Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

01 febbraio 2011

Oggi la fiaccolata a Roma in solidarietà dei reclusi del Sinai
l'Unità, 01-02-2011
Martedì 1 febbraio, a Roma, alle ore 18.00, sulla scalinata del Campidoglio, si terrà una fiaccolata per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sulla drammatica vicenda che vede coinvolti centinaia di profughi, eritrei etiopi sudanesi somali, i quali, da oltre due mesi, si trovano nelle mani dei trafficanti di uomini nel deserto del Sinai. Una vicenda che, nonostante il numero notevole di persone coinvolte, e di morti e di torturati, non ha avuto alcuna eco nella comunità internazionale. E se questo pesante silenzio – interrotto a tratti dalle denunce di alcune organizzazioni – avveniva in una situazione di stabilità politica del regime egiziano, che cosa accadrà ora che quel paese è in rivolta? Sicuramente la prospettiva non è quella di una immediata soluzione della vicenda. La polizia egiziana, in questi giorni alle prese con ben altre priorità, non verrà impiegata certo al fine di liberare quei disperati prigionieri nel suo territorio. Il rischio, ora, è che queste persone possano essere vendute al mercato del lavoro schiavistico e del sesso, o che finiscano nelle mani di trafficanti di organi umani. Non vogliamo pensare che sia troppo tardi e rinunciare, data la complicata situazione egiziana, a parlare di loro. Anche perché la responsabilità di quanto sta avvenendo nel Sinai non può essere addebitata unicamente allo stato nord africano. Non possiamo dimenticare, infatti, come questa situazione sia una delle conseguenze della politica europea di chiusura delle frontiere, tesa ad allontanare le persone che cercano protezione nel nostro continente. Protezione che, lo abbiamo ricordato più volte, le convenzioni internazionali da noi sottoscritte ci impongono di dare.



Decreto flussi, è boom Quasi 300mila domande
Al click day risposta in massa degli immigrati
Avvenire, 01-02-2011
DIEGO MOTTA
MILANO - Atteso da centinaia di migliaia di stranieri, il primo click day per l'ingresso in Italia dei lavoratori stranieri ha polverizzato in pochi secondi i posti disponibili. Alcuni istanti dopo le 8, infatti, le domande di regolarizzazione ricevute online dal sito del ministero dell'Interno avevano già superato quota lOOmila. Più dei 97.080 arrivi preventivati per tutto il 2011, addirittura il doppio rispetto ai 52.080 posti destinati a chi proviene da Paesi con cui l'Italia ha sottoscritto accordi di cooperazione in tema di politiche migratorie. A fine giornata, il totale delle domande ha raggiunto quota 293mila. A mettersi davanti al computer sono stati soprattutto datori di lavoro che hanno scaricato e compilato i moduli per colf e badanti (208mila richieste) e per lavoratori subordinati (85mila). La classifica dei lavoratori più richiesti vede in testa il Bangladesh (48mila richieste) seguito dal Marocco (44mila) e dall'India (36mila). La prima valutazione riguarda proprio la nuova "mappa" delle domande, con un cambiamento geografico che porta con sé un'esplosione delle richieste da parte soprattutto del Sud Est asiatico. «Era tre anni che non si faceva il decreto - spiega Natale Forlani, direttore generale dell'Immigrazione al ministero del Lavoro - e ciò ha determinato aspettative molto forti. La composizione della domanda è cambiata e si e maggiormente caratterizzata, concentrandosi molto sull'assistenza familiare».
Il rischio, come sempre, è l'utilizzo del permesso d'ingresso come strumento per il ricongiungimento familiare attraverso formule come le collaborazioni domestiche. «Il bisogno di badanti e colf è in crescita non solo per i nostri anziani, ma anche per le famiglie di immigrati che chiedono l'arrivo di loro connazionali per sostenere la vita domestica in Italia» spiega Pino Gulia, responsabile immigrazione dei patronati Acli. Un fenomeno che è da tempo sotto osservazione delle istituzioni, tanto che Forlani parla di «alcuni aspetti da monitorare, per evitare possibili anomalie».
Dal punto di vista tecnico, il click day, nonostante il boom di richieste, ha funzionato grazie alla tenuta del "cervellone" informatico messo a punto dal Viminale. Semmai è sulle necessità di rivedere le modalità del decreto flussi che si concentrano le osservazioni degli addetti ai lavori. «Il decreto flussi rappresenta una solida finzione per il lavoratore straniero clandestino o divenuto irregolare che si trova sul territorio italiano perché, a tutt'oggi, non si riesce ad affinare una reale politica di ingresso regolare nel nostro Paese»  osserva Liliana Ocmin, segretario confe-derale della Cisl, prima immigrata (è di origini peruviane) alla guida di un organismo sindacale nazionale.
«La possibilità di ingresso per gli stranieri lavoratori dovrebbe essere garantita tutto l'anno - aggiunge Gulia - incrementando contemporaneamente i controlli da parte degli Ispettorati del lavoro e della sanità». Di più, per Ocmin «immaginare come avviene attualmente che un'azienda o una famiglia chieda per il lavoratore immigrato, senza conoscerlo, un ingresso non è molto realistico. È utopia pura, che mette a nudo i limiti di una procedura di domanda con un'attesa media di un anno, se non oltre». Basti pensare che la sanatoria di colf e badanti del settembre 2009 non è ancora del tutto archiviata, visto che circa 40mila domande su un totale di 295mila restano da definire. Se per la Cgil il decreto flussi è ormai da considerare alla stregua di una «roulette russa», lo stesso non può dirsi per Coldiretti, secondo cui un lavoratore su dieci tra gli stranieri in graduatoria troverà un'occupazione nei campi. «Molti troveranno lavoro nelle imprese agricole, dove il loro contributo è divenuto indispensabile, soprattutto nelle produzioni di qualità». Ora l'attesa è per le prossime due tappe del click day. domani le domande riguarderanno 30mila ingressi per colf e badanti di altri Paesi, mentre giovedì sarà la volta dei lavori non sta¬gionali, con in palio altri 15mila posti.



Trecentomila richieste per lavorare in Italia Il primato del Nord

Accolte 52 mila domande. «Posti esauriti in pochi secondi»
Corriere della Sera, 01-02-2011
Virginia Piccolillo
ROMA—In centomila hanno premuto quasi simultaneamente il tasto «invio». In trecentomila in poche ore. Ma cinque stranieri su sei malediranno quel click. Delle 303mila domande di assunzione di lavoratori extracomunitari, provenienti da Paesi che hanno sottoscritto accordi con l'Italia, ne potranno essere accolte solo 52.080. Con buona pace di chi, con il Pd, i sindacati e il mondo agricolo protesta contro la «procedura assurda» da «roulette russa». Mentre dal Viminale si fa notare che «tutto si è svolto in maniera regolare, il sistema ha funzionato senza ritardi e un così alto numero di domande è stato ricevuto in poche ore senza disagi né file». Prossimo appuntamento alle otto di domani, quando sarà possibile inviare le domande di assunzione per le trentamila colf e badanti, di Paesi diversi da quelli presi in considerazione ieri, previste nel decreto flussi. Dopodomani ultima scadenza, destinata alla conversione in permessi di soggiorno per lavoro subordinato non stagionale di 11mila permessi per studio, tirocinio, lavoro stagionale ed altre tipologie, nonché all'ammissione di 4mila extracomunitari che abbiano completato programmi di formazione nel Paese di origine.
Nella corsa al primo click sono bastati un pugno di secondi per esaurire le quote disponibili. Il maggior numero di richieste proviene dalla provincia di Milano (37 mila), seguono Roma (22.500) e Brescia (18.800). Ora ci vorranno mesi per la valutazione delle richieste. Poi i 52mila «vincitori» dovranno andare
nella rappresentanza diplomatica italiana del proprio Paese a ritirare il visto ed avere il permesso di soggiorno.
Critica la Pd Livia Turco: «L'assurda procedura evidenzia l'incapacità di questo governo nel gestire il fenomeno dell'immigrazione». «Oltre alla beffa il danno — denuncia la Cisl —: è una finzione immaginare che un'azienda o una famiglia chieda per il lavoratore immigrato senza conoscerlo». E le Acli parlano di «procedura superata».



Immigrati, crolla la domanda delle aziende

Click day, 11 mila richieste ma poche imprese cercano manodopera. Le prenotazioni nel 2006 furono 21mila. La perplessità dei sindacati sul sistema delle quote
la Repubblica, 01-02-2011
LUCA SANCINI
Ha funzionato il sistema telematico nel primo giorno del click day, per effettuare le domande di permesso di soggiorno, riservate ai cittadini extracomunitari. Grossi intoppi non ce ne sono stati, fanno sapere i patronati di Cgil e Cisl e anche Casabase, società privata, che in un minuto circa dopo le 8 hanno spedito regolarmente in pochi secondi le domande predisposte. Così in serata, secondo i dati forniti dal Ministero dell'Interno, da Bologna sono partite 11.030 domande, di cui 8.358 per colf e badanti e 2.672 per lavoratori subordinati.
In tutta Italia sono arrivate 303.262 domande, a fronte di una disponibilità di 98 mila posti, con Milano che risulta la prima provincia (quasi 40 mila richieste). Seguono Roma con 23 mila, Brescia con 19 mila e Bologna che si attesta al quarto posto con le 11 mila di cui sopra. Restano nei commenti degli operatori alla fine di una giornata di superlavoro, le perplessità sul sistema delle quote e della corsa a chi fa più veloce, ma soprattutto la netta sensazione che rispetto al 2007, quando fu effettuato l'altro click day, le domande siano in calo. Allora furono 21.114.
Alla Cisl dove la giornata è iniziata alle 7 di ieri mattina dalle 5 postazione allestite, Laura Gamberini, responsabile per le politiche migratorie, che ha coordinato i lavori, commenta: "Noi abbiamo inoltrato 350 domande e abbiamo subito ricevuto l'ok dal Ministero. Ma le richieste sono in forte calo, direi un quarto rispetto al 2007. Ormai questo è un sistema dietro il quale si celano i ricongiungimenti familiari".
Oppure, come denuncia Bouchaib Khaline, presidente del Consiglio dei cittadini stranieri: "In realtà vengono regolarizzate persone che si trovano già qui ma che lavorano in nero e senza documenti". Anche nel mondo delle imprese, con la forte crisi in atto, il calo di domande è stato forte: Unindistria bolognese non ha partecipato al click day e le aziende associate che hanno chiesto consulenza per effettuare la domanda, si contano sulle dita di una mano. Da Casabase, Alessandro Enriques, conferma che il sistema ha funzionato: "Rispetto all'altra volta quando il sistema telematico è andato in tilt, ci sono stati meno problemi. Anche le persone a cui avevamo insegnato come fare da casa, non ci hanno segnalato grossi problemi".
Dagli uffici del Centro Stranieri della Cgil, dove erano in funzione 15 computer, la risposta è la stessa: in pochi minuti le oltre mille domande sono partite, ma per i dati definitivi si dovrà attendere giovedì. Cioè dopo l'invio delle altre due tranche: domani colf e badanti provenienti da paesi che non hanno stipulato accordi bilaterali con l'Italia e il 3 febbraio con il giorno riservato a chi intende trasformare un permesso per studio in lavoro e per chi da lavoratore stagionale chiede di passare ad un contratto definitivo. Infine Alessandro Alberani, segretario della Cisl bolognese: "La crisi ha ridisegnato il click day, ma per il sindacato è stata una buona giornata di democrazia: abbiamo aiutato tanti cittadini stranieri ad esercitare i loro diritti".



Trecentomila domande alla lotteria del Click day

La Stampa, 01-02-2011
ROMA - Uno su sei ce la farà. Oltre 303 mila domande di assunzione di lavoratori stranieri sono arrivate ieri al cervellone del Viminale dalle 8 alle 18 nel primo «click day», quello dedicato ai Paesi con cui l'Italia ha accordi di collaborazione in materia migratoria. I posti messi a disposizione dal decreto flussi sono però 52.080; oltre 250 mila richieste cadranno quindi nel vuoto. Critiche alla procedura sono giunte dai sindacati e dal Pd, mentre per domani e giovedì sono in programma altri due «click day».
Quella di ieri è stata una corsa contro il tempo. La graduatoria dei «vincitori» di permesso di soggiorno si forma infatti in base alla data di ricezione della domanda. Per questo, già pochi secondi dopo lo start delle 8,100 mila datori di lavoro avevano inviato la propria domanda dal sito messo a disposizione dal ministero. Alle 12 erano diventate 293 mila, salite fino a 303 mila alle 18. La maggior parte delle richieste (circa 215 mila) ha riguardato colf e badanti, il resto ha interessato lavoro subordinato. Nonostante il gran numero di invìi, dicono al Dipartimento per le Libertà civili e l'immigrazione, non ci sono stati problemi ed il cervellone messo a punto dal ministero ha funzionato senza interruzioni o ritardi.



Permessi lavoro: 'Il click day, una disperata lotteria'

Cia: 'Un metodo che non darà risposte alle esigenze di famiglie e imprese'
Agricoltura Onweb, 01-02-2011
"Il primo dei 'click day' che alle 8 di ieri mattina ha aperto il Decreto flussi non stagionali, non sarà in grado di soddisfare il fabbisogno di lavoratori stranieri espresso da famiglie e imprese".
Lo rileva la Cia-Confederazione italiana agricoltori per la quale servono altri e più efficaci strumenti, ma soprattutto una nuova politica in materia di immigrazione.
"Tale facile previsione - sostiene la Cia - si fonda sulla constatazione che il numero di lavoratori autorizzati con il decreto flussi non corrisponde alla situazione reale del Paese, dove, malgrado la crisi economica, la domanda di lavoratori immigrati è in costante crescita. Il 'click day' esaurirà in pochi minuti le quote autorizzate e questa - afferma la confederazione - è una risposta inequivocabile a quanti, nelle more dell'emanazione di questo decreto, avevano incautamente chiesto il blocco dei flussi per favorire i disoccupati italiani. La frustrazione di restare fuori quota sarà anche probabilmente accentuata dalla modalità del 'click day', che fa assomigliare la procedura a una sorta di 'disperata lotteria'".
La Cia, comunque, "è pronta con tutte le sue strutture a offrire un valido servizio a chi deciderà di tentare la sorte. Tuttavia, resta ferma e costante l'azione sindacale della confederazione per stimolare a livello nazionale un confronto sulle questioni dell'integrazione e del lavoro, nate dall'assenza di una vera politica per l'immigrazione".



Immigrati: da Brescia 18.800 domande

La nostra città al terzo posto dopo Milano e Roma nel primo «click day»
Giornale di Brescia, 01-02-2011
Brescia al terzo posto, dopo Milano e Roma, per numero di domande di assunzione di immigrati inviato durante il primo «click day». Alle 8 del mattino di lunedì sono partite 18.800 richieste dalla nostra città e provincia; dalla provincia di Milano ne sono state inviate 37mila e da Roma, che si è posizionata al secondo posto, 22.500.
Dal Bangladesh i lavoratori più richiesti (48mila); seguiti dai marocchini (44mila) e dagli indiani (36mila). In tutta Italia, secondo i dati diffusi dal Viminale, sono state spedite per via telematica 293mila domande per il primo click day che riguarda l'ingresso di 52.080 lavoratori provenienti da quei Paesi che hanno sottoscritto accordi di cooperazione in materia migratoria con l'Italia. Nei primi secondi dopo le 8, fanno sapere al Dipartimento per le libertà civili e l'immigrazione dl Viminale, c'è stato il «boom», con la ricezione di oltre 100mila domande. La velocità è infatti fondamentale, visto che a venire accolte saranno le domande arrivate prima a destinazione. Nonostante il gran numero di invii, sottolineano al Dipartimento, «non ci sono stati problemi ed il cervellone messo a punto dal ministero ha funzionato senza interruzioni o ritardi».
L'attribuzione delle quote a livello provinciale verrà effettuata a metà febbraio dal ministero del Lavoro. Le domande, poi, dovranno ricevere il nulla osta della Direzione provinciale del Lavoro e della Questura. In base a queste valutazioni, lo Sportello unico per l'immigrazione della Prefettura rilascerà il nulla osta al datore di lavoro. Da quel momento, il lavoratore straniero dovrà andare all'ambasciata italiana del suo Paese a ritirare il visto per entrare in Italia ed avere il permesso di soggiorno.
Il decreto flussi prevede altri due appuntamenti con l'invio on line delle domande di assunzione. Il secondo «click day» è in programma per mercoledì 2 febbraio, sempre alle 8. In quel caso, si potrà cercare di assumere colf e badanti provenienti da Paesi diversi da quelli nell'elenco del primo giorno (i posti, a livello nazionale, sono trentamila). Giovedì 3 febbraio l'ultima scadenza, destinata alla conversione in permessi per lavoro subordinato non stagionale di 11mila permessi per studio, tirocinio, lavoro stagionale ed altre tipologie, nonché all'ammissione di 4mila extracomunitari che abbiano completato programmi di formazione nel Paese di origine.



Immigrati, click day a valanga 16.590 domande di assunzione

Primo giorno per chiedere l'assunzione di colf e badanti da Filippine, Albania e altri Paesi a cui è stata riservata una quota. Le istanze dalla Toscana sono già un terzo dei posti disponibili in tutta Italia
la Repubblica, 01-02-2011
MAURIZIO BOLOGNI
Il click day è scattato alle 8 di ieri mattina. E in pochi minuti dalla Toscana è piombata sul ministero dell’interno una valanga di domande telematiche per l’assunzione di colf, badanti e altri lavoratori subordinati provenienti dai Paesi che hanno sottoscritto accordi di cooperazione con l'Italia e che quindi hanno una quota riservata: Albania, Algeria, Bangladesh, Egitto, Filippine, Ghana, Marocco, Moldavia, Nigeria, Pakistan, Senegal, Somalia, Sri Lanka, Tunisia, India, Perù, Ucraina, Niger e Gambia. Alle 11 di ieri mattina erano già 16.590 le domande provenienti dalla Toscana, cifra che corrisponde ad un terzo dei posti disponibili in tutta Italia: 52.080. Già da ora, quindi, è chiaro che molte domande di assunzione non saranno accolte.
La maggior parte delle richieste viene dalla provincia di Firenze: 4.207 per colf e badanti, 1.422 per altri lavori subordinati. Da Arezzo 1.436 domande per colf e badanti e 776 per altri lavori subordinati, da Grosseto rispettivamente 406 e 294, da Livorno 951 e 440, da Lucca 920 e 435, da Massa Carrara 263 e 191, da Pisa 1.310 e 468, da Pistoia 479 e 237, da Prato 1.049 e 195, da Siena 827 e 284. L’inoltro delle domande si è concentrato intorno alle 8 perché a "vincere" saranno i datori di lavoro più veloci (fa fede l'ordine di presentazione telematica delle istanze). E questo meccanismo ha spinto molti a parlare polemicamente di "lotteria" telematica e, comunque, di un decreto flussi numericamente scollegato alla situazione reale della domanda, che è molto più elevata dell’offerta.
I click day si succederanno nei prossimi giorni. Mercoledì 2 febbraio "in palio" ci saranno altri 30mila posti, riservati a lavoratori domestici e di assistenza alla persona provenienti da Paesi che non hanno stipulato accordi con l'Italia, e il giorno dopo, giovedì 3, gli ultimi 4.500 (4mila per i lavoratori che hanno completato i programmi di formazione e istruzione nel Paese di origine e 500 per i lavoratori di origine italiana da parte di almeno uno dei genitori fino al terzo grado in linea diretta di ascendenza, residenti in Argentina, Uruguay, Venezuela e Brasile, inseriti in elenchi ad hoc presso ambasciate e consolati). Solo in una fase successiva il ministero deciderà quante assunzioni si potranno fare in ciascuna provincia toscana, tenendo probabilmente conto del numero di domande provenienti dai territori che esprimono una maggiore o minore necessità.



Non si possono aprire le porte a tutti: servono diritti e doveri per una vera cittadinanza
Immigrazione, fenomeno da governare
Avanti, 01-02-2011
Carlo Costelli
C'è una questione primaria che le società del nostro tempo debbono affrontare, e debbono farlo anche in tempi rapidi, prima che questa ne condizioni negativamente il futuro anche economico e la pacifica convivenza: mi riferisco ai massicci flussi migratori e ai conseguenti problemi di integrazione.
Le migrazioni sono un fenomeno da governare. Richiedono una lettura equilibrata che sfati alcune interpretazioni legate alle mode del momento: sarebbe sbagliato pensare che si possano impedire le migrazioni, ma sarebbe altrettanto sbagliato ritenere che la cosa migliore sia aprire la porta a tutti. La società multireligiosa e multiculturale non è un fatto negativo in sé, né è portatrice solo di vantaggi. Molti immigrati sono in stato di necessità (e vanno aiutati), ma molti altri non hanno solo buone intenzioni.
Cominciamo col chiarire, noi cattolici, che per la Dottrina sociale della Chiesa esiste un diritto ad emigrare che deve essere garantito a tutti: ognuno deve poter lasciare liberamente il proprio Paese. Il diritto di emigrare rientra nella libertà personale ed ha a che vedere con la possibilità di fuggire a persecuzioni o minacce per motivi politici o religiosi, come purè con il diritto di cercare il proprio benessere e quello delle proprie famiglie. Ma, come dice Monsignor Crepaldi nel suo libro "Il cattolico e la politica", "non esiste invece un diritto assoluto ad immi-grare, cioè entrare in un altro Paese, questo perché ogni Paese ha diritto a proteggere se stesso e tutelare la propria identità culturale che in caso di immigrazione massiccia potrebbe essere messa in pericolo". E ancora: "Un Paese ha anche il diritto a selezionare gli ingressi, per motivi di sicurezza, per esempio, o di pace sociale, e a disciplinarli secondo criteri suoi propri" (Crepaldi, ibidem). Dietro le migrazioni non ci sono solo problemi giuridici, ma situazioni umane spesso difficili: se le "barriere" di ingresso ci vogliono, esse devono anche rispondere a esigenze umanitarie di accoglienza di chi è perseguitato, e in ogni caso davanti a un immigrato, anche clandestino, non cessano i doveri che si hanno nei confronti di ogni persona umana. Quando qualcuno approda, sia pure illegalmente, in un Paese, non perde il diritto umano di essere sfamato, dissetato, vestito e curato.
Ci troviamo davanti a tre distinti livelli del problema: i diritti umani elementari, che vanno garantiti a tutti (anche ai clandestini); i diritti del lavoro e sociali, che vanno garantiti da subito ai regolari; i diritti politici, la cui acquisizione deve richiedere invece, a mio avviso, molto tempo. Non è il caso infatti che questi diritti vengano concessi troppo presto: basti pensare che l'esercizio del diritto di voto si traduce nel potere di de¬lineare la direzione verso cui la società intera vuole andare. Non è perciò sufficiente che si impari la lingua o la Carta costituzionale, bisogna che si condividano i valori di fondo della società che si pretende di contribuire ad orientare, in una parola occorre un forte senso di appartenenza.
Ma cosa si intende per società multiculturale? È un concetto che non può significare che le varie comunità vivano ognuna separata dall'altra, nel ghetto proprio; questa non è integrazione, ma un accostamento caotico di diverse entità chiuse in se stesse che non comunicano fra loro. Così come non favorisce l'integrazione la costituzione di classi scolastiche composte tutte da alunni di una certa etnia culturale. E non favorisce l'integrazione nemmeno il permettere che gli antichi cittadini di un quartiere debbano abbandonare le case ove sono da sempre vissuti perché "invasi" da gente di diversa cultura che ha monopolizzato il territorio, come purtroppo è successo soprattutto in Europa.
Un tema strettamente connesso con tutto ciò è il criterio del rispetto delle regole. Si dice spesso: "Bisogna accogliere chi entra nella nostra società, ma nel rispetto delle regole". Il principio è corretto e l'esigenza è legittima. Però le regole rivelano sempre una cultura, non sono mai semplici procedure formali. E la cultura della legalità riguarda non solo gli ambiti del diritto e della legge, ma anche la concezione della persona e dei motivi del nostro stare insieme. Le nostre leggi sono frutto, talvolta riuscito tal¬volta meno, di secoli di storia, di influssi religiosi e filosofici, di un costume diffuso.
Non è quindi sufficiente rifarsi al rispetto delle regole, se a monte non si ha la piena consapevolezza che le nostre regole hanno un senso preciso ed esprimono, non solo una convenzione, ma anche dei valori. A questi valori bisogna educare i nuovi venuti, e per far ciò non è certo sufficiente un corso di poche ore sulla Costituzione.
Ma c'è un altro aspetto da considerare: il primo problema da affrontare, prima ancora di chiederci "chi sono loro", è "chi siamo noi". Per poter dialogare, e magari anche modificare alcune nostre idee e prassi consolidate, dobbiamo partire da una nostra identità. Diversamente ci sarà solo la marmellata di una caotica società multiculturale. Se ci guardiamo intorno, però, non vediamo una forte consapevolezza della grandezza e dei limiti della nostra cultura. Anzi, il relativismo culturale dilagante, è frutto di un relativismo etico più ampio e molto presente nella nostra vita quotidiana. Una società che non sa più cosa sia la famiglia, che contempla l'aborto o la possibilità di sottoscrivere un testamento biologico, che prevede il suicidio assistito, che non sa dire no alle coppie omosessuali che pretendono un riconoscimento giuridico, è una società che non sa più da dove viene, né verso dove vada. E questo qualunquismo rispetto alla nostra identità alimenta, da un lato, il massimalismo dei respingimenti e, dall'altro, il colpevole buonismo dell'accoglienza indiscriminata.
Insomma, le problematiche relative all'integrazione richiedono certamente un'attenzione ai diritti sia di chi accoglie sia di chi viene accolto. Ma oltre ai diritti dobbiamo ragionare anche sui doveri per costruire una vera cittadinanza. Sono temi importanti, di cui molto si parla e che meritano un approfondimento. È quanto il Movimento cristiano lavoratori farà a Napoli, nella conferenza nazionale su "Immigrazione nella legalità: identità e incontro", in programma l'11 e 12 febbraio prossimi.
Un'occasione in più per analizzare le diverse implicazioni che il fenomeno migratorio comporta, se vogliamo che si traduca in un incontro anziché in uno scontro.



LA LEGGE NEL MIRINO

Avvenire, 01-02-2011
GIACOMO GAMBASSI
MILANO - A inizio gennaio Rossella La Gatta della quinta sezione penale di Torino ha assolto B.T., un nigeriano clandestino finito in manette per non aver rispettato l'ordine di lasciare l'Italia firmato dal questore di Alessandria ad agosto. Invece, a Verona, dopo qualche giorno, il giudice Giorgio Piziali ha condannato a dieci mesi di carcere A.S., chiamato a rispondere dello stesso reato. Possibile che due casi identici portino a sentenze opposte? Sì, almeno da un mese a questa parte. Di mezzo c'è la legge Bossi-Fini che punisce con pene fino a cinque anni di reclusione l'irregolare rimasto nella Penisola. Una normativa che dal 24 dicembre si scontra con la direttiva europea sui rimpatri del 2008 che non prevede il carcere per i clandestini espulsi ma il «trattenimento» per «un periodo limitato» (al massimo 18 mesi) e che, secondo una parte dei magistrati, va applicata in Italia proprio dalla vigilia di Natale. Infatti quel giorno scadeva il termine per recepire la norma comunitaria a cui il Parlamento italiano doveva uniformare il testo unico sull'immigrazione. Invece l'adeguamento non c'è stato. Ed è scoppiato il caos nei tribunali per il contrasto fra le due discipline. Di fatto i giudici sono diventati battitori liberi ogni volta che viene fermato un immigrato col foglio di via in tasca. C'è chi ha scelto di far prevalere la normativa Ue più favorevole all'imputato; e chi ritiene che la direttiva non abbia efficacia diretta e quindi scrive le sentenze ispirandosi sempre alla Bossi-Fini. Di fronte alla babele interpretativa, i capi delle Procure hanno provato a metterci una pezza, almeno nel territorio di loro competenza. Col risultato, però, che basta spostarsi da un distretto
giudiziario all'altro per imbattersi in decisioni del tutto divergenti. Così accade che a Firenze il procuratore Giuseppe Quattrocchi abbia diramato un documento in cui sostiene la «non applicazione della norma incriminatrice (della Bossi-Fini, ndr) che comprime la libertà dello straniero» e che l'arresto del clandestino è «da considerarsi eseguito fuori dai casi previsti dalla legge».
Diverso l'orientamento che il procuratore generale di Torino, Marcello Maddalena, ha dettato in una circolare per «uniformare l'esercizio dell'azione penale» nel suo distretto. La comunicazione spiega che l'efficacia automatica della norma Ue «è stata da molti di voi (procuratori, ndr) e anche dal sottoscritto messa fortemente in dubbio» e che «non si è comunque verificata nessuna "abolitio criminis"». Di conseguenza occorre provvedere alla «richiesta di convalida» degli arresti.
Rientra nella "linea" fiorentina il procuratore di Pinerolo, Giuseppe Amato, che ha chiesto l'archiviazione dopo l'arresto di un clandestino espulso perché «il fatto non costituisce reato». A Cagliari il giudice Carlo Renoldi ha assolto un senegalese puntando sulla «disapplicazione amministrativa» del decreto di espulsione del prefetto. Anche a Brescia gli irregolari non finiscono più in tribunale. «In questo momento siamo di fronte a un vuoto normativo», ha dichiarato il procuratore capo Nicola Maria Pace. I nodi saranno sciolti dalla Corte di giustizia dell'Unione europea e dalla Cassazione. Ai giudici di Lussemburgo si sono rivolti sia i magistrati della prima sezione penale di Milano, sia un giudice di Rovereto che, sospendendo il processo a un clandestino, ha espresso «fondati dubbi di compatibilità» della Bossi-Fini con i «principi generali posti dal diritto comunitario in questa materia». Invece a Torino la Procura ha scelto di impugnare in Cassazione le sentenze di proscioglimento scaturite dalla «ritenuta immediata applicabilità della direttiva». La Cassazione dovrebbe pronunciarsi entro marzo, ma l'ultima parola sarà quella della Corte Ue che, però, affronterà il caso non prima di un anno. Nel frattempo la questione potrebbe finire anche di fronte alla Corte costituzionale se un magistrato ravvisasse l'incompatibilità della Bossi-Fini con i «vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario» indicati nell'articolo 117 della Costituzione.



Domani il “Capodanno Lunare”, festa per i cinesi e tutte le comunità dell’Estremo Oriente.

Alla mezzanotte del 2 febbraio il saluto all’Anno della Tigre ed il benvenuto a quello del Coniglio.
Immigrazione Oggi, 01-02-2011
Alla mezzanotte di domani, 2 febbraio, inizia l’anno del Coniglio e sarà la festa di capodanno per oltre 200 mila cinesi immigrati in Italia.
Roma, Napoli, Milano, Torino, Prato e molte altre città italiane vedranno una delle comunità immigrate più numerose del Paese salutare la Tigre e dare il benvenuto all’anno del Coniglio (o Lepre), il quarto dei dodici segni, corrispondenti ai 12 animali che, secondo la leggenda, si presentarono a davanti a Buddha.
Chiamato anche “Festa di Primavera”, “Chun Jie” o “Capodanno lunare”, il capodanno cinese è tra le ricorrenze dell’ex Impero Celeste più sentite.



ROM: MUORE DI POLMONITE A FIRENZE UNO DEI ROM DEL CAMPO DI QUARACCHI. LA DENUNCIA DI EVERYONE E OPERA NOMADI TOSCANA: “LA PROCURA VALUTI EVENTUALI RESPONSABILITA’ DELLE AMMINISTRAZIONI”.

EveryOne, Firenze 31 gennaio 2011
GLI ATTIVISTI: “FIRENZE E SESTO FIORENTINO PROVVEDANO A FUNERALI E PROCLAMINO LUTTO CITTADINO PER ONORARE LA VITA DI ION”
“Ion Grancea, 52 anni, romeno di etnia Rom che abitava nel campo di via del Ponte a Quaracchi 72 (Sesto Fiorentino), è morto questa mattina alle 9 all’ospedale fiorentino di Careggi, dove era ricoverato per insufficienza respiratoria e pregressa polmonite.” Ne danno notizia le organizzazioni umanitarie Gruppo EveryOne e Opera Nomadi Toscana. Ion era stato ricoverato al Careggi già a metà gennaio. Dimesso, era tornato a vivere nel campo, al confine tra Sesto Fiorentino e Firenze, oggetto di attacchi razzisti - l’ultimo, l’incendio doloso della notte di San Silvestro che ha devastato uno dei due capannoni abitati dai Rom - e di numerose ordinanze di bonifica e minacce di sgombero da parte del Comune di Sesto Fiorentino. Due giorni fa si era sentito male e, dopo essersi recato al Pronto Soccorso, era stato subito ricoverato. “Ion aveva partecipato, il 14 gennaio scorso, al presidio pacifico sotto gli uffici della Regione in via di Novoli, a Firenze, per chiedere ai sindaci della Piana, al Prefetto e all’Assessore regionale al Welfare Salvatore Allocca un’alternativa abitativa, un progetto di inserimento sociale e una minima assistenza. Purtroppo, la reiterata esposizione al freddo, la mancanza di un riparo adeguato per la notte, la tragica situazione igienico-sanitaria del campo, l’impossibilità ad accedere a cure mediche extra-ospedaliere e a seguire un tenore di vita sano hanno portato al conseguente deterioramento delle condizioni fisiche dell’uomo e, progressivamente, alla sua morte” commentano gli attivisti. “Avevamo già lanciato da fine dicembre l’allarme ai Comuni di Firenze e Sesto Fiorentino, alla Provincia di Firenze e alla Regione Toscana, sollecitando l’intervento della Protezione Civile per un tendone riscaldato e un presidio sanitario che scongiurasse il precipitare della situazione, ma tutti i nostri appelli sono rimasti inascoltati, e alla fine è accaduto ciò che temevamo” aggiungono EveryOne e Opera Nomadi Toscana. “L’indifferenza ha ucciso un innocente, e altrettanti, tra cui malati gravi come Ion, donne e bambini, stanno tuttora rischiando la propria vita, esposti a gelo e intemperie, senza che siano offerti loro ricoveri adeguati per l’emergenza freddo. Ci chiediamo quanti esseri umani dovranno ancora morire” affermano i rappresentanti delle due organizzazioni, “prima che le istituzioni della città si decidano a intervenire per soccorrere i Rom e iniziare un percorso serio e reale di integrazione. Per altro, la Croce Rossa Italiana ha manifestato in più occasioni alla Regione Toscana la propria volontà di attuare un progetto urgente per dare casa e lavoro ai Rom, ma ogni tentativo di incontro con l’assessore Allocca e con il Presidente Enrico Rossi è stato disatteso. Chiediamo ai Comuni di Sesto Fiorentino e Firenze di provvedere a funerali civili” continuano, “e proclamare il lutto cittadino per onorare la memoria di Ion, anche in virtù del fatto che ha sofferto un doloroso martirio e sacrificato la propria vita per restare vicino alla sua comunità chiedendone il rispetto dei diritti fondamentali. Infine, ci appelliamo alla Procura della Repubblica di Firenze, e in particolare al PM Christine Vor Borries, che già coordina l’indagine relativa al campo Rom di Sesto Fiorentino, affinché valuti eventuali responsabilità delle amministrazioni succitate relativamente alla mancata assistenza nei confronti di Ion Grancea e alla sua conseguente scomparsa”.
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