Lettera al Prefetto

Egregio dottor Pecoraro,
questa mattina mi sono recata per una nuova visita al Cie di ponte Galeria e ho potuto constatare che le ragioni per le quali mesi fa la Croce rossa auspicò un cambiamento radicale nella struttura o la chiusura sono tuttora vigenti. Il Cie è quasi senza riscaldamento, non ci sono neppure abbastanza coperte per poterne fornire un paio per ciascun recluso, il cibo è pessimo e il numero di persone con problemi di salute anche preoccupanti è elevatissimo. Inoltre, come già ebbi modo di segnalarle nel nostro incontro, ormai molti mesi fa, vengono portati al Cie e lì trattenuti per tempi assurdamente lunghi persone che in ogni caso non possono essere espulse verso nessun altro paese dal momento che sono nate in Italia. Sto parlando dei rom, in particolare di quelli che ho trovato a Ponte Galeria oggi e che risultato frutto dell’ultimo “censimento” compiuto in via di Salone e all’ex Fiera di Roma. Alcuni di loro sono nati in Italia, altri sono da venticinque o trent’anni residenti nel nostro paese, hanno mogli e figli italiani. Si sono fatti tutti identificare e per alcuni di loro sono in corso le pratiche per il riconoscimento dello status di rifugiato mentre altri stanno procedendo all’acquisizione di quello di apolide. Tutte fattispecie, mi sembra, ammesse e riconosciute dalla nostra legislazione e per le quali non è previsto il trattenimento in un Cie.
Caro Prefetto, mi rendo conto che questo non è un momento particolarmente sereno per la nostra città e che la mia condizione di consigliere regionale di prossima “scadenza” non mi consente di insistere più del dovuto sulla necessità di un incontro urgente [si associano a questa mia richiesta anche altri consiglieri e consigliere con le quali abbiamo già avuto modo di parlare con lei in passato] ma mi permetto di sollecitarle un incontro urgente per tentare almeno con lei di chiarire i prossimi passi da compiere per evitare di peggiorare una situazione già abbastanza difficile per migliaia di persone. Mi riferisco ai rom in particolare, dei quali Lei ha la responsabilità nella sua qualità di Commissario.
Intanto, Le segnalo i nomi di alcune delle persone da me incontrate oggi nel Cie e che rispondono a quelle caratteristiche di “incompatibilità” con la struttura dove attualmente si trovano rinchiusi.
Ivanovic Romano: è italiano e ha figli italiani
Ivanovic Mishel: è italiano, ha figli italiani e ha un vecchio procedimento di espulsione che risale al 2004
Amedovic Safet: è della ex Jugoslavia ma è gravemente ammalato, ha già avuto due infarti e non ha precedenti penali
Hadzovic Ibro: nato a Sarajevo il quale, da documento che Le allego, non risulta iscritto nei registri degli atti di nascita né nei registri dei cittadini di Bosnia ed Erzegovina
Husovic Kemo: nato a Roma il 22/9/1978
Ivanovic Dragan: nato nella ex Jugoslavia, figli italiani, da venti anni nel nostro paese. Se venisse rimandato nella ex Jugoslavia non saprebbe dove andare.
Thaki Ishef: della Macedonia, da 20 anni in Italia. Ha una figlia di sette anni e la moglie è morta. E’ l’unico parente in grado di provvedere alla propria bambina.
Rakic Rvonko: ex Jugoslavia, da 38 anni in Italia. E’ stato prelevato al campo della Martora. Se venisse rispedito, non saprebbe dove andare. I suoi figli sono nati in Italia.
Musovic Keno: prelevato in via di Salone, italiano di nascita.
Bacalanovic Omer: idem
Hadzonc Ibro: idem.

La ringrazio per la sua attenzione e attendo una sua cortese e sollecita risposta.


Cordialmente

Anna Evelina Pizzo

Share/Save/Bookmark