Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

17 dicembre 2014

Cittadinanza. Rete G2: "Che fine ha fatto la riforma per le seconde generazioni?"
"Delusi dal governo e dalle istituzioni". L'associazione dei figli di immigrati presenta il dossier G2 chiama Italia
stranieriinitalia.it, 17-12-2014
Roma – 17 dicembre 2014 - Che fine ha fatto la riforma della cittadinanza? Se lo chiedono, soprattutto, un milione di “italiani col permesso di soggiorno”, figli di immigrati cresciuti in Italia ma considerati dalla legge stranieri.
Le promesse, per anni, si sono sprecate. Anche il premier Matteo Renzi si è speso più volte, a parole, per la causa. Però intanto la commissione affari costituzionali della Camera, che dovrebbe partorire un testo unificato, non tratta l'argomento da più di tre mesi. Eppure, la legge sulla cittadinanza risale al 1992, quando solo l'1% dei nuovi nati in Italia era figlio di immigrati. Oggi siamo al 15%, ottantamila bambini che ogni anno si vanno ad aggiungere a questa seconda generazione senza diritti.
“Che la legge sia vecchia e inadeguata lo denunciamo da anni. E’ stata promulgata immaginando un paese che non esisteva allora, figuriamoci oggi. Ci è stato promesso da più parti che il dibattito si sarebbe riaperto in tempi brevi, ma per ora è ancora tutto bloccato. Siamo delusi per questo atteggiamento del governo e delle istituzioni, perché quella che non appare ai politici una priorità invece lo è, e riguarda un milione di cittadini” dice  Mohamed Tailmoun, portavoce della Rete G2.
L'associazione di figli di immigrati, impegnata da anni per la riforma, ha presentato ieri il Dossier “Italiani 2.0 – G2 chiama Italia: cittadinanza, rispondi” , che con numeri e testimonianze denuncia l'arretratezza della legge attuale e l'urgenza di una riforma. Quindi ha ribadito le sue proposte: cittadinanza italiana subito per chi nasce qui e anche per chi arriva nei primi anni di vita.
E la frequenza scolastica? Le forze politiche sembrano convergere proprio sull'attribuzione della cittadinanza legata a uno o più cicli di studi. Secondo Rete G2 questo può essere un criterio, magari da applicare a chi arriva qui da piccolo, ma non l'unico. E comunque un riforma che renderebbe questi ragazzi italiani a 16 anni anziché 18 come ora, con uno sconto di appena due anni, sarebbe un finta riforma.
Come ha spiegato Tailmoun a Redattore Sociale, “non si può aspettare così a lungo per arrivare a una legge che sia poca cosa. Oggi ci delude che la riforma non sia sentita come priorità nel paese, un paese di anziani dal punto di vista demografico, dove c’è un soggetto sociale e giovane che in questo paese e vuole viverci e potrebbero costituire una vera risorsa”.



Rifugiati a Riace, dove l'accoglienza serve anche per combatere la mafia
Se c'è, a Roma, chi ha fatto affari con l'accoglienza dei profughi, nella Locride - terra di 'ndrangheta - c'è un sindaco che invece ha fatto dell'accoglienza ai rifugiati il simbolo della lotta alle mafie, resistendo a intimidazioni e critiche. Domenico Lucano ha riempito il paese di afgani e africani ed è stato rieletto per tre volte consecutive. Coppie miste e bimbi calabro-africani, che l'Italia ha dimenticato
la Repubblica.it, 17-12-2014
RAFFAELLA COSENTINO
RIACE - I due fori di proiettile lasciati da anni in bella vista sulla porta dell'associazione "Città Futura", con cui gestisce i progetti del Sistema di protezione per rifugiati e richiedenti asilo, sono la medaglia appuntata sul petto di Domenico Lucano. Neanche il fuoco delle 'ndrine ha potuto distogliere il sindaco di Riace dal suo sogno di creare un borgo solidale e "glocal", in cui cittadini di ogni parte del mondo contribuissero a far rivivere gli ideali di mutuo aiuto della civiltà contadina. Così, il paese dei bronzi è diventato il paese dell'accoglienza, come rivendicano orgogliosamente i cartelli di benvenuto lungo la strada. E i riacesi, per la terza volta, hanno rieletto primo cittadino l'uomo che gli ha riempito il paese di africani e di afgani.
Prima chiuso per spopolamento e poi... Lucano ha cambiato volto al suo paese. Dal borgo affacciato sullo Jonio in provincia di Reggio Calabria se n'erano andati quasi tutti. Perfino le preziose statue greche dei guerrieri, dopo il loro ritrovamento in mare, furono portate altrove. Le attività commerciali morivano una dopo l'altra, la scuola stava chiudendo per mancanza di bambini, il paese rischiava l'estinzione per spopolamento. L'idea di riempire le case lasciate vuote dagli emigranti con le famiglie di rifugiati, preferibilmente con tanti bambini, nasce alla fine degli anni Novanta, quando i perseguitati curdi sono i primi a sbarcare in massa sulle coste calabresi. Badolato, paesino provocatoriamente "in vendita", è il primo a offrirsi. Ma lì il progetto non decolla. Dieci anni dopo, grazie all'azione di Domenico Lucano, Riace invece riesce a diventare un presidio fisso dell'accoglienza nel periodo dell'emergenza umanitaria a Lampedusa. Così la popolazione dei rifugiati e dei richiedenti asilo politico arriva a diverse centinaia su neanche duemila residenti.
I simboli antimafia. Ai simboli Lucano tiene particolarmente e ne ha tappezzato il piccolo centro storico. Una porta "africana" sulla piazza principale. Un'aiuola in cui la sagoma nera di una donna che ricorda le statuette tribali raffigura la speranza. Murales di ogni tipo: nuvole, impronte di mani "contro la 'ndrangheta", dediche a Giuseppe Valarioti, giovane comunista ucciso dai boss a Rosarno, ma anche alle portatrici d'acqua vestite in abito tradizionale con le brocche sulla testa.
Il ripopolamento. Sono nate le botteghe di artigianato, dal ricamo al telaio, in cui lavorano donne del posto e rifugiate. In questo scenario colorato si muove lentamente una comunità eterogena. Anziani pensionati e giovani disoccupati. Bambine di origine afgana che parlano con accento reggino e scorazzano per il paese con lo zaino in spalla. Somali di sessant'anni e nigeriani di venti, cristiani e musulmani, vecchine rugose vestite di nero e mamme, col velo o senza, che accompagnano i figli a scuola. Africani che raccolgono la differenziata porta a porta in cooperativa con un anziano del paese che bada ad alcuni asini rigorosamente autoctoni. Il ripopolamento è il chiodo fisso del sindaco. Che non si è fermato agli esseri umani e ha deciso di puntare sui somarelli. Erano scomparsi anche loro.
Premi internazionali e tre volte sindaco. "Sia chiaro: questo modello si basa su un'economia solidale, sui valori di sostegno reciproco della civiltà contadina - dice il sindaco - Inoltre penso che abbiamo una responsabilità verso quei Paesi del sud del mondo a lungo depredati dall'Occidente. Per questo ospitare chi fugge dall'Africa è un dovere". Taglia corto con i giornalisti che ormai è stanco di incontrare. Da anni c'è un via vai di ricercatori, e fotoreporter stranieri, che continuano a spingersi fino alla punta dello stivale, attratti da questa storia. A livello internazionale gli sono stati tributati onori di ogni genere. Dal terzo posto come miglior sindaco del mondo, ottenuto nel 2010 con la motivazione di essere un "Gandhi dei nostri tempi", alla dichiarazione del regista Wim Wenders, secondo cui "la vera utopia non è il crollo del muro di Berlino, ma quello che è stato fatto a Riace".


 
Il capo di Stato Maggiore della Marina in Senato: "Mare Nostrum attirava i profughi? E' una sciocchezza"
Invitato dalla Commissione Diritti Umani di Palazzo Madama, l'ammiraglio De Giorgi fa il punto del primo mese senza Mare Nostrum nel Mediterraneo. +485% gli arrivi, -65% la superfice di mare pattugliato; meno efficacia operativa; meno attenzione a salvare vite umane; meno controlli sanitari e della polizia per chi arriva; meno coordinamento; meno scafisti arrestati. L'obiettivo raggiunto: i costi sono un terzo di prima. La facile previsione per i prossimi mesi: più morti
la Repubblica, 16-12-2014
STEFANO PASTA
ROMA - L'ammiraglio De Giorgi, capo di Stato maggiore della Marina Militare, è stato convocato dalla Commissione Diritti Umani del Senato per riferire su come stia avvenendo il passaggio dall'operazione Mare Nostrum a quella europea Triton. Dal 1° novembre è in corso una transizione, che il ministro della Difesa, Roberta Pinotti, ha previsto durerà due o tre mesi: l'Italia sta affiancando Frontex, l'agenzia Ue per la gestione delle frontiere, nel prendere il comando del controllo delle acque del Mediterraneo. In apertura dell'audizione, il senatore Luigi Manconi, presidente della Commissione, ha spiegato cosa significa il passaggio in corso: "Rinunciare programmaticamente a soccorrere le persone nel tratto di mare in cui più facilmente rischiano di morire". Tradotto, vuol dire "mettere in conto crudamente la crescita delle vittime".
I migranti soccorsi da Mare Nostrum: 156.362. Il capo della Marina italiana ha ricordato gli obiettivi con cui un anno fa nacque l'operazione Mare Nostrum: "Contrasto delle azioni illegali connesse al traffico di esseri umani, potenziamento della salvaguardia della vita umana in mare e filtro sanitario avanzato". Dal 18 ottobre 2013 al 31 ottobre 2014, questi i numeri dell'operazione: 156.362 migranti assistiti in 439 salvataggi SAR (ricerca e soccorso), 366 scafisti consegnati alle forze dell'ordine, 9 navi madri (i grossi pescherecci che in alto mare lasciano i migranti in imbarcazioni più piccole, per poi tornare indietro), il 99% dei migranti intercettati prima dello sbarco e controllati dai medici di bordo. Inoltre, spiega l'ammiraglio, "Mare Nostrum ha interrotto quella che prima era quasi una norma: la presa in carico da parte della malavita organizzata dei migranti che, una volta sbarcati, venivano accompagnati dagli spalloni come merci da contrabbando".
Gli arrivi senza Mare Nostrum: +485%. De Giorgi definisce poi "una sciocchezza" l'accusa da tanti rivolta a Mare Nostrum, secondo cui l'operazione avrebbe attirato i profughi, che fuggono invece da guerra (Siria), povertà e carestia. Mette a confronto gli arrivi del novembre 2013, sotto Mare Nostrum, e novembre 2014, senza Mare Nostrum: con la fine della missione, anziché crollare, gli arrivi sono aumentati del +485% rispetto l'anno prima. E ora, nella fase di transizione successiva a Mare Nostrum, qual è la situazione? "Tutto è stato ridotto - dice l'ammiraglio - dato che tagliare i costi è stato il motivo della fine dell'operazione. Per ora rimane il pronto soccorso galleggiante per filtro sanitario sulla nostra nave anfibia, assieme al presidio di polizia. Non utilizziamo invece più le fregate, le navi che assicuravano una maggiore operatività e resistenza al mare. Il tonnellaggio, proporzionale all'efficacia, è passato da 22mila a 13mila, le miglia quadrate pattugliate da 22.350 a 6.900 (-65%), mentre i costi sono ora un terzo".
I mezzi di Triton. Il 1° novembre è iniziata Triton, l'operazione dell'Ue mirata al controllo delle frontiere Schenghen per la prevenzione e il contrasto dell'immigrazione via mare. Prorogabile, è prevista fino al 31 gennaio 2015 e il coordinamento non è più della Marina italiana, ma dal Coordination Center di Frontex a Pratica di Mare. I mezzi dell'operazione europea sono tre pattugliatori, messi a disposizione da Italia, Spagna e Islanda, 4 motovedette costiere (Malta, Olanda, Italia) e 4 aerei per il pattugliamento (Islanda, Francia, Lettonia, Malta). Spiega De Giorgi: "Si tratta di due concetti completamente diversi: Mare Nostrum era mosso dall'aspetto umanitario e quello militare, cioè la cattura degli scafisti; con Triton si perdono entrambe queste attenzioni".
Triton è solo controllo delle frontiere. Durante l'audizione, l'ammiraglio ha mostrato una slide con le finalità di Mare Nostrum, Triton e del dispositivo attualmente in atto per la transizione: Triton è solo controllo delle frontiere, non c'è l'assistenza umanitaria e la sorveglianza in alto mare. Tuttavia, in base alle leggi del soccorso in mare, "non vuol dire - precisa De Giorgi - che una nave di Triton non possa essere chiamata ad intervenire nei confronti di un naufragio se fosse l'imbarcazione più vicina. Una delle conseguenze è l'utilizzo maggiore dei mercantili, dove verrà imbarcato chiunque, senza filtro sanitario in mare". Per esempio, tra i 9.134 migranti giunti nel novembre 2014, 3.810 sono stati soccorsi dalla Marina italiana (con la "coda" di Mare Nostrum), mentre 5.324 sono stati intercettati dalla missione europea (1.534 dalla Capitaneria di porto impegnata nella missione europea e 2.273 da mercantili).
L'importanza dello screening sanitario in mare. "Inoltre - continua l'ammiraglio - si è perso il coordinamento in alto mare, che era uno dei punti di forza di Mare Nostrum, dato che questa volta lo Stato era riuscito ad essere complementare, superando la logica delle parrocchie per cui ogni ministero deve ritagliare per sé un mondo parallelo. Almeno per non perdere questo risultato storico, abbiamo firmato un protocollo d'intesa tra Ministero della Salute e Difesa, anche alla luce dell'incremento del pericolo di contagio legato a ebola. Ciò ci permette di avere una barriera di primo soccorso in mare estremamente utile".
 
 

Ritorno volontario, ora anche un numero verde per i migranti che vogliono lasciare l'Italia
La Rete per il Ritorno Volontario Assistito. Un numero verde: 800 72 20 71, operativo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 16, per sapere cosa fare. Una tendenza in aumento dal 2009 ad oggi. Le organizzazioni coinvolte nel programma: Consiglio Italiano per i Rifugiati(CIR); Oxfam Italia, Gea, il Consorzio Nazionale dell'Ordine degli Assistenti Sociali e il supporto della Fondazione ISMU
la Repubblica.it, 16-12-2014
ROMA - La Rete di soggetti pubblici e privati attivi nella promozione del Ritorno Volontario Assistito (RVA) nel Paese di origine, allo scopo di diffondere a livello nazionale l'informazione sia verso i migranti, che verso gli operatori del settore, dal mese di ottobre 2014 ha dotato il servizio di help desk di una linea telefonica gratuita e diretta, che risponde al numero verde 800 72 20 71, operativo dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 16.
Se ne vanno sempre più spesso. Negli ultimi anni, il ritorno volontario nel paese d'origine degli immigrati è stata un'opzione a cui i cittadini stranieri sbarcati in Italia hanno fatto ricorso sempre più spesso. Si è passati, infatti, da 228 persone accompagnate al ritorno nel 2009, ai 2.000 previsti entro giugno 2015, per un totale di 3.219 persone che  hanno usufruito di questa misura, che ha lo scopo di reintegrare i migranti nel loro Paese d'origine. Questo significativo aumento è dovuto, sia ad una maggior conoscenza dei servizi offerti dai programmi di ritorno, sia alla perdurante congiuntura economica sfavorevole, che impedisce la realizzazione, o la prosecuzione, del proprio progetto di vita qui in Italia.
I numeri dell'Istat e l'esempio-Lombardia. L'ISTAT rivela, infatti, che con continuità, dal 2009 ad oggi, circa 200mila migranti iscritti all'anagrafe si cancellano ogni anno; se poi si osserva la situazione in Lombardia (regione assai rappresentativa, in quanto nella Regione vive poco meno del 25% della popolazione migrante regolare e irregolare presente in Italia), è in crescita l'intenzione a lasciare l'Italia entro 12 mesi: si è infatti passati dal 9% del 2010 al 13% nel 2013 (fonte Orim). Sulla base delle revisioni, più in generale l'Istat ha segnalato 182.417 cancellazioni anagrafiche verso l'estero nel 2009;  208.199  nel 2010; 142.455 dal 1° gennaio al 9 ottobre 2011; con un'ipotesi di meno di 190.000 per l'intero anno 2012 e di circa 200.000 cancellazione per il 2013.
Il fondo europeo per i rimpatri. La Rete RIRVA, co-finanziata dal Fondo Europeo per i Rimpatri e dal Ministero dell'Interno dal 2009 (inizialmente con il nome di NIRVA e dal 2012 con l'acronimo RIRVA), opera capillarmente su tutto il territorio nazionale attraverso oltre 300 organizzazioni aderenti pubbliche e private in grado di informare direttamente a livello locale i migranti interessati ed aiutarli ad accedere alla misura realizzata da progetti che, in parallelo alla Rete, attuano i percorsi di ritorno.
Strumenti innovativi. L'azione della Rete è dotata di prodotti e strumenti informativi innovativi e di presidi territoriali: il numero verde e l'help desk, mette a disposizione materiali informativi plurilingue; una pagina facebook dedicata; l'attivazione di 14 punti di raccordo territoriale (focal point) per il supporto alla rete e l'informazione locale ai migranti; la realizzazione di sessioni informative in ogni regione; a breve anche da una App che permetterà agli interessati di accedere alle informazioni necessarie per accedere al programma di rimpatrio.
Le organizzazioni coinvolte. Il progetto RIRVA  è gestito dal Consorzio Nazionale Idee In Rete con il Consiglio Italiano per i Rifugiati(CIR); Oxfam Italia, Gea, il Consorzio Nazionale dell'Ordine degli Assistenti Sociali e il supporto della Fondazione ISMU.

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Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
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