Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

28 febbraio 2011

L’esposto per la morte dei 4 bambini rom non è una provocazione
l'Unità, 26-02-2011
L’associazione A Buon Diritto ha presentato un esposto alla Procura contro il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, per il delitto di omicidio colposo. Egli, in quanto autorità di protezione civile, non avrebbe “neutralizzato eventuali fonti di pericolo”, e non avrebbe svolto la sua funzione di garante “rispetto a situazioni di rischio per l’incolumità degli abitanti del territorio”. All’origine dell’esposto c’è la morte di quattro bambini Rom avvenuta il 6 febbraio scorso nell’insediamento di via Appia Nuova 803, dopo che numerose circostanziate denunce, nelle quali si paventava anche “il pericolo di incendio”, erano state indirizzate al sindaco di Roma. E da lui completamente ignorate. L’esposto alla Procura di A Buon  Diritto, oltre alle scomposte reazioni del sindaco, ha destato notevole interesse e un interrogativo: si tratta di una provocazione politica? Proprio no. Nulla, più di quell’esposto, è lontano dalla “provocazione”. Al contrario, si parte da una dettagliata ricostruzione dei fatti, che permette la puntuale individuazione delle responsabilità (oltre quelle dei familiari, sulle quali già si indaga). Le responsabilità di chi venne allertato e non si mosse, di chi ricevette  tempestive segnalazioni e nulla fece, di chi aveva tutti i mezzi per intervenire e non vi fece ricorso. Quando si è in grado giuridicamente di “impedire un evento” dal quale possono derivare danni (in questo caso incalcolabili) e non si opera per rimuovere quell’evento, la responsabilità è lampante. La fattispecie penale è, appunto, l’omicidio colposo. In caso contrario, ci si dovrà rifare a quella maleodorante “spiegazione” che vede l’origine della tragedia in un intreccio tra fatalità (“può succedere”) e antropologia (“gli zingari sono fatti così”).



Replica del presidente del IX Municipio al sindaco di Roma Gianni Alemanno
Intervista a Susi Fantino
Italia-razzismo 25-02-2011
1 Le reazioni alla denuncia presentata contro il sindaco Alemanno per la morte dei quattro bambini rom non si è fatta attendere. Il portavoce del sindaco, Simone Turbolente, ha dichiarato che il campo segnalato da carabinieri e polizia municipale era stato sgomberato a dicembre e il rogo, dunque, sarebbe avvenuto altrove. E' così?
1) La segnalazioni fatte dai cittadini in primis, dai Carabinieri, dalla Polizia Municipale, dal Direttore del Municipio 9 e da me medesima si riferiscono tutti alla stessa area  proprietà ex Cotral e zone limitrofe - zona Torre del Fiscale - via Appia Nuova altezza del civico 803. Una volta all'interno dell'area non esistono suddivisioni di sorta e tutte le segnalazioni fatte al Sindaco e agli uffici competenti si riferiscono all'area nella sua interezza.
2 Nella vostra documentazione, esistono anche delle fotografie dei bambini che poi sono deceduti nel rogo del 6 febbraio?
2) Sappiamo che tale documentazione è nelle disponibilità della Polizia Municipale che ha effettuato il censimento
3 Non c'è dubbio alcuno, quindi, che si trattasse dello stesso campo e delle stesse persone?
3) Non c'è dubbio alcuno che si trattasse della stessa area e di persone già censite dalla Polizia Municipale.
 


LO SCIOPERO DEI LAVORATORI IMMIGRATI
La Stampa, 28-02-2011
WALTER PASSERINI
Domani 1° marzo scio-perano i lavoratori immigrati, tollerati co¬e prestatori d'opera, non riconosciuti come cittadini. È la seconda volta, dopo i fat¬ti di Rosarno, che i lavoratori e le lavoratrici straniere alzeranno la testa e incroceranno le braccia e andranno a sfilare nelle piazze delle nostre città, con un nastro giallo al braccio. Molti non lo faranno, perché perdere un giorno di lavoro può essere un lusso, altri parteciperanno a un momento simbolico che deve far riflettere.
I lavoratori immigrati producono in Italia il 15% del Pil, cifra per difetto, vista la presenza del lavoro nero. I 5 milioni di stranieri ci ricorderanno che la legge Bossi-Fini non funziona, che le quote e i flussi sono una finzione. Fanno sorridere amaramente i tre giorni dì click day appena trascorsi di fronte alla tragedia che stiamo vivendo con Libia, Tunisia, Egitto. Gli stranieri ci ricorderanno che l'Italia non ha una legge sul rifugio politico. Le cronache, per un giorno, non alimenteranno la paura di invasori e stupratori, ma racconteranno l'odissea di cittadini che fuggono dalla miseria e dalle dittature. Il primo marzo sarà una giornata contro tutte le forme di razzismo.
 


Immigrati: domani manifestazione a Roma contro razzismo e lavoro nero
Libero-news.it, 28-02-2011
Roma, 28 feb. (Adnkronos) - Il comitato 'Primo Marzo' organizza per domani una manifestazione sul tema immigrazione, che si terra' a Roma in piazza dell'Esquilino, per "dire anche quest'anno no al razzismo e allo sfruttamento sul lavoro e si' a un'Italia multiculturale e arcobaleno".
Spiegano i promotori: "Le altre parole chiave sono: diritto al lavoro, diritti nel lavoro, orgoglio per una nuova cittadinanza fondata sulla mixite', ma inevitabilmente anche sciopero". alla manifestazione, il cui coloro di riconoscimento sara' il giallo, vi saranno interventi, musica dal vivo e lettura di alcune pagine del libro "Verra' domani e avra' i tuoi occhi".
Il luogo della manifestazione, riferisce il comitato 'Primo Marzo', "e' cambiato: il Comune di Roma ha negato l'utilizzo di piazza Navona, luogo che si era scelto e di cui aveva dato la disponibilita' per ben due volte. Siamo stato dunque costretti a modificare il luogo, scegliendo piazza dell'Esquilino, sempre a Roma".



''24 ore senza di noi'': domani gli immigrati ci riprovano
Una giornata di sciopero contro il razzismo. Si ripete l'iniziativa di un anno fa.
il Salvagente.it, 28-02-2011
Serena Fiorletta
Incroceranno nuovamente le braccia, per un giorno intero, gli stranieri di tutta Italia.
Domani è infatti la giornata di sciopero dei migranti contro il razzismo, denominata “Ventiquattro ore senza di noi”, per far capire cosa accade nel paese se tutti i lavoratori immigrati si fermano per ben ventiquattro ore.
La protesta, che ritorna a distanza di un anno, chiede l'abolizione della legge Bossi-Fini, del contratto di soggiorno per lavoro, la chiusura dei Cie e il diritto al voto.
L'anno scorso mobilitate oltre 300.000 persone
Lo scorso 1° marzo oltre 300.000 persone si sono mobilitate in tutta Italia per dire no al razzismo e sì a una società multiculturale e più giusta.
"Vogliamo che le piazze italiane, il 1° marzo del 2011, tornino a colorarsi di giallo (il colore ufficiale della manifestazione) - si legge nel comunicato dei promotori - che vecchi e nuovi cittadini tornino a far sentire la propria voce e che i lavoratori usino gli strumenti a loro disposizione per dire no alle politiche di esclusione e alle discriminazioni”.
 Il diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia
In pratica per dire “per dire a gran voce che la Bossi-Fini va cambiata, che il diritto di cittadinanza deve essere riconosciuto a chi nasce e cresce in Italia, che il riconoscimento del diritto di voto amministrativo per gli immigrati non può più essere rimandato e che i Cie (Centri di identificazione ed espulsione) vanno chiusi perché sono inutili e illegali oltre che disumani" prosegue il siddetto comunicato.
Soffierà il vento del Nord Africa
E se lo scorso anno la vicenda di Rosarno era la triste eco della mobilitazione, quest'anno è inevitabilmente il vento di rivoluzione del Nord Africa che soffierà sulle piazze italiane.
“Le rivoluzioni di piazza che stanno attraversando il Nord Africa segnalano un’aspirazione alla libertà che ha nelle migrazioni una delle sue declinazioni e che sta portando a un prevedibile aumento degli sbarchi (mai interrotti) sulle nostre coste”, ricordano gli organizzatori.
E proseguono spiegando come “di fronte a tutto questo la risposta italiana si stia rivelando ipocrita e inadeguata poiché si evoca ancora una volta un inesistente “stato di emergenza” solo per non rispettare il diritto di asilo ed evitare di accogliere le persone che stanno arrivando sulle nostre coste”.
L'iniziativa si svolgerà in diversi paesi europei
Ma questo anno appena trascorso ha visto gli immigrati protagonisti di diverse forme di protesta e consapevolezza, dalla manifestazione dei braccianti indiani a Latina, allo sciopero delle rotonde in Campania, alle proteste di Brescia e di Milano contro la sanatoria truffa.
Anche per questo,  il Comitato primo marzo esplicita il “desiderio che il Primo Marzo 2011 sia una giornata ancora più partecipata del Primo Marzo 2010, che l'opzione sciopero generale sia rilanciata, che il respiro internazionale sia ancora più marcato e che si riesca a lasciare un segno ancora più profondo". L'iniziativa si svolgerà infatti in diversi paesi europei, come lo scorso anno.
Non è uno "sciopero etnico"
“Ma - concludono gli organizzatori – lo sottolineaiamo con forza, non si tratta di uno sciopero etnico: non è mai esistita e non esiste l'idea di uno sciopero etnico. In diversi territori sono già attivi percorsi che comprendono scioperi, presidi e manifestazioni. Crediamo che lo strumento dello sciopero sia il modo più forte per portare avanti questa lotta, migranti e italiani insieme contro i ricatti, contro il razzismo e contro lo sfruttamento”.



Anche quest´anno Sassari, come numerose città in Italia, si mobilita il 1° Marzo per dire no al razzismo, sulla scia del movimento che in Francia, dal 2008, organizza la Journée sans immigrés: 24h sans nous, lo sciopero degli immigrati
Manifestazione per i Diritti dei Migranti
Alguer.it, 28-02-2011
SASSARI - Cosa succederebbe se i quattro milioni e mezzo di immigrati che vivono in Italia decidessero di incrociare le braccia per un giorno? E se a sostenere la loro azione ci fossero anche i milioni di
italiani stanchi del razzismo? Anche quest'anno Sassari, come numerose città in Italia, si mobilita il 1° Marzo per dire no al razzismo, sulla scia del movimento che in Francia, dal 2008, organizza la Journée sans immigrés: 24h sans nous, lo sciopero degli immigrati.
«Migranti e italiani, assieme in piazza, a mostrare con la nostra presenza l'urgenza che sentiamo: vogliamo porre limite alle discriminazioni e lavorare per colmare le disuguaglianze. Lo facciamo tutti i giorni, ma dedichiamo una giornata alla nostra città, per renderla plurale e aperta. Per far sentire la nostra voce, tanto più ora che sulle nostre coste arrivano giovani con la loro domanda di futuro. Il vento del cambiamento si può alzare anche dove sembra più difficile».
Lo scorso Primo Marzo oltre 300mila persone si sono mobilitate in tutta Italia per dire no al razzismo, alla legge Bossi-Fini, al pacchetto sicurezza, ai Cie, e per affermare una società più giusta. In molte città lavoratori italiani e migranti hanno scelto di scioperare insieme, uniti dalla consapevolezza che il razzismo istituzionalizzato, le politiche di esclusione, lo sfruttamento del lavoro, le violazioni dei diritti sono tasselli di un’unica strategia repressiva che, a partire dai più vulnerabili e ricattabili, aspira a colpire tutti e a imporre la precarietà come orizzonte di vita.
La responsabilità di questa deriva razzista ci coinvolge tutti. Una società che si abitua alle disuguaglianze è destinata a perdere il senso della giustizia. La manifestazione partirà alle ore 16.30 da Piazza del Comune, proseguirà con un breve corteo per Corso Vittorio Emanuele e si concluderà con un sit-in in Piazza Azuni dalle 18.00 in poi. Alle 17.00 una delegazione del comitato entrerà nella sala consiliare del Comune di Sassari per leggere e consegnare ai membri del Consiglio Comunale, riuniti in seduta, un documento con le rivendicazioni e le proposte che il comitato porta avanti.
Corteo e sit-in saranno animati dai percussionisti dell'Associazione “Amico del Senegal Batti Cinque”. Migranti e stanziali, residenti e di passaggio, chiunque abbia a cuore la tutela dei diritti, condivida il
rifiuto del razzismo e voglia manifestare il proprio desiderio di una società più equa, è invitato a partecipare all’iniziativa, per dimostrare quanto sia determinante la presenza dei migranti per lo
sviluppo culturale, sociale, economico e politico delle società.


 
Risponde Sergio Romano
IMMIGRAZIONE CLANDESTINA I COMPITI DELL'UNIONE EUROPEA
Corriere della Sera, 28-02-2011
Il commissario della Ue Anna Malmstróm da una parte dice che l'Italia deve accogliere i profughi. Dall'altra però, quando le si fa notare che il nostro Paese non può ospitarli tutti, sostiene che la Ve non può imporre alle altre nazioni di organizzarne una ripartizione. E allora dov'è tutta questa Unione europea? Io vedo tanta ipocrisia europea!
Walter Dossi Cologno Monzese (Mi) Caro Dossi,
Tutti i membri dell'Unione Europea, e in particolare quelli meno esposti ai rischi dell'immigrazione clandestina, vogliono essere in grado di affrontare il problema con i propri criteri e metodi senza lasciarsi dettare da altri il modo in cui la loro polizia e la loro magistratura dovrebbero comportarsi. L'uso delle forze dell'ordine rientra fra le prerogative sovrane di ogni Stato ed è conservato con gelosia soprattutto in una fase in cui i cittadini di tutte le democrazie occidentali temono l'«invasione» e non mancherebbero di fare pagare ai loro governi il prezzo di una politica troppo remissiva e conciliante. È un atteggiamento poco europeo, ma posso comprendere che i governi esitino prima di delegare una parte delle loro funzioni a un organo comunitario.
Il  guaio, caro Dossi, è che questo atteggiamento è incompatibile con il Trattato di Schengen per la libera circolazione senza passaporto attraverso i territori dei 27 Stati che lo hanno firmato e ratificato. Questi Paesi hanno ormai una frontiera comune. Coloro che entrano nell'area Schengen da Sud 0 da Nord possono essere soggetti successivamente a un controllo di polizia, ma hanno buone possibilità di raggiungere indisturbati qualsiasi destinazione all'interno dell'area. Fu evidente sin dall'inizio che il controllo della frontiera avrebbe dovuto comportare un impegno collettivo. Ma prevalse il criterio di sussidiarietà e fu deciso che ogni Stato avrebbe continuato a occuparsi del suo vecchio confine. Questa, del resto, è la formula adottata con il trattato di Maastricht per la creazione dell'euro. I Paesi dell'eurozona avrebbero usato la stessa moneta e fatto una stessa politica monetaria, ma ogni Paese, dell'eurozona sarebbe stato responsabile della vigilanza sul proprio sistema bancario. La grande crisi del 2009 ha dimostrato che la vigilanza nazionale è ormai insufficiente e lUe è corsa ai ripari creando un comitato di studi da cui è emersa la proposta di quattro agenzie che verrebbero incaricate di vigilare sull'intero sistema bancario e assicurativo dell'eurozona.
Ciò che sta accadendo nel Mediterraneo potrebbe avere per la gestione della frontiera comune gli stessi effetti della crisi del credito sulla vigilanza del sistema bancario. I Paesi di Schengen potrebbero finalmente comprendere che non può esservi frontiera comune senza impegno collettivo, che i criteri per i respingimenti e per la concessione del diritto d'asilo non possono cambiare da un Paese all'altro, che i costi della vigilanza vanno adeguatamente ripartiti. Sarà bene ricordare con l'occasione che la frontiera del Mediterraneo non è la sola per cui gli europei debbano agire di comune accordo. Il valico più frequentato e peggio gestito è probabilmente quello della frontiera greco-turca: una porta verso l'Europa da cui sono passate in questi ultimi tempi migliaia di persone provenienti dal Medio Oriente, dall'Asia centrale e dall'Asia orientale. Il problema ormai è europeo e non può più essere affrontato con strumenti esclusivamente nazionali.



Via dei Villini, un rifugiato denuncia violenze. Il Comune ospita gli sgomberati
I 100 somali sgomberati da via dei Villini, dopo una notte trascorsa all'aperto, sono stati smistati in tre strutture del Comune. Intanto un giovane somalo racconta di essere stato ferito dalla polizia
Roma today, 28/02/2011
Una notte all'addiaccio e un lungo pomeriggio di proteste. Alla fine per i 100 rifugiati somali, sgomberati dall'ambasciata abbandonata di via dei Villini, teatro sabato di una violenza sessuale ai danni di una ventenne, è stata trovata una soluzione. Saranno infatti ospitati, fino a quando le temperature non saranno più miti, nelle strutture di via Silicella 10 (Torre Maura), del sottopasso Eur-Fermi e in via di Torre Branca (Appio Claudio).
Nella giornata di ieri la tensione era salita a livelli preoccupanti. Infatti, dopo la notte tra sabato e domenica passata praticamente all'aperto, i 100 profughi si sono riuniti in piazza Indipendenza per poi recarsi in Campidoglio dove hanno manifestato per chiedere un posto dove dormire.
"Si tratta di persone che da due giorni vivono senza mangiare e senza casa. Già di tre di loro sono stati ricoverati in ospedale per malanni vari. Chiediamo al Campidoglio di farsi carico di questa emergenza perché i rifugiati vanno tutelati per legge", spiegava ieri pomeriggio il responsabile romano dell'Arci immigrazione Claudio Graziano presente al sit-in sotto al Campidoglio.
"Tutti siamo convinti che le persone che si sono macchiate di quell'orrendo delitto debbano essere processate - proseguiva Graziano -, ma è sbagliato coinvolgere un'intera comunità che peraltro versa da tanti anni in uno stato di bisogno ed emarginazione".
La protesta ha sortito gli effetti desiderati. Il Comune ha infatti sistemazione nei tre centri per l'emergenza freddo dove sono stati trasportati con alcuni pullman forniti dall'amministrazione capitolina.
La giornata di ieri si è conclusa con la denuncia della presidente delle donne somale Lul Mohamed Osman: “Un giovane somalo ci ha detto di essere stato ferito dalla polizia durante alcuni momenti di tensione avvenuti ieri sera, quando un gruppo di profughi somali é tornato davanti all'edificio dell'ex ambasciata del proprio paese, sgomberato da qualche ora per chiedere un alloggio. Il giovane, che ha una ferita alla testa e sul labbro, è stato medicato al pronto soccorso ma ora è in strada e sta meglio”.



Stupro Roma/ Boldrini: la situazione del villino era ben nota "Vicenda dolorosa" nell'ex sede dove erano accampati i rifugiati
Virgilio 27-02-2011
Gli eventi della notte scorsa a via dei Villini a Roma, dove una giovane ragazza italiana di origine croata sarebbe stata stuprata all'interno dell'ex ambasciata somala, rappresentano "una vicenda dolorosa che ci lascia sgomenti e su cui bisogna fare chiarezza". Ma Laura Boldrini, portavoce in Italia dell'Alto Commissariato Onu per i rifugiati, è preoccupata anche per le oltre cento persone che da anni vivevano accampate nel villino abbandonato senza acqua nè luce e in condizioni igieniche disastrose. Persone da tempo identificate come somali con protezione internazionale, e ora sgomberate dalla polizia. Ieri notte, due pullman hanno trasportato gli occupanti del villino in Questura per le procedure di identificazione. "La situazione è nota e negli anni non è mai cambiata" dice Boldrini a TMNews, "nonostante le ripetute sollecitazioni che l'Unhcr ha fatto alle istituzioni. La fase più recente di questa vicenda" ricorda, "risale a dicembre scorso quando effettuammo un nuovo sopralluogo. In seguito si è riunito, una sola volta, un tavolo con tutte le istituzioni di riferimento: la Provincia, il Viminale, il Comune, la Regione, la Prefettura, le associazioni di tutela... In quell'unica occasione abbiamo sottolineato la necessità di trovare soluzioni e denunciato il livello di degrado in cui vivevano queste persone. All'epoca erano circa 140 e avevano tutte un regolare permesso di soggiorno, o avevano già ottenuto protezione internazionale o erano dei cosiddetti "casi Dublino", cioè persone che avevano chiesto asilo, poi erano andate all'estero e poi in base alla normativa di Dublino erano state rimandate in Italia. Abbiamo chiesto allora di attivare un tavolo per cercare soluzioni e vagliare le opzioni. Da allora non c'è stata più nessuna convocazione". E adesso? "Adesso siamo in contatto con le associazioni di tutela e a breve chiameremo la Questura per capire cosa succederà a questo numero rilevante di persone, e a coloro non ha nulla a che fare con il terrificante evento della notte scorsa". E Boldrini auspica, "ora che i somali sono stati portati via speriamo che sia l'occasione per trovare loro altrove una sistemazione dignitosa".



Via dei villini
(AGI) - Roma, 26 feb. - "Lo stabile di via dei Villini va immediatamente sgomberato e i settanta rifugiati politici somali che lo occupano vanno espulsi". Lo ha detto il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, al termine dei vertice in prefettura convocato dopo il denunciato stupro di una ragazza italiana avvenuto la notte scorsa in un edificio di proprieta' dell'ambasciata somala. Edificio che, secondo Alemanno, "va chiuso: o l'ambasciata, che non ne ha piu' il possesso, e' in grado di controllarlo o va murato". "Questa ragazza italiana di 24 anni - ha precisato Alemanno - e' arrivata, sembra volontariamente in via dei Villini e li' e' avvenuto il gravissimo misfatto: quello stabile non puo' piu' essere un luogo di criminalita' e spero che nessuno si metta a difendere ancora una volta quell'occupazione. Chiediamo che i colpevoli vengano perseguiti in tutti i modi e che le persone li' presenti vengano espulse, perche' e' impensabile che una ragazza venga violentata da 4-5 persone e che un reato cosi' grave passi inosservato". Oltre al sindaco e al prefetto all'incontro di palazzo Valentini stamani hanno partecipato anche il Questore Francesco Tagliente, il Comandante Provinciale dei Carabinieri Maurizio Mezzavilla, l'ambasciatore somalo e un funzionario della Farnesina. "Lo stabile di via dei Villini - ha aggiunto Alemanno - e' occupato da cosiddetti rifugiati politici somali, era gia' stato sgomberato il 12 novembre scorso per un'operazione antidroga e poi, a seguito di una forte pressione politica da parte di piu' movimenti di sinistra che avevano protestato, e' stato rioccupato da questi rifugiati". Alemanno ha quindi attaccato le interrogazioni parlamentari proposte da molti onorevoli di centrosinistra che "accusavano la polizia di aver usato brutalita' e quindi hanno creato una forma di solidarieta' intorno a quella occupazione.
  Non parlo di responsabilita' politica - ha concluso - ma denuncio questo atteggiamento di generica tolleranza che spesso genera situazioni analoghe".
ROMA - «Ero al primo piano quando in tanti abbiamo saputo quello che era successo: c'è stata una lite perchè alcuni di noi volevano avvisare la polizia e altri no. «Alla fine mi pare sia stata contattata. La ragazza è scappata in lacrime dall'edificio lasciando sul posto i suoi pantaloni. Lo stupro è avvenuto al piano terra, in quella che una volta era la sala delle conferenze dell'ambasciata». A raccontare gli attimi subito dopo lo stupro della giovane di 20 anni a Roma è stato uno dei somali che ieri si trovava sul posto dove è avvenuta la violenza, nell'edificio dell'ex ambasciata somala. «Forse i colpevoli dell'episodio sono da cercare tra i soliti pericolosi - ha aggiunto -, gente che noi abbiamo sempre isolato, sono circa una decina».
«Abbiamo denunciato noi il fatto. Uno di noi, Mohammed Ibrahim, ha chiamato la polizia e abbiamo trattenuto due sospetti. L'altro è fuggito». È quanto ha affermato uno degli occupanti dell'ex ambasciata somala di via dei Villini, a Roma, dove la scorsa notte una giovane italiana è stata violentata. Zacaria, uno dei rifugiati che abitava nell'edificio, ha raccontato di «non aver visto nulla, ma di essere stato presente quando è successo il fatto». «Siamo stati noi a denunciare lo stupro - ha aggiunto - e abbiamo trattenuto due persone mentre l'altro è fuggito, non conosco il suo nome ma potrei riconoscerlo». Un altro dei residenti, Vashir Doale, ha invece denunciato di «essere stato malmenato e derubato da due agenti delle forze dell'ordine» quando la polizia è intervenuta per sgombrare l'edificio. Il somalo ha anche mostrato una piccola ferita alla testa denunciando «di essere stato privato di circa 500 euro». I due rifugiati, insieme ad un altro gruppo di occupanti dell'edificio, sono stati i primi a tornare in via dei Villini dopo l'identificazione fatta in Questura e ora sono in attesa all'esterno dell'edificio dove è in corso una derattizzazione



Via dei Villini, tutti sapevano
Affaritaliani.it, Lunedí 28.02.2011
di Eugenio Patanè e Silvio Di Francia,
Presidente e membro dell’Esecutivo del PD di Roma
“Prima che il Sindaco Alemanno si lanci in una delle sue intemerate dichiarazioni contro la strumentalizzazione politica o attenuazione delle proprie responsabilità (come sta facendo in queste ore) , occorre ricordare alcuni fatti non smentibili.
La violenza subita da una giovane donna suscita in tutti noi il massimo sdegno. La situazione di via dei Villini, dove si trovavano oltre 150 rifugiati somali, era stata più volte segnalata in conferenze stampa (l’ultima il 30 dicembre), incontri presso la Prefettura (il 20 di gennaio), in sopralluoghi compiuti insieme al presidente del III Municipio, che a sua volta insieme al Partito Democratico di Roma aveva lanciato un appello pubblico proprio al Sindaco per affrontare una situazione di degrado assoluto, disperato e accertato.
La risposta ha oscillato tra il silenzio e la presenza burocratica di un funzionario dell’amministrazione comunale in vece del Sindaco e dell’Assessore alle Politiche Sociali al tavolo convocato dal Prefetto.
Ancora ieri il Presidente del III Municipio, Dario Marcucci, incontrava esponenti delle associazioni per tentare, pur non avendone la competenza, interventi tesi  a sollecitare l’amministrazione e ad attenuare, per quanto possibile, la pericolosità delle condizioni di vita che lì si erano determinate.
Il Sindaco, dunque, sapeva, così come sapeva la sua amministrazione. Nulla in tutti questi mesi è accaduto, in presenza, oltretutto, non di clandestini - come è stato affermato - ma di rifugiati, per i quali dovevano essere attivate, almeno, quelle iniziative minime di intervento e buon senso che attengono le prerogative di un grande comune.”



Roma, 26 feb. - (Adnkronos) - ''I somali sono tutti in questura dove e' in corso la loro identificazione. L'ambasciatore somalo e le persone oggi presenti hanno detto che per loro sono dei delinquenti''. Lo ha detto il sindaco di Roma Gianni Alemanno al termine del vertice a palazzo Valentini con il prefetto Giuseppe Pecoraro, il questore Francesco Tagliente, il comandante provinciale dei Carabinieri Maurizio Mezzavilla, l'ambasciatore somalo e il delegato alla sicurezza del sindaco Giorgio Ciardi, sullo stupro di gruppo ai danni di una giovane italiana avvenuto la scorsa notte nella sede della ex ambasciata somala in via dei Villini a Roma.
Quanto al controllo dell'edificio, il sindaco ha sottolineato che ''l'extraterritorialita' non significa permettere che possano avvenire reati in quella realta'. Non puo' essere una foglia di fico dietro cui nascondersi''.
E poi ha attaccato le sinistre: «Dopo il primo sgombero ci sono state diverse interrogazioni parlamentari del centrosinistra in cui si accusava la polizia di aver usato brutalità in questo stabile, che hanno creato una sorta di solidarietà intorno a quell'occupazione. Quindi denuncio il solito atteggiamento di generica tolleranza, non parlo di responsabilità politica, che spesso genera situazioni analoghe».
corriere
"L'ambasciatore somalo e le persone oggi presenti hanno detto che per loro quei somali sono dei delinquenti. Hanno la qualifica di rifugiati, ma hanno anche reati sulle spalle e l'ambasciatore non ha un buon giudizio di loro". Lo ha detto il sindaco di Roma Gianni Alemanno tornando sullo stupro di una giovane donna, avvenuto ieri sera. "Quel gruppo che occupava lo stabile sembra fosse dedito a traffici illegali", ha aggiunto il sindaco precisando che "i 70 somali sono tutti in Questura dove in corso la loro identificazione". Il sindaco - che ha ribadito l'auspicio che i colpevoli vengano perseguiti in tutti i modi e che le persone lì presenti vengano espulse - ha spiegato che l'extraterritorialità che dovrebbe vigere su quell'edificio "non significa permettere che possano avvenirvi reati, non può essere quindi una foglia di fico dietro cui nascondersi".



Via dei Villini, Hotel Disperazione tanti allarmi e uno sgombero inutile
Da 3 mesi Comune e Prefettura conoscevano l´emergenza somali Il 20 gennaio un vertice con gli enti locali per mettere a punto un progetto legato ai fondi Ue
la Repubblica, 27-02-2011
GIOVANNA VITALE
Tutti sapevano. Da almeno tre mesi Campidoglio, prefettura e Viminale erano perfettamente a conoscenza delle drammatiche condizioni in cui vivevano centinaia di somali, accampati tra topi ed escrementi nell´ex ambasciata a due passi da Porta Pia. Addirittura più di un anno fa il rappresentante del governo africano in Italia si era rivolto al presidente del III municipio, Dario Marcucci, per esprimergli la volontà di tornare in possesso dell´edificio occupato: richiesta che il minisindaco, senza poteri per intervenire, aveva consigliato di girare al sindaco Alemanno e al prefetto Pecoraro. Rimasta però inascoltata. Come le decine di lettere, segnalazioni, persino interrogazioni parlamentari presentate dall´11 novembre in poi. Allorché il fatiscente palazzo di via dei Villini viene sgomberato dalla polizia in seguito a una vasta azione anti-droga: nella notte un centinaio fra rifugiati e richiedenti asilo finiscono in questura, identificati e poi lasciati liberi di tornare là dove abitavano perché in regola con i documenti.
È da lì che tutto inizia: l´operazione fa rumore e sull´Hotel Disperazione si accendono i fari. Da quel momento Shukri Said, giornalista e portavoce dell´associazione Migrare, scrive più volte all´assessore alle Politiche Sociali Sveva Belviso e al suo capo dipartimento Angelo Scozzafava per raccontare «il lager dove vivono persone che facevano lavori normali a Mogadiscio quando è scoppiata la guerra e ora si trovano in una condizione subumana». Reazioni? Nessuna: «So per certo che hanno ricevuto le mie lettere ma non ho avuta alcuna risposta», rivela. Stesso destino per l´interrogazione al ministro Maroni depositata il 19 novembre da un gruppo di deputati capeggiati da Rita Bernardini e Beppe Giulietti: alla domanda «se il governo non ritenga opportuno risolvere nel più breve tempo possibile la situazione di assoluto degrado in cui sono costretti a vivere i rifugiati politici somali attualmente dimoranti all´interno dei locali dell´ex ambasciata a Roma, offrendo loro una adeguata rete di assistenza e sostegno materiale», segue il silenzio più totale.
La mobilitazione non si ferma. Il 21 dicembre il Medu (Medici per i diritti umani, che attraverso una propria unità mobile fornisce assistenza in via dei Villini) fa un appello a tutte le istituzioni - Comune, Provincia, Regione, Viminale - perché pongano fine a questo «inferno dei viventi» individuando subito «soluzioni di accoglienza dignitose». Otto giorni dopo tocca all´Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) esprimere «profonda preoccupazione per il degrado riscontrato all´interno dell´edificio» e, giudicando «al di sotto di ogni minimo standard la condizione di vita dei circa 140 profughi che abitano nello stabile da molti anni», chiedere a Campidoglio e Prefettura «la creazione di un tavolo finalizzato a trovare urgentemente una soluzione sostenibile». Ma nulla ancora si muove. Neppure quando, i primi dell´anno, un gruppo di associazioni (fra cui "A buon diritto", Cir e Articolo21) organizza una conferenza stampa per denunciare l´indecenza e i pericoli di quella polveriera nel cuore di Roma.
Nel frattempo, il presidente del III municipio, consapevole che quella terra di nessuno stava diventando ostello per criminali, si trasforma in un martello. E insiste per ottenere un vertice in prefettura allargato a Comune, Provincia e Regione. Avverrà il 20 gennaio: di nuovo parole e tante promesse. Con il prefetto vicario che invitava tutti gli enti locali a presentare un progetto per i rifugiati, così da attingere ai fondi europei, e il minisindaco Marcucci a lanciare l´allarme per «un´emergenza che non consente altri differimenti». I fatti, un mese dopo, gli hanno dato ragione.



ROMA: PD, NO A DEPORTAZIONE DI GRUPPO MA RICERCA E CONDANNA COLPEVOLI
(ASCA) - Roma, 26 feb - ''Nessuna deportazione di gruppo ma una ricerca e una dura condanna delle responsabilita' individuali''.
Cosi' Marco Pacciotti, coordinatore Forum immigrazione e Amedeo Piva, vice segretario Pd Roma, sulla proposta di Alemanno di espellere i 70 somali rifugiati nello stabile di via dei Villini.
''Le affermazioni di Alemanno sono irresponsabili. Va accertata la responsabilita' di chi ha commesso il reato, un atto abominevole che va perseguito come previsto dalle nostre leggi con la detenzione ma, di certo -aggiungono-, non con una espulsione di gruppo. Queste persone che avevano preso rifugio nella ex sede dell'ambasciata somala, sono dei profughi e come tali sono sotto protezione dello Stato italiano. La scelta di chiudere la sede dell'ex ambasciata somala e' giusta, visto le condizioni di degrado in cui versa. E', tuttavia, altrettanto giusto che chi gode della protezione dello Stato italiano possa usufruire delle garanzie e dei sostegni previsti dagli accordi internazionali e dal Trattato di Dublino''.



Sui flussi verso l'Italia pesa l'effetto domino
Diventa decisiva l'instabilità dell'area sub-sahariana
il Sole, 28-02-2011
Francesca Padula
La crisi del Nordafrica sarà proprio un terremoto che stravolgerà la geografia dell'immigrazione? Non è detto. L'effetto domino è dietro l'angolo, ma la composizione finale dei flussi non sarà necessariamente sbilanciata sul nostro paese. Diversi i fattori (e le incognite) in gioco.
Occhi puntati sulla Libia, come suggerisce qui a fianco l'esperto di relazioni internazionali Vittorio Emanuele Parsi, perché l'evoluzione della settimana che inizia oggi sarà decisiva per capire tempi e modi della nuova geografia delle migrazioni mediterranee. E massima allerta su tutta l'Africa sub sahariana, che il demografo Gian Carlo Blangiardo definisce una «bomba ad alto potenziale migratorio», perché, «se non la si disinnesca in fretta e con gli strumenti adeguati, potrebbe veramente diventare un pericolo; e non solo per l'Italia». Quest'ultima è l'ombra vera. Dietro il Maghreb potrebbe bruciare tutto un continente ed è impossibile sapere se e quanto ci potrebbe essere un riassestamento di popolazione interno ai paesi africani.
Sui numeri degli sbarchi di persone arrivate a Lampedusa il Viminale aggiorna (di ora in ora) sia il bilancio sia le stime della fiumana umana che po-trebbe approdare sulle nostre coste. Cinquantamila, è una delle ultime proiezioni. Per fare un confronto basta rispolverare gli sbarchi in Sicilia già visti nemmeno tanto tempo fa. Estate 2008: «Anno record per gli arrivi a Lampedusa» -titolano i giornali - «Si scappa da governi instabili». Nello stesso giorno, altre due notizie emblematiche valide allora come oggi: «Una spinta dal rincaro del petrolio», poi «Rifugiati in calo, non in Italia». Dodicimila persone in sei mesi, una media di 66 al giorno.
L'incognita di oggi si chiama Libia perché all'esplosione politica si aggiunge il fatto che il paese è finora stato a sua volta una meta di immigrazione. Secondo le ultime elaborazioni del Carim -centro di ricerca sulle migrazioni nel Mediterraneo presso l'Istituto universitario europeo di Firenze - gli immigrati regolari in Libia sono circa 36omila, a cui si aggiunge quasi un milione di irregolari. Arrivano dai paesi confinanti: Egitto (46%), Sudan (12%), Chad (6%), Tunisia (4%). Ma la Libia è anche paese di transito per molti immigrati dell'Africa sub sahariana. Si tratta spesso di un viaggio a tappe che passa per località come Agadez, Cufra, Gao, alcuni dei più noti "hub migratori", punti di raccolta e smistamento dei migranti che arrivano dalle regioni periferiche dell'Africa.
Queste città, come gli hub aeroportuali, sono un punto di passaggio pressoché obbligato per proseguire il viaggio verso l'Europa. L'oasi di Cufra, ad esempio, è da anni un incrocio per egiziani, somali, eritrei, libici, perfino coreani. Qui passano, come in altri "centri di smistamento" circa 10mila persone al mese. Il prezzo del "biglietto" per la traversata? Da 1.800 a 3.200 euro, ma anche meno: più il viaggio è incerto e rischioso, meno costa.
Ma dopo il viaggio dalla Libia il traguardo non è il permesso di soggiorno per lavoro. Secondo un'indagine del Network euromediterraneo dei diritti dell'uomo, i tunisini sbarcati in questi giorni sono «giovani, istruiti, disoccupati. Provengono dalla regione al confine con la Libia, pensano di «lavorare e poi tornare a casa». In realtà, oggi come nel 2008, all'arrivo inizia la lunga procedura dell'identificazione e della richiesta di asilo politico o di protezione umanitaria.
Intanto gli esperti invitano alla massima prudenza sulle previsioni dell'emergenza-clandestini. La girandola di numeri di queste settimane testimonia l'incertezza: le prime stime parlavano di 80mila clandestini, qualche giorno dopo si è arrivati 30omila, poi la cifra è salita addirittura a un milione e mezzo.



PROFUGHI, ALLAM: REGOLAMENTARE FLUSSI E INVESTIRE IN PAESI NORD AFRICA
il Giornale.it, 28-02-2011
"In Lombardia è necessario affermare delle regole che regolamentino i flussi degli immigrati". Lo ha dichiarato oggi il leader del movimento "Io Amo l'Italia", Magdi Cristiano Allam, intervenuto sul problema della grossa quantità di immigrati che nelle prossime settimane potrebbero spostarsi dalla Libia a Milano e nel resto della Lombardia. "E' necessario anche fare un investimento forte in quei paesi affinchè possa esserci una classe media, dei piccoli e medi imprenditori che si radichino sul territorio e scelgano di vivere a casa loro perchè abbiano degli interessi da coltivare - ha aggiunto Allam a margine del congresso nazionale del suo movimento - e l'immigrazione non sia frutto di una costrizione per fuggire dalla guerra, dalla miseria e dalle ingiustizie, ma una libera scelta". Per il giornalista, "siamo fortemente corresponsabili di tutto ciò che accade" in Libia, "perchè, dal dopoguerra a oggi, ci siamo limitati a occuparci soltanto della dimensione materiale e non ci siamo minimamente preoccupati di ciò che è la democrazia e il rispetto dei diritti fondamentali della persona".



Immigrazione: bruciate sei stanze in Cie Gradisca
In struttura restano 105 clandestini in sistemazioni di fortuna
(ANSA) - GORIZIA, 27 FEB - Sei stanze del Centro di identificazione ed espulsione di Gradisca d'Isonzo (Gorizia) sono state date alle fiamme oggi.
I danneggiamenti sono iniziati intorno alle ore 14.00, in una struttura che gia' nel corso della settimana e' stata interessata da roghi appiccati con l'intenzione di danneggiare e rendere inservibile il Cie. Al momento resta agibile una sola stanza della cosiddetta ''zona rossa'', con otto posti letto. I 105 clandestini ospitati nel Cie sono stati ridistribuiti negli spazi comuni, con sistemazioni di fortuna. (ANSA).



IMMIGRATI: ISTAT, IN ITALIA MEZZO MILIONE DI FAMIGLIE MISTE
(AGI) - Roma, 28 feb. - L'Italia e' sempre piu' un variegato puzzle etnico: delle oltre due milioni di famiglie con stranieri nel nostro paese, il 22,6 per cento, ossia circa mezzo milione, sono famiglie "miste", frutto di un unione tra italiani e immigrati. Lo rileva l'indagine Istat 'Le famiglie con stranieri: indicatori di disagio economico' riferita al 2009. Alla fine del 2009, i cittadini stranieri residenti in Italia sono poco piu' di 4 milioni e 235 mila, con una distribuzione piuttosto disomogenea sul territorio (il 35 per cento nel Nord-ovest, il 26,6 per cento nel Nord-est, il 25,3 per cento nel Centro e il 13,1 per cento nel Mezzogiorno). Le famiglie in cui e' presente almeno un componente straniero ammontano invece a 2 milioni e 74 mila, l'8,3 per cento del totale delle famiglie. Tra queste, il 22,6 per cento e' costituito da famiglie miste, in cui sono presenti, cioe', sia italiani sia stranieri; data l'alta quota di famiglie straniere composte da un solo individuo, tale percentuale sale al 35,3 per cento se consideriamo le famiglie composte da almeno due persone. Le condizioni di vita delle famiglie miste risultano essere migliori rispetto a quelle delle famiglie di tutti stranieri, ma sicuramente peggiori di quelle costituite solamente da cittadini italiani. Ad eccezione delle famiglie con persona di riferimento di cittadinanza polacca (33 per cento sul totale di famiglie, il 55 per cento se consideriamo soltanto le famiglie con almeno due componenti), nessuna tra le 13 cittadinanze maggiormente presenti nel nostro Paese presenta un'incidenza di famiglie miste superiore alla media (22,6 per cento). Si tratta di un risultato dovuto al fatto che le famiglie con stranieri provenienti dai paesi sviluppati sono caratterizzate da quote di famiglie miste decisamente piu' elevate. Spicca, tuttavia, l'incidenza delle famiglie miste tra quelle con persona di riferimento tunisina (22,4 per cento), ucraina (22,3 per cento), moldava (19,1 per cento) e peruviana (18,3 per cento). Meno diffuse, invece, le famiglie miste nelle comunita' asiatiche (6,9 per cento l'indiana, 8,8 per cento la cinese e 8,9 per cento la filippina), ma anche in quella macedone (11,8 per cento) e marocchina (13,2 per cento).



Napoli, Immigrazione e Salute "Melicù Donna"
Julie nesws.it 28-02-2011
Domani, Martedì 1 Marzo 2011, dalle ore 9.30 alle 13.30, presso la Sala Biblioteca dell’ Università degli Studi di Napoli Federico II, in Via Pansini 5 – edificio 9, si svolgerà il seminario “La Salute della donna migrante. La Mediazione Culturale nei Servizi Socio-Sanitari”; incontro promosso dalla Cooperativa Sociale Dedalus nell’ ambito di “Melicù Donna”: progetto realizzato in collaborazione con l’Istituto Nazionale per la Salute, i Migranti e la Povertà e il dipartimento di Scienze Ostetrico Ginecologiche, Urologiche - Medicina della riproduzione dell’Università Federico II. Aspettative delle mediatrici culturali, difficoltà di lavoro, esperienze di stage, rapporti con operatori sanitari e destinatari dei servizi, saranno tra le argomentazioni affrontati durante il seminario che si svilupperà sui temi di particolare attualità come immigrazione e sanità.
Da una mediatrice che ha partecipato al progetto: “Ciò che mi interessava di più erano le 300 ore di tirocinio previste e la possibilità di specializzarmi nel campo della mediazione…A differenza di quello che mi aspettavo, il corso è stato utile non solo per quanto riguarda la parte pratica del lavoro di mediatore. Infatti,le attività di Melicù Donna mi hanno anche consentito di approfondire temi come la storia della migrazione in Italia e l’attuale condizione dello straniero, la legislazione italiana in materia di immigrazione, il codice deontologico del mediatore, ma anche argomenti specifici sulla donna e la tutela della sua salute; per cui abbiamo trattato temi come le malattie sessualmente trasmissibili e le mutilazioni genitali femminili. Il tirocinio per me ha rappresentato un’opportunità per mettermi alla prova non solo rispetto alle cose che imparato, ma anche e soprattutto rispetto alla mia capacità di entrare in relazione con l’altro e di dare risposte adeguate. Mi sono confrontata con i miei limiti e con problematiche realii”. P. Elzbieta (Polonia).

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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