Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

17 febbraio 2014

In cinquemila a Ponte Galeria: «Chiudete quel Cie»
Grande folla alla manifestazione per chiedere la serrata del centro di indentificazione di Roma
l'Unità, 17-02-2014
di F.M.Y
«Chiudere i Cie». Dietro questa rivendicazione circa 5.000 persone si sono radunate sabato scorso a Ponte Galeria per una manifestazione indetta dai movimenti per il diritto all’abitare e dalla rete delle associazioni antirazziste romane. In coincidenza con la manifestazione presso il centro romano, un altro presidio delle organizzazioni anti-razziste è avvenuto in Sicilia per sollecitare le autorità alla chiusura del mega-Cara di Mineo, il più grande centro di non accoglienza d’Europa.
A Roma sabato pomeriggio erano presenti i movimenti, una maggioranza di migranti, alcuni con bambini e famiglie, mamme tunisine con in mano le foto dei ragazzi dispersi (e a chi lo Stato italiano non ha ancora dato una risposta), LasciateCIEntrare, e altri associazioni.
Dietro lo striscione «nessuno uomo è illegale», il corteo partito da Parco Leonardo è riuscito a raggiungere il Centro di identificazione ed espulsione e quasi a circondarlo nonostante le imponenti forze di polizia disposte per bloccarne l’accesso. Con momenti di tensioni, lancio di oggetti e un vero e proprio assalto alla reti del centro di cui una parte sono state abbattute al grido di «Libertà », «Tutti liberi». Il corteo si è sciolto sul piazzale, dopo aver lanciato in aria lanterne rosse per farsi vedere dai detenuti, ancora circa 70, oltre le immense grate che circondano il campo di detenzione.
La protesta è stata indetta in coincidenza all’avvicinarsi del rimpatrio forzato dei13 protagonisti nordafricani della «protesta delle bocche cucite » di dicembre scorso, già denunciato il 14 febbraio dal Garante dei detenuti del Lazio Angiolo Marroni.
Proprio la mattina della manifestazione erano stati espulsi altri due ragazzi di 26 anni verso il Marocco, uno dei quali aveva solo partecipato alla protesta. Cioè se dentro ti ribelli, osi denunciare le indegne condizioni in cui sei recluso e l’illegalità di questa detenzione, la risposta delle autorità è: rimpatrio coatto immediato.
Con collaterale violazione del diritto d’asilo, senza verifica dello statuto giuridico di queste persone; ovvero, se sono rifugiati politici e rischiano persecuzioni, tortura e persino la morte, a seguito del rimpatrio coatto nel paese di origine.
In realtà, lo sgretolamento del sistema Cie - cinque sono rimasti aperti ad oggi a fronte degli 13 esistenti - è in corso da mesi, che hanno visto ripetersi numerosi eventi di ribellioni interne - dai migranti stessi, con l’estrema forma di protesta delle bocche cucite.
Va anche letto nel contesto di un più ampio movimento della società civile, che dopo la strage di Lampedusa ha ripreso parola (con la fondazione della Carta di Lampedusa) e che giudica inaccettabile l’esistenza dei Cie - la segregazione etnica - nel proprio Paese. Questo evento è solo il primo. Ce ne saranno di altri contro quelli che i manifestanti definiscono come veri e propri «lager di Stato». E che hanno mostrato tutta la loro debolezza.



Canale di Sicilia, soccorsi oltre mille migranti
Avvenire, 17-02-2014
Sono complessivamente 1079, tra i quali 64 minori ed un neonato, i migranti soccorsi dalle navi della Marina Militare nelle ultime 72 ore nel Canale di Sicilia. Gli ultimi sono arrivati ieri su due barconi in difficoltà intercettati dagli elicotteri del dispositivo aero-navale dell'Operazione Mare Nostrum. La nave anfibia San Giusto e la fregata Espero hanno soccorso il primo natante recuperando 244 migranti tra cui 41 donne ed 11 minori; la fregata Aliseo e la rifornitrice Stromboli hanno operato sul secondo barcone, in cooperazione con due motovedette della Capitaneria di Porto, portando in salvo 263 migranti, tra cui 30 donne, 35 minori ed un neonato. Di questi 1079 migranti 816 sono a bordo di Nave San Giusto che li sbarcherà domani ad Augusta; i restanti 263 invece saranno portati a terra in un porto ancora da definirsi con le motovedette della Capitaneria di Porto.



Social card. "Gli uffici postali non accettano le domande degli immigrati"
La denuncia dell’Inca Cigl: “Non c’è solo disinformazione, il software di Poste prevede ancora la cittadinanza italiana. Ritardo inaccettabile”
stranieriinitalia.it, 17-02-2014
Elvio Pasca
Roma – 17 febbraio 2014 – Come se nulla fosse successo. La legge di stabilità 2014 ha esteso la social card anche ai cittadini extracomunitari titolari di un permesso Ce per soggiornanti di lungo periodo (la cosiddetta carta di soggiorno), però Poste Italiane non accetta le loro domande.
Oltre un mese fa Stranieriinitalia.it aveva segnalato che il sito web di Poste (che raccoglie le domande e rilascia la carta) e quello dell’Inps (che eroga il contributo) non erano aggiornati. Stamattina su Posteitaliane.it c’è ancora il requisito della cittadinanza italiana, Inps.it ha inserito gli immigrati tra coloro che possono presentare la domanda, ma intanto gli operatori del suo contact center dell’Inps ancora insistono: “Chi fa la domanda deve essere italiano”.
Quel che è peggio, gli immigrati che provano materialmente a chiedere la social card non ci riescono. “Molti si fanno compilare la domanda dai nostri sportelli. Quando però vanno a presentarla negli uffici postali si sentono rispondere che è impossibile e vengono rimandati indietro” denuncia Claudio Piccinini, coordinatore degli uffici immigrazione del patronato Inca Cgil.
A quanto pare, non c’è solo un problema di disinformazione, ma anche di mancato aggiornamento del software. “Se ti presenti lì con il testo della legge, e dimostri che un immigrato può presentare la domanda, gli impiegati delle Poste non riescono a inserirla nel sistema informatico: i valori accettati nel campo cittadinanza sono solo I, IT o ITA” spiegano dall’Inca.
“È una situazione inaccettabile,  Inps e Poste Italiane non possono negare, per disinformazione o per un problema informatico, un diritto previsto dalla legge. Tardano tanto perché i beneficiari sono stranieri? È una discriminazione” incalza Piccinini. Che non ha dubbi: “Le domande degli immigrati vanno accettate e  il contributo garantito a partire da gennaio 2014”.



Ostia, raid notturno contro gli immigrati: tre fornai colpiti con le mazze da baseball
Fermato un 24enne che due ore prima aveva aggredito uno degli immigrati e poi organizzato la spedizione punitiva
Corriere.it, 17-02-2014
 ROMA - Una dozzina di persone armate di bastoni e mazze da baseball sono entrate nella notte tra venerdì e sabato in un forno in viale della Marina a Ostia, dove stavano lavorando tre persone tutte straniere, hanno messo a soqquadro il locale e picchiato i tre fornai , dileguandosi subito dopo. Ma la polizia, grazie ai filmati delle telecamere che erano davanti al locale, è riuscita a ricostruire la dinamica dell’aggressione. Gli agenti hanno riconosciuto uno dei responsabili: C.D., 24enne romano, che è stato arrestato per lesioni e porto abusivo di armi. Le indagini della polizia proseguono per l’individuazione degli altri complici.
LA PRIMA AGGRESSIONE - Il 24enne, un giovane romano con precedenti per droga e venerdì aveva festeggiato il suo compleanno con una bevuta al bar. Dopo i bagordi - forse per uno screzio o uno sguardo di troppo da parte di un immigrato - ha aggredito la prima vittima, un egiziano di 34 anni, sferrando contro di lui due pugni in un bar. Un paio d’ore dopo, con alcuni amici si sarebbe diretto al forno dove lavorava il 34enne assieme ad altri due connazionali di 23 e 25 anni. E lì è avvenuto il raid.
NIENTE DENUNCIA - Sono stati gli stessi agenti del commissariato ad accorgersi dei tre stranieri feriti ancora davanti al forno. Gli agenti del commissariato Lido, diretti da Antonio Franco, hanno trovato sia all’interno che all’esterno del forno evidenti tracce dell’aggressione: ovvero sono state rinvenute alcune mazze da baseball sporche di sangue, sul marciapiedi antistante l’entrata un braccialetto da uomo e alcuni fazzoletti anch’essi sporchi di sangue, oltre a diverse impronte sulla carrozzeria di un’auto lì parcheggiata. Una delle vittime ha poi raccontato che alcune ore prima dell’aggressione, mentre stava prendendo un caffè al bar di fronte al forno, era stato aggredito senza alcun motivo da un uomo a lui sconosciuto fino a quel momento, ma che poi aveva riconosciuto nel gruppo che gli aveva teso l’agguato
IN OSPEDALE - Il 24enne è stato rintracciato all’ospedale Grassi di Ostia, dove era andato per curare alcune ferite. Il giovane aveva inizialmente riferito ai sanitari e alla polizia di aver avuto un incidente con un motorino, una versione da subito poco credibile per gli investigatori. -



Il Mondiale degli schiavi “Già morti 400 operai”
Rapporto shock sui cantieri 2022, Qatar sotto accusa  
la Repubblica, 17-02-2014
FRANCESCO SAVERIO INTORCIA
Il Mondiale degli schiavi ne ha già uccisi almeno 400, il contatore corre veloce e spietato. Il Qatar ha otto anni per prepararsi alla coppa del 2022 e undici stadi ancora da fare: spreme gli immigrati privati della libertà da un sistema di tipo feudale. Dopo l’inchiesta del Guardian a novembre, che parlava di 185 operai nepalesi morti nei cantieri, un nuovo allarme arriva dal Pncc, Pravasi Nepali Coordination Committee, l’associazione che tutela i lavoratori migranti («pravasi», in nepalese): i risultati del rapporto sono stati anticipati dal britannico Observer.
Citando fonti di Doha, il Pncc parla di 400 nepalesi morti nell’emirato e stima che, se la Fifa e il Comitato organizzatore non interverranno per migliorare le condizioni di sicurezza, potrebbero diventare 4mila fino al 2022. Dal Nepal proviene solo un quinto della forza lavoro migrante del Qatar, che attinge anche da India, Bangladesh, Pakistan, Sri Lanka, Indonesia e Filippine.
I migranti rappresentano il 94% della forza lavoro di un Paese di 1,7 milioni di abitanti che importa 1,2 milioni di operai. Arrivano in Qatar nella speranza di mandare un po’ di soldi a casa. Pagano, per questo, cifre spropositate a mediatori senza scrupoli.
Poi, però, si ritrovano in condizioni di semischiavitù, ammassati in case sovraffollate, spesso senza acqua corrente ed elettricità. Il sistema della kafala prevede
che il datore di lavoro sia sponsor del migrante, che viene ammesso in Qatar su garanzia dell’appaltatore ma poi dipende totalmente da lui: senza la sua autorizzazione, non può cambiare lavoro né lasciare il paese, e neppure affittare una casa, ottenere la patente, sporgere denuncia. Al momento di tornare in patria, deve firmare una liberatoria, spesso sotto ricatto, per stipendi che forse non ha mai visto.
Subito dopo l’inchiesta del Guardian, Blatter è arrivato in Qatar e ha chiesto al Paese una relazione dettagliata. Il comitato organizzatore ha diffuso un documento di 50 pagine che fissa linee guida più severe per le imprese, regolando il pagamento dei salari, la dignità degli alloggi, la sicurezza sul lavoro. Tuttavia le norme riguardano la costruzione degli stadi, di fatto non ancora partita (le migliori garanzie, a oggi, tutelerebbero appena 38 operai): sono aperti solo i cantieri dell’impianto di Al-Wakrah, il discusso “stadio a forma di vagina” (il design in verità è ispirato alla barca dei pescatori di perle). Entro dicembre, via ad altre quattro opere: su 12 stadi, 9 saranno di nuova costruzione e 2 ampliati. La spesa complessiva stimata per la coppa è di 168 miliardi di euro, contro i 4 spesi dal Sudafrica. Il nodo principale, ora, è tutelare i lavoratori delle infrastrutture.
Da Londra, alla vigilia della visita ufficiale del principe Carlo, atteso a Doha dalla famiglia reale Al-Thani, il ministro ombra per lo sviluppo internazionale, Jim Murphy, accusa: «Non un solo operaio ha perso la vita per allestire i Giochi di Londra, mentre in Qatar si parla di 4mila possibili morti». Theo Zwanziger, dal Comitato esecutivo Fifa, chiede ispezioni per verificare il rispetto dei diritti umani. In Qatar il Ministero del lavoro assicura di aver incrementato del 30% gli ispettori e di aver effettuato 11.500 controlli in tre mesi. Ma Amnesty International parla di condizioni disumane e denuncia che all’ospedale di Doha nel 2012 sono arrivati oltre mille feriti da traumi nei cantieri. Molti erano senza casco. L’International Trade Union Confederation, a dicembre, ha collocato simbolicamente 30 elmetti all’Hotel Sheraton di Doha, per ricordare le trenta morti sul lavoro ogni mese in Qatar.

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