Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

9 settembre 2010

Discriminazioni? Urge la legge sull'Osservatorio
Italia, 09-09-2010
Maria Giulia Mazzoni

Miele (Pdl) sollecita l'approvazione in Consiglio di questo "strumento di tutela" preposto ad affrontare il problema in modo sinergico
"Il ripetersi di casi di discriminazione anche nell'ambito dell'affitto di una stanza o di un appartamento è certamente preoccupante e non assecondabile". A parlare è Giancarlo Miele, consigliere regionale del Lazio del Pdl. "La Regione Lazio ha ora l'occassimi, della proposta di legge sull'Osservatorio Regionale contro le discriminazioni che ho presentato a giugno con la collega Isabella Rauti. Su un tema come questo sarebbe importante che il Consiglio Regionale fosse unito nel dare uno strumento in più di tutèla a tutti coloro che sono esposti ad episodi di discriminazione". "La proposta di legge intende adeguare la legislazione regionale alla normativa europea e nazionale istituendo un organismo regionale di garanzia nei confronti delle persone vittime di discriminazioni. L'organismo potrà agire in collaborazione con l'ufficio Unar, operante presso il Dipartimento per le Pari opportunità della presidenza del Consiglio, e con gli Osservatori istituiti presso gli Enti locali. L'Osservatorio potrà collaborare con gli organismi del terzo settore operanti sul territorio regionale nello specifico ambito della prevenzione e del contrasto    delle    discriminazioni.
Attraverso questo strumento la Regióne Lazio potrà' quindi coordinare le reti territoriali di sportelli legali e di associazioni operanti sul territorio nell'ambito della discriminazione per valorizzare la capillare diffusione e favorire la condizione di prossimità alle potenziali vittime di discriminazioni, garantendo anche risorse adeguate e sostenendo le attività delle reti territoriali - prosegue la noia - La proposta di legge prevede la creazione presso il Consiglio Regionale del Lazio, di un'assemblea regionale per la tutela antidiscriminatoria: ne faranno parte il Presidente del Consiglio Regionale, l'Assessore ed il Presidente della Commissione competetti in materia di politiche
sociali, il Presidente della Consulta regionale per l'immigrazione, il Presidente della Consulta femminile' regionale per le Pari opportunità nonché il Garante dell'infanzia e dell'adolescenza, il Garante delle persone sottoposte a misure restrittive di libertà personale, un rappresentante dell'Anci, un rappresentante dell'Upi e uno di ciascuna delle province laziali e infine un rappresentante dì ciascun comune del capoluogo del Lazio. L'Osservatorio intende mettere in rete tutte le esperienze del no profit, dei Comuni e di tutti gli Enti della Regione Lazio in modo da affrontare il delicato argomento delle discriminazioni in maniera sinergica .



Il ramadan di Napolitano Il Colle fa gli auguri ai musulmani per paura dell 'Iran

Libero, 09-09-2010
FRANCESCO BORGONOVO
Il cortocircuito è sottile, ma esiste, tra le frasi pronunciate nei giorni scorsi dal presidente della Repubblica Giorgio Napolitano in difesa dell'iraniana Mohammadi Ashtiani Sakineh, condannata a morte per lapidazione, e gli auguri che ha inviato ieri ai musulmani per la fine del Ramadan. Il suono è quello ottuso del colpo alla botte, seguito da un velocissimo colpo al cerchio.
Così recita la nota diffusa dal Quirinale: «II presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, in occasione della conclusione del mese di Ramadan, rivolge ai musulmani residenti oggi in Italia, siano essi cittadini italiani o immigrati,| i migliori auguri per questa festività, con l'auspicio che il nostro Paese sia per tutti luogo di pace e serenità». Quella frase finale, «un luogo di pace e serenità», lascia un impercettibile sottinteso, un paragone inespresso, magari proprio con la nazione di Ahmadinejad che ha destinato alla morte - una fine orrenda, con la testa rotta dai sassi - una donna di nome Sakineh. La quale, anche se accusata di omicidio oltre all'adulterio, in un Paese liberale riceverebbe ben altro trattamento. E infatti Napolitano, parlando del suo caso, ha preteso l'immediata sospensione dell'esecuzione, considerandola «un atto altamente lesivo dei principi di libertà e difesa della vita».
EXCUSATIO NON PETITA
«Per Sakineh vita e libertà», ha chiesto il presidente. Non c'è nulla di cui vergognarsi, in queste parole. Eppure, a poca distanza, arriva un inaspettato e forse anche irrituale augurio ai fedeli islamici per la conclusione della loro festività religiosa. Sembra quasi un modo per rimediare al duro attacco all'Iran di poco prima. Una excusatio non petita per ribadire ai musulmani l'intenzione del nostro Paese di essere amico e tollerante. Il tutto mentre l'arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi prosegue la sua lite con il ministro Roberto Maroni, il quale nei giorni scorsi aveva dichiarato di non essere un costruttore di moschee. Ieri Tettamanzi ha ribadito la sua richiesta di luoghi di culto per gli islamici e sembra ben in¬tenzionato a fare da ostacolo a quella che il leghista Andrea Gibelli, vicegovernatore della Lombardia, ha presentato come "la battaglia d'autun¬no" del Carroccio, ovvero una legge regionale proprio per bloccare le moschee. Il messaggio di Napolitano, dunque, forse non arriva del tutto casualmente. Anzi, potrebbe persino indicare che il presidente si è schierato da una parte ben precisa in questo dibattito. Del resto, ricordiamo bene le parole dell'inquilino del Colle quando mesi fa, in Olanda, il partito di Geert Wilders (per il quale fermare l'avanzata islamica è una priorità) ottenne un ottimo risultato alle elezioni. «È un segno preoccupante», disse il presidente, «anche se si tratta di tendenze fuori dalla storia e fuori dalla realtà. Si pensa di potere tornare al passato ma è una pericolosissima e anacronistica illusione». Eppure fuori dalla storia - o almeno lontana anni luce dalla storia dell'Occidente - è anche la condanna per lapidazione di Sakineh che Napolitano ha così duramente contestato. Quella sentenza di esecuzione è frutto della cultura islamica, affonda le radici in una religione precisa. Verificare, prima di costruire moschee, che le regole della nostra democrazia liberale vengano rispettate da chi professa questa religione è un diritto.
CARTOLINE DAL QUIRINALE
Però l'islam fa paura, la democrazia molta meno. Bisogna stare attenti a non irritare i musulmani, evitare in tutti i modi di fare la figura dei razzisti, rimanere entro i limiti del politicamente corretto e, soprattutto, dell'islamicamente corretto. Quindi, auguri per la fine del Ramadan. Chissà se il presidente - il quale augura sempre buon anno agli italiani - nei prossimi mesi invierà alla popolazione le felicitazioni per la festa cristiana del Natale. Potrebbe inviarle a tutti, «siano essi cittadini italiani o immigrati". Non risulta che negli anni passati, escluse speciali occasioni e comandamenti delbonton, abbia invitato qualcuno a gioire per la nascita di Gesù. Magari a dicembre farà un'eccezione, auspicando che l'Italia sia per tutti «luogo di pace e serenità». Per tutti però, cristiani compresi.



LA CITTÀ DEGLI IMMIGRATI
Il minareto non lo vuole neanche Tettamanzi
il Giornale Milano, 09-09-2010
Sabrina Cottone
Dopo le polemiche scatenate dalle sue dichiarazioni a favore di un luogo di culto per i musulmani il cardinale puntualizza: «Troppa grazia, non ho mai parlato di una moschea, ho solo detto che gli islamici hanno diritto a un posto dove pregare»
«Troppa grazia, sant'Antonio!» scherzali cardinal Tettamanzi, parlando di chi gli attribuisce il desiderio di costruire una moschea a Milano. Il modo di dire deriva da una storiella della vita del Santo, invocato da un uomo che non riusciva a salire a cavallo: subito dopo si ritrovò inspiegabilmente steso dall'altra parte della sella. Un po' come è successo all'arcivescovo parlando dell'Islam. Qualche esagerazione e qualche omissione, dice lui all'inaugurazione dell'anno pastorale con i giornalisti, nel giorno della nascita di Maria, a cui è dedicato il Duomo. «Mai usato il termine mo-schea» puntualizza dopo essere finito nell'occhio del ciclone per aver invitato a trovare una soluzione per i fedeli musulmani, secondo il principio che «gli islamici di Milano hanno diritto ad avere un posto dove pregare». Non una nuova moschea, magari con minareto, ma semplici luoghi di riunione e di culto. Il cardinale invita a «non aggiungere e non togliere» parti
importanti dei suoi interventi, come quando sottolinea il necessario rispetto della legalità da parte dei musulmani. Ricorda: «Ho parlato di luoghi di culto per gli islamici, ma anche di sicurezza e di legalità, invitando a non dimenticare il complesso dei diritti e dei doveri». Insomma, no a chi lo dipinge con lo sguardo rivolto alla Mecca.
Il discorso vale anche all'incontrario, quando si esagera con la legalità dimenticando i diritti umani. Il cardinale è convinto che ciò accada nel caso dei bimbi nomadi le cui famiglie sono state sgomberate da via Rubattino: «Non ba¬sta il necessario richiamo alla legalità e alla sicurezza, ma occorre non dimenticare che al centro sta la dignità della persona e che ai bambini rom di via Rubattino si deve dare la possibilità di cominciare l'anno scolastico». Per questo «ci vuole lungimiranza nell'affrontare problemi come quello relativo agli sgomberi, soprattutto se è stata offerta una possibilità di integrazione». Parole che provocano le prevedibili reazioni della Lega. «Tettamanzi ospiti i nomadi nelle proprie-
tà della Curia» è la provocazione del segretario milanese, Igor lezzi.
L'arcivescovo non esclude iniziative clamorose per il prossimo Natele: «Anche la Chiesa di Milano e io stesso dobbiamo spogliarci ancora di molte cose». Assicura di non essere preoccupato dagli attacchi. «Ho detto cose scomode? Penso di aver detto anche cose belle e stimolanti. Mi tormento quando scrivo le omelie, perché è affascinante seguire il Signore anche se costa fatica e a volte bisogna dire cose scomode. Non ho problemi a essere accusato o incensato, anche Gesù Cristo ha avuto bei momenti in casa di Marta e di Maria ma anche momenti difficili, a opera dei suoi».
Si parla di politiche e delle elezioni comunali in arrivo. Quali temi vorrebbe vedere nei programmi dei candidati? «Penso che il vescovo non possa entrare nella campagna elettorale - premette -ma ringrazio quelli che si buttano nella mischia e spero che ci sia interesse per il bene comune». In concreto, cita «l'interesse agli ultimi, perché i primi sono già arrivati» e «un'Expo lungimirante» che interessi la città ma anche altri continenti, pensata oggi ma che guardi anche al futuro. Poi un appello alla politica ad essere operativa: «Si sentono molte parole, qualche opera in più non guasterebbe. Serve una politica che non parli solo di se stessa e delle alleanze interne, ma che si occupi dei problemi che interessano davvero alla gente».
Tra i temi urgenti la crisi, che spinge a prolungare anche per il 2011 il Fondo Famiglia Lavoro, che ha raggiunto quota 9 milioni. L'anno sarà dedicato al copatrono milanese, l'arcivescovo Carlo Borromeo. «Santi per vocazione» è il titolo della lettera aperta a tutti i fedeli. «C'è un estremo bisogno di santità, anche nell'economia e nella politica» spiega il cardinale. «La società deve essere santa anche in una chiave laica e di ragione, perché è da ricercare una società ricca di bontà, desiderosa di giustizia e aperta alle situazioni laceranti». Un discorso che vale anche per i politici: «Anche Dio entra nella politica, perché alla fine tutti dovremo rendere conto a Lui».



II progetto
Moschea a Torino Cota: referendum

Corriere della Sera, 09-09-2010
TORINO — Entro la fine dell'anno dovrebbe arrivare il sì definitivo del Comune di Torino all'avvio dei lavori per realizzare una moschea. Proteste della Lega Nord che si dice pronta a dare battaglia e schiera in campo lo stesso governatore del Piemonte, Roberto Cota: «Pur riconoscendo che la competenza è del Comune, non mi sembra che Torino abbia bisogno di una moschea". Gli esponenti del Pdl piemontese chiedono, prima del via libera definitivo, di sottoporre la proposta a referendum popolare «come — ha precisato Cota — è indicato in una proposta di legge sulle moschee alla Camera». È previsto che il luogo di preghiera e di attività culturali per i musulmani verrà costruito utilizzando l'edificio un tempo sede di un mobilificio nel quartiere Aurora, a metà strada tra centro e periferia di Torino.



LA FOLLIA DEL REV. JONES
La Santa Sede condanna il rogo del Corano
La Stampa, 09-09-2010
NEW YORK
Il mondo, superando differenze di fede religiosa o convinzione politica, si unisce nel condannare l'iniziativa provocatoria di una minuscola chiesa fondamentalista cristiana di Gainesville in Florida, che in occasione dell'anniversario dell' 11 settembre ha annunciato di voler bruciare copie del Corano. Una delle condanne più nette è venuta dal Vaticano; per il Pontificio Consiglio per il Dialogo interreligioso «a quei deprecabili atti di violenza (l'11 settembre), non si può porre rimedio contrapponendo un gesto di grave oltraggio al libro considerato sacro da una comunità religiosa». Per la cancel-liera tedesca Angela Merkel, l'appello del pastore Terry Jones è «ripugnante e sbagliato», ed è secca anche la condanna di leader religiosi cristiani, musulmani ed ebrei negli Stati Uniti, che denunciano, oltre all'iniziativa del Dove World Outreach Center del reverendo Jones (30 adepti in tutto), una «frenesia anti-musulmana» che pervade il Paese e che è stata scatenata dai progetti di costruzione di una moschea poco lontana da Ground Zero. Vari esponenti religiosi hanno parlato di «disinformazione e vero fanatismo» contro i musulmani americani, esprimendo il loro «allarme» e «disgusto per un tale disprezzo verso un testo sacro. Bruciare il sacro Corano è un'offesa particolarmente grave che dev'essere duramente condannata da tutti coloro che tengono alla civiltà. Ieri il Dipartimento di Stato ha definito l'iniziativa «contraria ai valori americani».[p. DM.J



L'intervista :Il prefetto Pecoraro: presto altre due strutture. Il costo? 35 milioni
' 'Rispetto per chi vive nei campi non sono rifiuti da spostare' '
la Repubblica, 09-09-2010
GIOVANNA VITALE
E NECESSARIO fare chiarezza», premette il prefetto Giuseppe Pecoraro nella sua veste di commissario per i nomadi nel Lazio. I ritardi sull'attuazione del piano «dipendono dalla complessità della situazione», precisa Pecoraro. Che qui spiega tempi e modi: «Oltre ai cinque cam-piHHfl! già esistenti, entro fine anno ne faremo altri due: uno è quello abusivo della Barbuta, che sarà autorizzato e attrezzato; l'altro nascerà ex novo in un'area privata all'interno di un municipio che ne è sprovvisto». Dopodiché a gennaio si deciderà se aggiungerne «un altro paio». In attesa della risposta del Viminale sulla chiusura del Cie di Ponte Galeria chiesta dal prefetto: «La mia idea è di trasformalo in un vero campo sosta, destinato a persone realmente nomadi, quelle cioè che sono solo di passaggio a Roma, restano poche settimane e vanno via». Intanto prefetto, il sindaco ha chiesto al ministro Maroni un decreto per facilitare le espulsioni, lontane anni luce dalle 20mila annunciate in campagna elettorale.
Finora quante ne avete fatte?
«Circa 1.500, tra cui alcuni cittadini rom. Ma un migliaio di nomadi se ne sono andati spontaneamente».
Come fa a dirlo?
«Quando abbiamo iniziato a fare il fotosegnalamento e il trasferi¬mento nei campi attrezzati molti mancavano all'appello».
Alla fine dell'operazione, Roma quanti rom ospiterà?
«Il numero sul quale stiamo lavorando è tra i 6mila e i 6.500. Anche per questo abbiamo iniziato un mo -nitoraggio sui campi abusivi per verificare quanti ci vivono e se ci sono nuovi arrivi. Qualcuno, per la verità, già c'è stato».
I famosi arrivi dalla Francia dopo le espulsioni di Sarkozy?
«È ancora presto per dirlo. Qualche targa francese è stata vista. Perciò serve il monitoraggio : per capire se queste auto già c'erano prima dell'estate o sono arrivate dopo. Comunque nei campi abusivi stimiamo intorno alle 2mila persone».
Dunque il vostro piano di sette campi per 6mila rom potrebbe essere già ora insufficiente.
«Non è detto. Un migliaio è già andato via. E bisognerà valutare gli effetti del decreto sulle espulsioni».
L'assessore Belviso, a metà agosto ha imputato a lei, commissario di governo, il ritardo nell'attrezzare i campi, sostenendo che il Comune è solo il soggetto attuatore. È così?
«C'è una ragione. Quando noi, nel 2009, abbiamo pubblicato il bando per reperire le aree pubbliche dove collocare i nuovi insediamenti, nessuno ha risposto. Allora abbiamo deciso di ampliare e ristrutturare i campi esistenti e di ripetere il bando: rivolgendolo non più ai comuni, bensì ai privati. Abbiamo ricevuto otto offerte, tutte a Roma. Fra queste, due sono state giudicate idonee».
Con quali formule e criteri? Il reperimento di aree private non si presta ad accuse di possibili specu-lazioni?
«Abbiamo dato tre possibilità: la sola vendita dell'area, l'affitto o la vendita chiavi in mano, ossia dopo averla attrezzata. Noi ne abbiamo scelta una il cui proprietario farà anche i lavori. E questo ci agevola perché non dovremo fare ulteriori gare. Nessun sospetto può toccarci: l'avviso pubblico è stato gestito da una commissione terza da me nomina-
ta, composta da un funzionario Viminale, un dirigente dei vigili fuoco e uno del Comune».
E il secondo campo?
«È quello della Barbuta che dobbiamo soltanto attrezzare. Una volta realizzati questi due insediamenti, col ministro Maroni e il sindaco Alemanno decideremo - sulla base dei nomadi ancora da sistemare - se aggiungere altri due campi».
Quanto costerà il tutto?
«Intorno ai cinque milioni a campo».
I minisindaci a rischio nuovo campo rom sono già sul piede di guerra. Cosa risponde?
«Primo che i nomadi sono persone, non rifiuti da spostare nel municipio vicino, e vanno rispettati come tali. Tutti devono collaborare all'interesse generale che significa integrazione e sicurezza. Soprattutto chi assume incarichi pubblici deve fare la sua parte. Tutte le istituzioni romane - Comune, Provincia, Prefettura e Forze dell'ordine - stanno lavorando con convinzione determinazione per portare a termine il piano nomadi. Chi si lamenta per-hé non è in grado di fronteggiare la situazione, è meglio che faccia altro nella vita».



I nomadi rifiutano l'accoglienza

Dnews,09-09-2010
Gianluca Mancuso
Roma
Valigie, scatoloni, materassi e persino un baule con dieci ne sono accatastati sulla netta sterrata di fronte ai palazzi popolari di Tor Sapienza, dove nomadi ed extracomunitari hanno occupato persino i negozi abbandonati al pian terreno. Nessuno ha accettato l'accoglienza dei servizi sociali del Comune. «Tanto da qui non ci possono cacciare» sbotta Safet, romena di 31 anni che da oltre due vive accampata in una baracca nel parco di via Morandi. Il tempo di farsi identificare da vigili urbani e polizia, il secco "no" alla proposta di accoglienza e una denuncia - l'ennesima - per "occupazione abusiva di suolo pubblico". Poi l'arrivo della ruspa che, sotto gli occhi di donne, bambini e anziani, cancella in pochi minuti il primo dei circa duecento micro-insediamenti dei nomadi nella Capitale. Un'operazione che è partita ieri mattina, quando la task force di polizia e vigili urbani è piombata nella zona di Fidene e in via Campigli nel quartiere Prenestino. «Come promesso, abbiamo cominciato gli sgomberi dei microcampi», afferma il sindaco Gianni Alemanno, di ritorno da Parigi dove è stato battezzato il patto di ferro per arginare l'immigrazione dei nomadi. Poi la stoccata: «La presenza dei giornalisti ha fatto capire che stavano arrivando le forze dell'ordine, e i nomadi si sono allontanati: un aspetto inquietante perchè dimostra che c'è quasi una volontà di sottrarsi al confronto con le istituzioni, una paura che deve essere superata perché noi interveniamo con la polizia e con le ruspe, ma anche con i servizi sociali». Servizi sociali che nessuna delle 29 persone identificate (10 uomini, 9 donne e 10 minori) ha accettato, nonostante l'insistenza degli operatori del Campidoglio. «Sono due anni che viviamo qui», racconta una delle donne sgomberate. Che poi sussurra: «Andremo più il là, ricostruiremo le nostre baracche». Una frase che suona come una sfida al Campidoglio che attraverso il ministro dell'Interno, Roberto Maroni, punta all'accompagnamento coatto e al divieto di reingresso in Italia per chi si macchia di reati gravi. Ma dall'altra parte della collina del parco di via Morandi è visibile l'altro accampamento abusivo dei rom che sorge alle spalle dell'ex mattatoio. Il prossimo obiettivo dei piano sgomberi che ieri mattina è partito proprio da uno dei quartieri più degradati della periferia della Capitale, dove la gente è già scesa in strada, stanca di furti, rapine e prostituzione tra i palazzoni dell'Ater. Il secondo sgombero di una baraccopoli che era già stata abbattuta, ma è stata prontamente ricostruita dalle stesse, identiche, famiglie. Sul piano, giudizio critico del portavoce della Comunità di Sant'Egidio, Mario Marazziti: «In Italia si respira un clima molto negativo nei confronti dei nomadi». «Siamo arrivati oggi al nuovo spot di Alemanno sugli sgomberi forzati dei nomadi a Roma», attacca Massimiliano Valeriani, consigliere del Pd al Comune di Roma. «È evidente l'insuccesso del primo sgombero», rincara Gianluca Peciola, consigliere provinciale Sei. Accuse rispedite al mittente da Giorgio Ciardi, delegato del sindaco per le politiche della Sicurezza: «La sinistra ha le idee un pò confuse per quanto riguarda la vicenda nomadi».



IL DECRETO SICUREZZA
La demagogia a portata di rom
il Sole, 09-09-2010
Roberto Maroni è stato fino a questo momento  un buon ministro dell'Interno. Ha certamente concesso qualcosa alla demagogia, ma ha anche dimostrato un'ampia dose di buon senso che gli ha permesso di rispondere alle domande del suo elettorato mantenendo un sufficiente equilibrio tra sicurezza e diritti. Sotto la sua guida politica, poi, è proseguita con successo l'offensiva delle forze dell'ordine contro la criminalità organizzata. E la collaborazione, in questo sforzo, con le componenti sociali ha prodotto esiti egregi. Sono risultati che gli vengono riconosciuti. E che i suoi elettori hanno apprezzato e apprezzano. Il possibile avvicinarsi delle elezioni non deve perciò preoccuparlo più di tanto. E tanto meno deve indurlo a mettere da parte quel buon senso che gli viene riconosciuto. La questione rom è sicuramente un problema. Ma affrontarlo, dopo oltre due anni di governo, con un decreto d'urgenza che prevede l'espulsione dei cittadini comunitari può dare l'impressione di un'ansia da elezioni più che di buona politica. Nicolas Sarkozy, che ha preceduto Maroni su questa strada, ha ricevuto critiche in tutta Europa e non è stato neppure premiato dai sondaggi. Perché seguirne l'esempio?



Furio Colombo
A DOMANDA RISPONDO  IL NERO E IL BIANCO

IL Fatto Quotidiano, 09-09-2010
Caro Colombo, sì. È incredibile! lo vivo da più decenni in un paese dove la popolazione ha un colore di pelle diverso dal mio. E debbo dire che sono accolto con grande rispetto e grande civiltà (benché il paese sia povero, o come si dice " in via di sviluppo") del tutto diverso dal comportamento della Lega in Italia da lei citato, lo mi vergogno in questo caso di essere italiano e di essere nato in una città della "Padania". Quanto al Pd, se non prende appropriate e soprattutto concrete misure contro questo, mi guarderò bene dal votare un suo candidato se si presenterà nella mia circoscrizione estera. Grazie.
Giorgio
LO SPUNTO della lettera di Giorgio (che scrive, come "soggetto" della sua e-mail "Il nero e il bianco") sono i molti articoli e documenti pubblicati da "Il Fatto" sulla Lega per l'indipendenza della Padania" e il suo continuo impegno di rendere cattiva e invivibile la vita degli immigrati illegali o legali, in Italia. Ciò che è di grande aiuto ai noi tutti (nel paese in cui il ministro dell'Interno è leader di un partito fondato sulla persecuzione di chi non è nato nel suo comune) è il senso, oltre che di indignazione, di meraviglia di un cittadino italiano che, vivendo lontano, non ha assistito alla trasformazione del nostro paese in una tribù cattiva e intollerante che non si domanda neppure dove vanno (in quale scuola, in quale abitazione) i bambini Rom la mattina dopo la distruzione con le ruspe e lo sgombero eseguito da reparti militari, dei loro poveri campi. Mentendo, sindaci leghisti e non leghisti ci parlano in fretta di "nuove strutture di accoglienza". Le avete mai viste, in un filmato, in un Tg, in un servizio giornalistico, in uno spot "a cura della presidenza del Consiglio"? lo mai. Sono gli stessi sindaci che non hanno soldi per riparare le scuole pericolanti. Come potrebbero avere costruito "nuove strutture di accoglienza"? Quando? Non prendete come qualunquista il monito finale della lettera. Giorgio sta dicendo : "Ditemi che non è vero. Ditemi che c'è un partito della solidarietà e dei diritti umani ". Dal paese povero, tollerante e lontano in cui lavora, aspetta una risposta.
Furio Colombo - Il Fatto Quotidiano 00193 Roma, via Orazio n. 10 Questo indirizzo e-mail è protetto dallo spam bot. Abilita Javascript per vederlo.



Emergenza rom e prostituzione: il solito teatrino del centrodestra»

Cinque, 09-09-2010
L'esponente del Pd sottolinea come gli sgomberi di ieri mattina «con troupe televisive, fotografi e giornalisti al seguito dimostrano ancora una volta che questa Amministrazione non ha interesse a risolvere tali problematiche»
«Quanto sta accadendo in questi ultimi giorni e ore su temi delicati come prostituzione ed emergenza riunì è l'ennesima riprova che questa classe dirigente di centro destra che governa alcuni municipi e la capitale è totalmente inadeguata e specula su problematiche così delicate per coprire la propria inadeguatezza». Lo dice il consigliere provinciale del Pd Marco Palumbo, secondo cui «gli sgomberi di questa mattina (ieri, ndr) con troupe televisive, fotografi e giornalisti al seguito dimostrano ancora una volta che questa Amministrazione non ha interesse a risolvere tali problematiche. Tra le altre cose, sparando la notizia da giorni hanno trovato i vari insediamenti vuoti. Ogni volta siamo al teatrino a cui ci ha abituati una certa politica, pronta solo a sparare, dopo ben due anni e mezzo, contro le vecchie maggioranze di centrosinistra». Palumbo critica poi la proposta del sindaco di introdurre il reato di prostituzione di strada: «Le vittime della tratta verranno perseguite due volte».



II vescovo Spreafico ha inaugurato il nuovo centro d'accoglienza

Ciociaria, 09-09-2010
Giovanni Faroni
STRANGOLAGALLl - Inaugurato dal vescovo Monsignor Ambrogio Spreafico il primo Centro di accoglienza di Strangolagalli.
L'ex-asilo di via Principe Amedeo dall'altro ieri è ufficialmente diventato un Centro di accoglienza, ovvero una comunità pronta ad offrire il necessario sostegno alle persone indigenti. Fortemente voluta dalla Caritas regionale, l'apertura della struttura è il frutto dell'impegno della Diocesi Frosinone-Veroli- Ferentino, del Ministero degli Interni, della Regione Lazio, della Provincia di Fresinone e dell'Amministrazione comunale. Un decisivo contributo, infine, è venuto dall ' associazione di beneficenza Fondazione Roma-Terzo Settore. Tante le autorità civili che hanno partecipato all'evento: il Prefetto Liana Campanile, Direttore centrale del Dipartimento del Ministero degli Interni per le libertà civili e per l'imigrazione il vicario del Prefetto Francesco Vetrario, il senatore Oreste Tofani, l'assessore regionale Aldo Forte, il consigliere regionale Alessandra Mandarelli, il consigliere provinciale con delega all'Immigrazione Maria Teresa Graziarli. Ed ancora il già Prefetto Piero Cesari, esponenti delle Giunte comunali di Strangolagalli e Ripi e Nicola Massimini, dirigente della Fondazione Roma. La cerimo¬nia di inaugurazione è iniziata alle 18.30 con la celebrazione della Santa Messa officiata da S.E. il vescovo. Nell'omelia, l'alto prelato ha ricordato ai fedeli «la centralità dell'amore nella dottrina cristiana, un sen-timento che anima i centri di accoglienza e che deve vivere anche nella comunità locale che li ospita». Al termine della funzione religiosa, ancora all'interno della chiesa di San Michele Arcangelo, si sono succeduti gli interventi delle autorità civili e religiose presenti, introdotti dal co-direttore della Caritas di Fresinone Marco Toti. 11 primo a prendere la parola è stato il vicario foraneo don Adriano Testani, che ha sottolineato la fondamentale natura di strumenti di carità dei centri di accoglienza. Da parte sua, don Mariano Parisella, delegato regionale della Caritas, ha ravvisato il valore di «opera-segno di ascolto della voce dei poveri in queste comunità di accoglienza». Fra le autorità civili, a prendere la parola, oltre all'assessore Aldo Forte e a Maria Teresa Graziarli, il Prefetto Liana Campanile, dettasi soddisfatta «di vedere finalmente realizzato il Centro, un progetto che ho visto nascere sulla "carta" anni fa».
Il sindaco Antonio De Vellis ha chiuso il giro degli interventi con i saluti alle autorità presenti ed un ringraziamento «a tutti coloro che, a vario titolo, hanno contribuito alla ristrutturazione dell'ex-asilo, una struttura fatiscente fino a ieri ed oggi un Centro di accoglienza di primo livello». Terminati gli interventi, il corteo si è spostato presso la struttura di via
Principe Amedeo per la benedizione dei locali ad opera di Monsignor Spreafico. La serata, trasformatasi ben presto in una vera e propria festa della solidarietà, si è conclusa in piazza Fica con un ricevimento offerto dall'Amministrazione comunale.
«Regione e Caritas al fianco dei più deboli», questo il mes-saggio lanciato dall'assessore regionale alle Politiche Sociali e alla Famiglia Aldo Forte all'inaugurazione del Centro di accoglienza della Caritas diocesana. «Tra i tanti motivi che mi hanno spinto a essere qui questa sera - ha dichiarato Forte - c'è innanzitutto la condivisione di quei valori e di quei principi che sono alla base tanto dell'azione quotidiana della Caritas, quanto delle politiche del mio assessorato. E mi riferisco all'attenzione nei confronti di chi ha più bisogno, di chi vive il disagio dell'esclusione sociale; dagli immigrati in difficoltà, agli ex-carcerati, alle donne vittime di violenze e alle famiglie in difficoltà economica. Uomini, donne e bambini bisognosi che vengono accolti, ascoltati e aiutati quotidianamente nelle strutture messe in piedi dalla Caritas nella provincia di Frosinone. Un impegno, questo, che ha tutto il supporto della Regione, sempre pronta a potenziare la rete assistenziale sui singoli territori con il coinvolgimento diretto di tutti i soggetti operanti nel settore. A partire proprio dall'associazionismo volontario, una vera e propria risorsa per la nostra Regione, in un contesto di aumento della domanda di assistenza e di contrazione dell'offerta, pel-ragioni di bilancio, di servizi offerti dagli enti locali. 11 modus operandi di governo dell'assessorato è corrispondente a quello della Caritas, partendo dall'ascolto e misurandosi con le richieste concrete di chi vive sul territorio. Proprio qui risiede il merito più prezioso della Caritas: il saper dare forma e vita ai suoi progetti. 11 che equivale, nel caso di strutture come quella che viene inaugurata oggi - ha concluso Forte - a garantire una esistenza dignitosa a chi è in seria difficoltà».



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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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