello di cui ha bisogno, cioè carburante e anche viveri, ma solo ed esclusivamente in acque internazionali. Non in acque italiane.
L'emergenza immigrazione ha tenuto banco nel colloquio tra il presidente della Commissione Europea José Manuel Durao Barroso e il premier Silvio Berlusconi, che non ha nascosto apprensione - in alcune conversazioni private - per la possibilità che in Italia arrivi un impressionante numero di migranti e che l'emergenza possa provare il Paese.
«L'Italia può contare sulla solidarietà politica e finanziaria dell'Ue», ha assicurato Barroso. Che ha aggiunto: «Tutta la Commissione e io personalmente vogliamo una maggiore solidarietà e condivisione degli oneri. L'Italia si trova in prima linea sulle coste meridionali del Mediterraneo ed è legittima la sua preoccupazione». Parole che sono state accolte con soddisfazione da Berlusconi, che ha ringraziato Barroso «per quanto fatto» e per la decisione di «presentare presto, ritengo entro giugno, un piano per la gestione dei flussi migratori. Ci aspettiamo - ha aggiunto Berlusconi - che dal piano della Commissione Ue escano misure di concreto sostegno al nostro Paese». La nave stracarica di immigrati è il traghetto battente bandiera marocchina Mistral Express, che risulta partito nel primo pomeriggio di domenica da Tripoli con a bordo 1.836 extracomunitari, oltre a 83 uomini di equipaggio. Secondo le informazioni fornite dalla stessa unità, che ha chiesto di sostare nel porto siciliano di Augusta per fare rifornimento prima di ripartire alla volta del Marocco, si tratterebbe di 1.715 marocchini, 39 libici, 35 algerini, 26 egiziani, 7 tunisini, 6 maliani, 4 sudanesi, 2 sudanesi e 2 mauritani.
Secondo alcune informazioni sarebbe stato lo stesso governo del Marocco a prendere in affitto la nave per riportare a casa i connazionali in fuga dalla Libia, ma in realtà non è ancora chiaro quali siano le reali intenzioni degli immigrati imbarcati e, finché non ci saranno certezze, il Viminale ha chiesto al ministero della Difesa e a quello dei Trasporti di evitare l'ingresso del traghetto in acque territoriali italiane - considerando di fare rifornimento in mare - e al ministero degli Esteri di contattare le autorità marocchine per cercare di sbrogliare la matassa.
La nave, in serata, era data a circa 150 miglia da Augusta, in acque internazionali: se decidesse di puntare verso la Sicilia arriverebbe a notte fonda. La
Marina militare ha inviato sul posto il pattugliatore Sfinge, mentre la centrale operativa della Guardia costiera sta seguendo la rotta del traghetto. Le motovedette di Augusta sono tutte in stand by.
La vicenda ha intanto innescato la polemica politica. Un parlamentare del Pd membro del Copasir augura «che Maroni non voglia dare subito pratica applicazione del metodo Le Pen che prevede l'invio sui battelli di acqua e cibo e l'allontanamento sempre e comunque delle navi dei migranti dalle nostre coste». Secondo il Pd, «il rifiuto preventivo del Viminale di concedere l'attracco della nave ad Augusta sarebbe incomprensibile», anche perché «le norme internazionali ci impongono di verificare la presenza a bordo di persone che hanno il diritto di chiedere lo status di rifugiato».

 

Tragedia in mare, quaranta annegati  E il centro di accoglienza è al collasso
Sull'isola presenti 2.700 immigrati ma la struttura che dovrebbe riceverli tutti scoppia. Un gruppo di nordafricani ha raccontato di avere visto ieri una barca capovolgersi in mare aperto. La maggior parte delle persone a bordo non ce l'ha fatta. Ma gli sbarchi proseguono
la Repubblica, 15-03-2011
FRANCESCO VIVIANO
LAMPEDUSA - Il tempo tiene e gli attraversamenti del Canale di Sicilia si moltiplicano mente si cerca di ricostruire la dinamica della tragedia nella quale ieri sono annegate quaranta persone. Lampedusa scoppia. Sono 2.700 le persone presenti stamattina nel centro di accoglienza dell'isola, la struttura ha un limite di 800 posti ed è ormai al collasso. Ad aggravare la situazione il mancato arrivo della nave della Siremar da Porto Empedocle. In assenza del traghetto non sarà possibile il trasferimento via mare degli immigrati, mentre i ponti aerei possono far viaggiare una quantità di extracomunitari irrisoria rispetto al numero di persone presenti nel centro di accoglienza. Così è stato deciso di sospendere gli ingressi nella struttura e di alloggiare gli stranieri in altri edifici. Duecento persone andranno in locali dell'Area marina protetta, messi a disposizione da Legambiente, ente gestore della riserva, mentre altri 200 saranno ospiti della "Casa della fraternità" della parrocchia di Lampedusa.
Già dopo mezzanotte la guardia di finanza, operando con quattro unità navali e un elicottero in volo notturno, ha compiuto sette interventi in mare soccorrendo in totale 595 migranti diretti a Lampedusa. Fra gli extracomunitari sei donne e sette minorenni. Sempre in nottata il pattugliatore della marina militare Spica è intervenuto per soccorrere gli immigrati che si trovavano su un barcone in difficoltà, 20 miglia a sud di Lampedusa. L'unità della marina ha preso a bordo le 129 persone che si trovavano sull'imbarcazione. Una piccola barca con 80 migranti a bordo è approdata nelle prime ore del mattino all'isola dei Conigli di Lampedusa. Tra loro anche due bambini. Sul posto sono intervenuti i carabinieri e la croce rossa. L'isola dei Conigli è uno dei luoghi più suggestivi di Lampedusa ed è area protetta. Da ieri mattina sono più di venti i barconi approdati a Lampedusa, per un totale di oltre 1.6OO persone.
Non tutti coloro che hanno intrapreso la traversata del Canale di Sicilia però ce l'hanno fatta. Ieri sera alcuni nordafricani appena giunti sull'isola hanno raccontato di avere visto una barca capovolgersi e quaranta persone annegare. "Sono morti, sono morti. Sono affondati davanti ai nostri occhi, inghiottiti dal mare agitato. Erano in 45, erano partiti insieme a noi la notte scorsa. Per un po' abbiamo viaggiato quasi fianco a fianco, la nostra barca era più grande ed eravamo quasi cento. Poi, improvvisamente, quella si è capovolta. È stato un attimo, un'immagine che resterà per sempre nei nostri occhi. Sono finiti in mare, sono morti...", questo il loro racconto.
"Molti non sapevano nuotare - ha aggiunto uno dei testimoni - e sono scomparsi quasi subito dalla nostra vista inghiottiti dalle onde. Quei pochi che ci riuscivano si sono avvicinati al nostro barcone. Stavano per affondare anche loro, poi, grazie a Dio, siamo riusciti a prenderli lanciando loro una cima. Li abbiamo tirati su a bordo e adesso sono qui con noi. Guarda, sono quelli la, quelli tutti bagnati. Tremano per il freddo. Gli altri sono tutti annegati, molti erano nostri amici e adesso non ci sono più...".
Ieri a Lampedusa hanno fatto un sopralluogo Marine Le Pen, leader dell'estrema destra francese, e l'europarlamentare leghista Mario Borghezio. "Invece di accoglierli a Lampedusa, l'Italia dovrebbe inviare le navi con acqua e alimenti e assistere i migranti in mare, evitando che sbarchino nell'isola", questa la proposta lanciata dalla Le Pen.
Contro la visita della dirigente politica francese e di Borghezio a Lampedusa è stata organizzata una protesta con slogan e striscioni: "Siamo lontani dal modo di vedere le cose di Borghezio e Le Pen". E' quanto si leggeva in un volantino in cui i giovani di Lampedusa hanno spiegato le ragioni della manifestazione.



Immigrazione: la Marina salva 129 persone a sud di Lampedusa
Naufragio a largo Tunisia, a partire sarebbero stati in 60-70
(ANSA) - LAMPEDUSA (AGRIGENTO), 15 MAR - Intervento di soccorso stanotte del pattugliatore Spica della Marina militare per 129 immigrati su un barcone. Erano a circa 20 miglia a sud di Lampedusa, alla deriva, imbarcando acqua. Risultano intanto ventuno a inizio giornata i barconi arrivati da ieri mattina, per un totale di 1.623 persone, tra cui sei donne e sei bambini.
Da Zarzis, in Tunisia, giunge intanto notizia che potrebbero essere state 60-70, e non 40 come inizialmente ipotizzato, le persone partite via mare per l'Italia tra domenica e lunedi', vittime di un naufragio dal quale sono stati salvati in cinque.



Immigrazione: Calabria,rintracciati 7 clandestini dopo sbarco
Tele Reggio, 15-03-2011
Sette cittadini extracomunitari (4 afghani e 3 pakistani), tutti maschi di età compresa tra i 20 e 30 anni, sono stati rintracciati a Isola Capo Rizzuto a poca distanza dalla spiaggia. Gli extracomunitari, con gli indumenti bagnati, hanno dichiarato di fare parte di un gruppo di circa 30 persone sbarcato clandestinamente dopo avere raggiunto le coste calabresi qualche ora prima a bordo di un gommone partito dalla Grecia che ha ripreso immediatamente il largo. Sul luogo del ritrovamento è giunto personale della Polizia e della Capitaneria di porto che ha avviato accertamenti a terra e in mare, al momento senza alcun esito. I sette clandestini sono stati soccorsi e condotti nel Cara - Cda di Isola Capo Rizzuto per essere rifocillati, assistiti e identificati.



IMMIGRATI: GIOVANE TUNISINO RACCONTA LA SUA PAURA DI MORIRE
(AGI) - Lampedusa, 15 mar. - Un'odissea durata 24 ore quella di una ragazzo tunisino di 19 anni giunto questa mattina a Lampedusa con altri 82 connazionali. Tutti stipati su un'imbarcazione lunga appena 7 metri. "Ho avuto paura di morire e ringrazio Dio di aver raggiunto l'Italia", racconta il ragazzo che attende sul molo dell'isola di essere trasportato al centro di accoglienza. "Siamo partiti lunedi' mattina, ma il motore si e' fermato dopo appena 4 ore di navigazione. Da quel momento siamo rimasti in balia delle onde fino a quando non ci sono venuti a recuperare". Ora che ha salva la vita, il ragazzo pensa al futuro: "spero di trovarmi bene in Italia, di trovare lavoro e di costruire una famiglia. Molti vogliono raggiungere la Francia ma il mio sogno si chiama Italia".



Viminale ferma nave con 1.800 migranti Pd all'attacco. Barroso: contate sulla Ue
Il Messaggero, 15-03-2011
ROMA - Una nave con a bordo oltre 1.800 persone, quasi tutte di nazionalità marocchina, è partita ieri da Tripoli alla volta dell'Italia, dove ha chiesto di fare rifornimento. Ma la situazione non è chiara e dal Viminale è arrivato uno stop. Il rischio è che gli extracomunitari, giunti in Sicilia, decidano di non ripartire, proprio nel giorno in cui si contano a decine gli sbarchi e gli avvistamenti di barconi a Lampedusa, e l'emergenza immigrazione ha tenuto banco nel colloquio tra il presidente della Commissione Europea, Josè Manuel Durao Barroso, e il premier Silvio Berlusconi, che non ha nascosto apprensione - in alcune conversazioni private - per la possibilità che in Italia arrivi un impressionante numero di migranti e che l'emergenza possa provare il Paese.
«L'Italia può contare sulla solidarietà politica e finanziaria della Ue - ha assicurato Barroso - Tutta la Commissione e io personalmente vogliamo una maggiore solidarietà e condivisione degli oneri. L'Italia si trova in prima linea sulle coste meridionali del Mediterraneo ed è legittima la sua preoccupazione». Parole che sono state accolte con soddisfazione dal presidente del Consiglio Berlusconi, che ha ringraziato Barroso «per quanto fatto» e per la decisione di «presentare presto, ritengo entro giugno, un piano per la gestione dei flussi migratori. Ci aspettiamo che dal piano della Commissione Ue escano misure di concreto sostegno al nostro Paese».
La nave stracarica di immigrati è il traghetto battente bandiera marocchina "Mistral Express", che risulta partito nel primo pomeriggio di ieri da Tripoli con a bordo 1.836 extracomunitari, oltre ad 83 uomini di equipaggio. Secondo le informazioni fornite dalla stessa unità, che ha chiesto di sostare nel porto siciliano di Augusta per fare rifornimento prima di ripartire alla volta del Marocco, si tratterebbe di 1.715 marocchini, 39 libici, 35 algerini, 26 egiziani, 7 tunisini, 6 maliani, 4 sudanesi, 2 sudanesi e 2 mauritani. Secondo alcune informazioni sarebbe stato lo stesso governo del Marocco a prendere in affitto la nave per riportare a casa i connazionali in fuga dalla Libia, ma in realtà non è ancora chiaro quali siano le reali intenzioni degli immigrati imbarcati e, finché non ci saranno certezze, il Viminale ha chiesto al ministero della Difesa e a quello dei Trasporti di evitare l'ingresso del traghetto in acque territoriali italiane - considerando eventualmente la possibilità di fare rifornimento in mare - e al ministero degli Esteri di contattare le autorità marocchine per cercare di sbrogliare la matassa. La nave, in serata, era data a circa 150 miglia da Augusta, in acque internazionali: se decidesse di puntare verso la Sicilia arriverebbe a notte fonda. La Marina militare ha inviato sul posto il pattugliatore Sfinge, mentre la centrale operativa della Guardia costiera sta seguendo la rotta del traghetto.
La vicenda ha intanto innescato la polemica politica. Il Pd, con Fiano, chiede che il governo «fornisca chiarimenti», mentre Rosato, che è anche membro del Copasir, si augura «che Maroni non voglia dare subito pratica applicazione del metodo Le Pen che prevede l'invio sui battelli di acqua e cibo e l'allontanamento sempre e comunque delle navi dei migranti dalle nostre coste». Secondo il Pd, «il rifiuto preventivo del Viminale di concedere l'attracco della nave ad Augusta sarebbe incomprensibile, anche perché le norme internazionali ci impongono di verificare la presenza a bordo di persone che hanno il diritto di chiedere lo status di rifugiato».



BRINDISI
Il viaggio della speranza di 21 immigrati nascosti nel doppiofondo di un tir
Erano su un mezzo sbarcato da Patrasso, sotto un carico di combustibile vegetale. Tra loro, due donne e due bambini
la Repubblica, 15-03-2011
Sono stati trovati su un tir, stipati come se fossero in gabbia, nascosti sotto un carico di pellet trasportato da un tir. Ventuno clandestini (2 donne e 19 uomini, tra cui anche due minori), tutti di nazionalità afgana, irachena e pakistana sono stati sorpresi nel porto di Brindisi dalla polizia di frontiera nel doppiofondo del mezzo, sbarcato da Patrasso.
Gli extracomunitari sono stati condotti in un centro di accoglienza dove sono state avviate le procedure di identificazione. Nessun provvedimento è stato sinora preso nei confronti dell'autista, un 57enne di origine greca, la cui posizione èperò al vaglio della magistratura.
 Stando al loro racconto, hanno pagato circa mille euro a testa per raggiungere l'Italia e in particolare Firenze. Sarebbero saliti sul tir nel porto di Igoumenitza attraverso una botola sul fondo dell’autoarticolato. Tra loro, anche un'intera famglia: padre, madre e il figlio sedicenne.
 


RELAZIONE
Sara Medici
In Italia viviamo in diretta l’urto dell’esperienza della prima ondata dei migranti, che non portano con sé solamente quella che volgarmente definiamo forza lavoro, bensì appaiono (nel vero senso della parola) davanti ai nostri occhi per la prima volta.
Diciamo che, in effetti, la nostra cultura deve necessariamente fare i conti con la reale esistenza di forme di pensiero, usi e costumi, differenti dalla propria. L’Europa, infatti, ha sempre incontrato l’altro fuori da casa sua, in Africa, in America, in Indonesia, in India ecc, e l’ha incontrato, sempre, instaurando un tipo di relazione in cui noi, europei-bianchi, eravamo il soggetto conoscente e loro, altri e neri, erano il resto del mondo, l’oggetto da conoscere. Oggi, invece, risulta evidente che non possiamo più relazionarci a loro secondo l’eredità del modello colonialista, se non altro perché adesso siamo noi a rappresentare il territorio invaso, con la grande differenza che loro non stanno venendo qui per sterminarci, né per rubarci materie prime né, tantomeno, per ridurci in schiavitù. Stanno venendo perché noi abbiamo da sempre sostenuto (e mostrato attraverso i media) che il nostro è il migliore dei mondi possibili e allora loro, giustamente, si stanno prendendo il diritto di abitarlo insieme a noi. Il fatto che “tutto il resto del mondo” sia approdato, e continui ad approdare quotidianamente, sulle nostre coste ci costringe a rapportarci, a relazionarci, con una molteplicità di culture che non si pongono più, nei nostri confronti, come cittadini di serie “b”, come colonizzati, come oggetti, ma, al contrario, sono consapevoli di essere a loro volta soggetti storici esistenti. Per questo motivo stanno cominciando a chiedere voce, ascolto e riconoscenza della loro dignità di esistere e di abitare, insieme a noi, un mondo condiviso. Se noi non li riconosciamo, se noi non smettiamo i panni dei colonizzatori e non ci riconosciamo a nostra volta come altri, loro, ognuno di loro, alzerà la voce e la alzerà, per giunta, da qui, non da lì come avvenne durante il lungo periodo di decolonizzazione. Il punto, dunque, è passare dal Noi/loro alla coscienza di essere tutti italofoni, tutti soggetti, ma tutti differenti: italiani, magrebini, cinesi, indiani, bengalesi, senegalesi, angolani, rumeni, polacchi, sudamericani e tutti i bambini creoli, parlanti la stessa lingua. Passare da un tipo di relazione universale ed unidirezionale al riconoscimento di vivere in un multiverso in cui tutti siamo noi e tutti siamo loro a seconda del punto di vista di chi guarda. Una volta riconosciuto questo dovremmo, insieme, educarci alla conoscenza reciproca. Un positiva esperienza in questa direzione risale al 1988 con l’iniziativa della RAI - poi inspiegabilmente e ignobilmente chiusa invece che incrementata – di avviare una trasmissione settimanale dedicata ai problemi, alle culture ed alle voci degli immigrati. Si chiamava Non solo nero ed era presentata dalla giornalista capoverdiana Maria de Lourdes Jesus e curata da Massimo Ghirelli. Successivamente la nostra informazione sul “mondo di mondi” che abitiamo insieme scivola dalla Tv alla Radio, con una trasmissione, Permesso di soggiorno, sperduta ma valorosa, che andava in onda la domenica mattina su Radio1, ma che fu anch’essa, poi, soppressa.  Scelte culturali che sono, al contempo, anche chiare scelte politiche. Tuttavia penso che questo modus opernadi sia da considerarsi non solo obsoleto, “fuori moda”, ma anche molto pericoloso. Dal canto mio scelgo, invece, di seguire un pensiero che sebbene non sia né praticato né tramandato, né, in definitiva, riconosciuto come fondamento per una pratica politica reale e possibile, rappresenta, in realtà, l’unico salto culturale che ci permetterebbe di educarci, tutti insieme noi&loro al fine di convivere pacificamente arricchendoci a vicenda. É una scelta politico-culturale fondamentale per non arrivare alla violenza diffusa e (perché no?) alla guerra civile/tribale del tutti contro tutti.
Questa cultura altra di cui parlo nasce negli anni Settanta del secolo appena trascorso quando la donna europea cominciò a pensarsi come soggetto altro al fianco del maschio bianco occidentale, unico soggetto storico esistente fino a quel momento. Allo stesso periodo risale la presa di coscienza dei neri d’America e di moltissime “minoranze etniche” già presenti sul suolo europeo. Così fu in questo periodo che proprio l’Occidente, nella sua componente femminile, sviluppò quello che poi fu chiamato pensiero della differenza. Una forma mentale altra da cui, penso, sia opportuno ripartire al fine di cominciare, per lo meno, a sciogliere nodi che ormai stanno venendo drammaticamente al pettine. La necessità di porsi come soggetto storico reale ed esistente al fianco del maschio portò la donna europea al concepimento di una forma di pensiero basata sulla convinzione che l’ “essere” della nostra filosofia non fosse, in realtà, un essere assoluto, ma un ente relazionale composto da due fuochi equipollenti  (il maschile e il femminile, ma anche il bianco e il nero, il giovane e il vecchio ecc.) e non da un unico centro che, inoltre, definiva tutto il restante altro solo in base a se stesso, al proprio punto di vista.  Diciamo quindi che la donna bianca occidentale pensò, già negli anni Settanta del Novecento, al fatto che il termine loro, che abbiamo utilizzato precedentemente, fosse in realtà un termine-calderone dentro cui il maschio bianco occidentale metteva tutto ciò che era differente da lui e che egli percepiva come tu, come oggetto. Il pensiero della differenza modifica la forma mentale egocentrica, fondamento che ha condotto a tutti i vari “centrismi” occidentali – antropocentrismo, geocentrismo, eurocentrismo – a favore di una forma mentale differente fondata sulla consapevolezza per cui qualsiasi “essere” è, in se stesso, ente relazionale composto da due fuochi che stanno in tensione dialettica fra loro, in relazione, creando uno spazio comune in cui entrambi sono al centro, ma che differisce dai centri stessi. Con questa forma mentis passiamo dal concetto di io-tu, di soggetto-oggetto, di io-altro, al concetto di io-io, di soggetto-soggetto. Da una forma mentale universale, che va in un unico verso, ad una forma mentale duale e “multiversale” in cui entrambi gli io sono, al contempo, altro. Detto questo possiamo immaginare la prima forma mentis nella figura della circonferenza e vedere che quando due pensieri egocentrici, universali, si incontrano costruiscono un luogo in cui nessuno dei due è al centro e che quindi non viene percepito come luogo.
La sfida storica che dobbiamo cogliere, invece, è di cominciare a percepirci, tutti, attraverso l’immagine mentale dell’ellisse in cui ogni io, come voleva Rimbaud, è anche un altro, in cui ogni soggetto è, dunque, uno e molteplice.       
 Questa figura mostra una relazione differente e dialettica dal momento che produce uno spazio davvero comune a due centri, ma che differisce dai centri stessi. In questo modo lo spazio relazionale diviene lo spazio pubblico abitato da entrambi i poli; la Res publica umana, ossia un tempo-spazio, un luogo, un mondo, un multiverso condiviso da tutti e non posseduto da nessuno.



Immigrati/ Roma, 87 tunisini in Cie Roma iniziano sciopero fame
"Disperati in fuga dalla guerra sono trattati come detenuti"
Virgilio, 15-03-2011
Hanno annunciato l'avvio dello sciopero della fame e della sete alcuni degli 87 tunisini che da oltre un mese soggiornano nel Centro di identificazione ed espulsione di Ponte Galeria, a Roma, dopo essere fuggiti dal loro paese in preda a caos e disordini. "Questi profughi sono detenuti senza aver commesso reati, si sentono vittime di una insopportabile disparità di trattamento rispetto a tanti altri loro concittadini che, pur avendo vissuto la stessa esperienza, in altre parti d'Italia non sono trattenuti nelle strutture pubbliche ma sono stati rilasciati con un foglio di via", rende noto il Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni. Sulla vicenda il Garante aveva anche inviato una lettera al prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro. Gli 87 nordafricani erano sbarcati a Pantelleria e Lampedusa a seguito dei moti popolari esplosi a Tunisi ed erano stati trasferiti nel Cie di Ponte Galeria: "Questa mattina - dice Marroni - alcuni di loro hanno inscenato una manifestazione di protesta urlando, da sopra i tetti degli alloggi, lo slogan 'Libertà! libertà". Un tentativo per cercare di sbloccare la situazione è stato avviato dall'ufficio immigrazione della questura che, a quanto risulta al garante dei detenuti, ha chiesto alla prefettura di accelerare le audizioni dei profughi davanti all'apposita commissione per l'ottenimento dello status di protezione internazionale, una sorta di asilo politico.



La doppia partita, d'immagine, del sindaco di Firenze con la comunità degli immigrati
A Renzi il kebab sta sullo stomaco
Dice sì alla moschea, ma non ai locali dei musulmani
Italia Oggi, 15-03-2011
ANTONIO CALITRI
Gli extracomunitari di fede e tradizione islamica mandano in tilt il picconatore-rottamatore di Firenze. Matteo Renzi rischia di incartarsi tra la disponibilità alla realizzazione di una grande moschea e la chiusura dei locali che servono il kebab. Proprio così, il rampante sindaco si propone come modello per i giovani democratici anche sulla tolleranza e sulla libertà di religione e sarebbe disponibile a far realizzare o una moschea da tanto invocata dalla comunità islamica fiorentina. Ma allo stesso tempo è al lavoro per fermare la crescita dei locali che servono il piatto tradizionale di molti musulmani. Una contraddizione visto che si tratta di due servizi primari per gli immigrati arabi, quello di pregare e quelli di mangiare secondo la propria tradizione. E così, il lavoro fatto da una parte della sua giunta, e approvato dal sindaco, rischia di essere offuscato da quello fatto da un'altra parte della sua giunta. Un passo in avanti e uno indietro per il sindaco fiorentino che, dopo un braccio di ferro con la comunità islamica durato mesi, porta a dichiarare all'amico e assessore alla cultura Giuliano da Empoli che «se non è Firenze a mandare segnali di apertura di fronte alle gigantesche mutazioni geo-politiche del mondo arabo e islamico, chi mai dovrebbe essere? Il comune ha il dovere di indicare quanto prima una prospettiva realizzabile e concreta per una nuova moschea fiorentina». Non solo. Poi forse contagiato dagli avvenimenti di politica internazionale e dall'attenzione sulla città, il primo cittadino ipermediatico si allarga e parlato quasi da candidato premier, dicendo che «Firenze ha tutte le carte in regola per svolgere un ruolo quasi di supplenza rispetto all' ignavia colpevole e imbarazzante del governo italiano sullo scenario internazionale, in particolare sul tema dell'integrazione del Mediterraneo, scommettendo su una via d'uscita positiva da quegli sconvolgimenti». Così, dopo un braccio di ferro di mesi, la comunità musulmana, che conta 30 mila immigrati, può tirare un sospiro di sollievo anche perché è stato lo stesso Renzi a dire che «un luogo in cui si prega non può far paura», anche se «non vedo spazio utile dentro Firenze per realizzare una simile opera». Così, mentre Firenze si apre ufficialmente o per lo meno idealmente alla moschea, l'altro amico di Renzi, vicesindaco e assessore allo sviluppo economico, Dario Nardella, proprio mentre si cercava di tranquillizzare la comunità degli immigrati sulla moschea, fa trapelare di essere lavoro per la riorganizzazione del commercio cittadino. Si tratta di misure discusse con il gruppo del Pd e che presto saranno presentate in giunta dove, secondo quanto trapelato, ci sarà una vera stretta anti kebab in città. Non contro la comunità musulmana, ma sembrerebbe, sfruttando le rigidità imposte dal patrocinio dell'Unesco. Ma che finnesca forse anche una guerra, finora nascosta, alle spalle del sindaco, sulla pelle degli immigrati. Che potranno pregare tranquillamente nella loro moschea (quando sarà realizzata) ma per mangiare dovranno adeguarsi, almeno un po'.



Gli egiziani immigrati in Italia tornano a casa
il Sole, 15-03-2011
Vittorio Da Rold
Sul volo Airone da Malpensa-il Cairo di domenica mattina 13 marzo alle 7.30 si imbarcano solo due turisti italiani diretti a Luxor mentre tutto il resto dei passeggeri sono immigrati egiziani con moglie e figli al seguito che tornano a casa.
L'aereo è mezzo vuoto, ma la confusione e i bagagli non mancano. Le facce, però, sono tristi. «Sono arrivato in Italia, a Lissone, a 22 anni e oggi dopo dieci anni torno a casa per la prima volta perché non ho più lavoro in Italia», dice Ibrahim sconsolato che oggi ha 32 anni, una moglie egiziana e due figli di 3 e 5 anni nati a Monza.
La sua situazione è simile a quella di altri passeggeri, facce cotte dal sole e dal gelo, uomini dell'edililizia. «Il mio datatore di lavoro mi ha detto che non ci sono lavori per ora e che le banche non finanziano più, quindi meglio tornare a casa al Cairo dove ho ancora mia madre e i miei fratelli, almeno per un po'di tempo , poi vedremo», spiega in un buon italiano. «Sono un marmista - dice con orgoglio - Ho posato i marmi della stazione ferroviaria delle Nord a piazza Cadorna a Milano. Marmi rossi per le fiorerere, grigi per i pavimenti, scuri per le colonne - spiega con orgoglio. - Anche mio fratello più giovane torna a casa».
Amr, invece, fa il ponteggista, un «lavoro pericoloso – spiega –che nessuno vuole più fare in Italia». «Monto i ponteggi e poi ci porto il materiale. Lavoro a parecchi metri di altezza. Ma ora è tutto fermo. L'Expo non decolla e così torno a casa a sud del Cairo. L'affitto a Milano è troppo caro e io sono onesto non voglio fare lavori disonesti anche se me li hanno proposti», spiega con un sorriso malinconico.
Tamim invece impasta cemento davanti alla betoniera ma ha fatto anche il carpentiere. Ha un dito fasciato, mani callose ma quello che lo preoccupa è cosa lo aspetta al Cairo, dove la vita costa meno, non c'è bisogno di riscaldamento ma non c'è lavoro e la paga è misera. Si tornerà a contare le sigarette in tasca. «Ho portato la stufa a metano che avevo a Milano con me. Il gas non manca in Egitto e la sera fa freddo anche al Cairo», spiega senza troppa convinzione.
LA SITUAZIONE ECONOMICA: La situazione politica ed economica che li attende infatti non è delle migliori. La primavera araba ed egiziana del 25 gennaio ha lasciato una sensazione di precarieta. Chi va in questi giorni al Cairo assiste ancora a scontri violenti, manifestanti accampati nell'epicentro della rivolta, Piazza Tahrir, i copti in sit-in davanti al Palazzo Maspero, la tv di stato, carri armati per le strade piazzati nei punti strategici, la polizia (odiata dalla popolazione per il suo comportamento durante la rivolta) ancora assente dalle strade. Ma la maggioranza della gente è di nuovo al lavoro, il traffico è caotico come al solito, il museo egizio e le piramidi hanno riaperto mentre la Borsa è ancora chiusa per timori di una tonfo e una fuga di capitali all'estero. Il primo ministro Essam Sharaf incontra i businessmen per rassicurarli. «L'Egitto resterà un'economia di mercato ma assicurando maggior giustizia sociale», dice il premier. Che vuol dire permettere la formazione di sindacati liberi e fare una riforma dei salari. Novità che gettano lo sconcerto nella locale Confindustria (Eba) guidata da Hussein Sabbour con 650 associati per un totale di 350mila dipendenti. Sabbour è soprattutto preoccupato della campagna di stampa orchestrata dai media locali contro la corruzione dove ogni imprenditore diventa un corrotto. «Ci sono imprenditori corrotti e imprenditori che hanno generato ricchezza per il paese e la comunità e attratto investimenti», dice al Dailys News Egypt.
Anche i giovani imprenditori (EJBA) guidati da Amer Elwy hanno chiesto al governo di fare una campagna stampa di controinformazione per chiarire il ruolo importante degli imprenditori nella società ed evitare la caccia alle streghe dei "capitalisti corrotti" legati al vecchio regime. C'è ancora molta rabbia, troppo livore. Un raro turista americano mi racconta che la guida al Museo Egizio giunta al negozio del Museo dove si vendono i souvenirs li ha consigliati di non acquistare niente lì perché gli introiti di quel business vanno a una società legata al precedente ministro del Turismo. Meglio andare a comprare nei piccoli negozietti vicini al Muaseo dove si dà da mangiare alla gente che soffre. Piccoli episodi che danno l'idea di una società in fermento e in ribellione contro un sistema che bloccava qualsiasi inziativa privata senza appoggi politici.
FRAGILITA' .La situazione economica comunque è molto fragile. Le riserve valutarie sono crollate a febbraio di 1,7 miliardi di dollari mentre il turismo è letteralmente crollato. Naturalmente in questi frangenti sarà difficile per il maresciallo Hussein Tantawi capo dei militari che guidano la transizione del dopo Mubarak e per il primo ministro Essam Sharaf modernizzare in senso liberista l'economia, varare le privatizzazioni, tagliare l'elenfantiaco apparato burocratico (ci sono 500mila poliziatti nel paese su 87 milioni di abitanti) o eliminare i sussidi statali ai carburanti che pesano per il 5% del Pil.
Anzi come teme l'Eba , la Confindustria loale, nel breve periodo, la tentazione sarà di "punire i capitalisti" mettendo sullo stesso piano i businessmen onesti e quelli che si sono arricchiti all'ombra di Mubarak, creando così un ambiente ostile agli investimenti stranieri e facendo scappare i capitali. Così l'Egitto perderà la vera partita che è quella di riformare la sua economia liberandola dai potentati e aprendola agli investitori internazionali.

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