Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

20 maggio 2013

Nuovi Cittadini, 720mila in attesa
Dati Ismu: gli effetti dello «jus soli temperato» per chi nasce in Italia
il sole, 20-05-2013
Franca Deponti Francesca Milano
Una lista d'attesa di circa 72omila persone, quasi tutti bambini e ragazzi. Tanti sono gli stranieri che potrebbero diventare subito Cittadini a tutti gli effetti se venisse approvata la legge sullo jus soli "temperato", quella che attribuisce la nazionalità in base al luogo dove si nasce con una correzione legata alia stabilità di residenza. Secondo la proposta di legge più accreditata dal nuovo ministro dell'Integrazione, Cécile Kyenge, infatti, nel parterre dei nuovi italiani targati 2013 entrerebbero di diritto quasi 66omila minorenni (600 mila pregressi e 58mila venuti al mondo nel 2013) che - oltre a essere nati qui - hanno anche genitori residenti da almeno 5 anni (si vedano le tabelle qui a lato).
La nuova legge permetterebbe a un piccolo esercito di ottenere il passaporto senza aspettare anni. Una pattuglia (ipotetica) che andrebbe ad aggiungersi alle 60mila persone - di ogni età - che in ogni caso raggiungerebbero il diritto alla cittadinanza a legislazione invariata, cioè per matrimonio o dopo i dieci anni di residenza.
Questi sono i "numeri" - stimati dalla Fondazione Ismu - sul tavolo della polemica politica scatenata dalle nette affermazioni del ministro Kyenge e delle altrettanto nette risposte.
Il ministro ha più volte ribadito che «l'iter per l'acquisto della cittadinanza risulta particolarmente lungo e complesso» e che «è opportuno almeno riconsiderare, a legislazione vigente, il tema della cittadinanza in un'ottica di semplifica-
zione». Da più parti è arrivato, nei giorni scorsi, un "no" deciso allo ius soli "puro", ossia al modello statunitense che prevede l'attribuzione della cittadinanza a tutti i nati sul suolo americano.
Ma, allo stesso tempo, sono arrivate aperture sul progetto dei ministero. «Lo jus soli puro non sarà mai legge nel nostro Paese. Sul resto, il dibattito è aperto», ha affermato infatti Maurizio Gasparri, vicepresidente del Senato.
«Al tavolo di lavoro sulla riforma della legge sulla cittadinanza - spiega Khalid Chaouki, responsabile Nuovi Italiani per il Pd - siedono deputati e senatori di tutte le forze politiche». La soluzione dello jus soli con 5 anni di anzianità di presenza da parte di un genitore potrebbe, quindi, mettere d'accordo tutti. «I cinque anni - spiega Chaouki - provano il radicamento della famiglia sul ter-ritorio italiano, scongiurando quello che moltí temono, ossia l'arrivo delle partorienti». Lo jus soli a cinque anni, dunque, potrebbe essere la giusta mediazione tra questa proposta e quella di chi, invece, vorrebbe ancora lo jus sanguinis. In quest'ottica sembra più difficile, invece, allargare il fronte del consenso al testo messo a punto da 22 associazioni (tra cui le Acli, PAsgi, Rete G2, la Caritas italiana) che prevede la cittadinanza per i minori nati da «genitori stranieri di cui almeno uno sia legalmente soggiornante in Italia da almeno un anno». Troppo "generoso".
L'impatto di una massa di nuovi Cittadini, in effetti, è molto temuto anche da quanti lo ritengono poco sostenibile nell'ottica del welfare state: più Cittadini, più diritti, più spesa, sembra essere il mantra. Vanno però sottolineate almeno due cose a questo proposito: la prima è che i bambini stranieri godono comunque, in quanto residenti, delle maggior parte dei servizi offerti sul territorio. La seconda è che i nuclei familiari radicati in Italia porteranno comunque le seconde generazioni a ottenere la cit-tadinanza, solo con più difficoltà e in tempi più lunghi.
«E importante - sottolinea Chaouki, che con il ministro Kyenge collabora da anni - che la nuova legge sia retroattiva, perché non ci sono solo i nuovi nati, ma anche i tantissimi minori appartenenti alla cosiddetta seconda generazione, che vivono e crescono in Italia senza però essere italiani». Anche perché oggi i tempi per ottenere la cittadinanza sono paradossalmente più lunghi per i bambini nati in Italia rispetto ai genitori stranieri residenti: chi nasce qui deve aspettare ben 18 anni (fino al compimento della maggiore età) per poter dichiarare al Comune di voler «eleggere la cittadinanza italiana». E per fare questa scelta si ha solo un anno di tempo, fino al compimento dei 19 anni.
Alla "partita" dei minori nati qui in lista d'attesa, infine, si aggiunge quella dei bambini nati all'estero ma arrivati in Italia da piccoli, «come nel mio caso», sottolinea Chaouki, che è nato in Marocco ma è cresciuto tra Parma e Reggio Emilia. «Per loro pensiamo a una cittadinanza che possa essere acquisita al termine del percorso scolastico in cui ci si mserisce».
 

 

Fondo europeo per l’integrazione: approvato il Programma 2013, all’Italia 37 milioni di euro.
La Commissione europea ha definito per l’Italia dieci ambiti di intervento.
Immigrazioneoggi, 20-05-2013
Quasi 37 milioni all’Italia – precisamente 36.956.522 euro – per finanziare interventi di integrazione a favore dei cittadini stranieri immigrati provenienti da Paesi terzi, cioè non appartenenti all’Unione europea.
Li ha stanziati a titolo di cofinanziamento dei progetti la Commissione europea, che ha approvato il 3 maggio scorso – decisione C(2013) 2656 – per l’Italia il Programma annuale 2013 del Fondo europeo per l’integrazione di cittadini di Paesi terzi (Fei), gestito dal Dipartimento libertà civili e immigrazione del Ministero dell’interno.
Saranno dieci le azioni implementate con le risorse del Fondo: formazione linguistica ed educazione civica; orientamento al lavoro e sostegno all’occupabilità; integrazione scolastica e inclusione sociale dei giovani stranieri; integrazione e famiglia; informazione, comunicazione e sensibilizzazione; mediazione sociale, linguistica ed interculturale; dialogo interculturale ed empowerment delle associazioni straniere; valutazione delle politiche e degli interventi di integrazione; capacity building; scambio di esperienze e buone pratiche.
Successivamente, informa una nota del Viminale, sarà pubblicato l’avviso per la presentazione dei progetti relativi alle azioni.



Menù etnico e pausa preghiera I diritti degli immigrati in fabbrica
Accordi aziendali in Lombardia e Veneto: ma ci sono imprenditori leghisti che preferiscono evitare intese scritte
Corriere della sera.it, 20-05-2013
Dario Di Vico
Preghiera islamica a Milano (Fotogramma/De Grandis)Preghiera islamica a Milano (Fotogramma/De Grandis)
La condizione e le esigenze degli operai extracomunitari cominciano a trovare spazio nella contrattazione aziendale italiana. Solo in Lombardia la Cisl ha censito 19 accordi che regolano permessi lunghi, corsi di lingue, culto e alimentazione. E anche in Veneto ci sono esperienze analoghe anche se non catalogate. Poi con l'ultimo contratto nazionale dei metalmeccanici alcune norme sono state regolate a livello centrale come quella che va sotto il nome di «diritto al lutto». Se muore un familiare i dipendenti delle aziende meccaniche hanno 3 giorni di permesso ma se si tratta di un operaio senegalese o ghanese, che deve rientrare per partecipare ai riti funebri, 72 ore sono pochine. E così il contratto rende possibile accorpare un periodo di assenza lunga (fino a 30 giorni) compensandola con recuperi flessibili. La seconda novità riguarda la possibilità di chiedere un giorno di permesso retribuito per le festività previste dalla propria religione.
Commenta Piergiorgio Caprioli, il dirigente Cisl lombardo che raccoglie e studia gli accordi aziendali: «I diritti conquistati dai metalmeccanici sono stati preparati da intese a livello di fabbrica che si sono dimostrate utili per evitare conflitti e contrapposizioni. In azienda gli operai stranieri acquisiscono una sorta di statuto dei diritti e dei doveri che rende stabile l'inclusione in un'unica comunità». I casi aziendali si chiamano Alstom, Lindt, Trafilerie Mazzoleni, Aima, Marcegaglia, Italfaro, Rholo e così via. Tre accordi prevedono l'istituzione di corsi di italiano, 13 disciplinano l'accorpamento delle ferie per agevolare il rientro a casa (anche non per lutto), un accordo riguarda la possibilità di chiedere in mensa un menu alternativo, un altro l'apertura di uno sportello sul territorio per dare informazioni utili agli immigrati e altri due regolano la possibilità di pregare in azienda. I lavoratori interessati appartengono a tutte le categorie: meccanici, edili, alimentaristi, chimici e tessili. Continua Caprioli: «È chiaro che gli operai stranieri scontano una debolezza ma quando le loro rivendicazioni vengono fatte proprie dal sindacato il cerchio si chiude. Dalla diffidenza si passa all'integrazione piena. E ciò avviene nonostante la fase tremenda che viviamo dove la priorità è spessissimo quella di conservare a qualsiasi costo il posto di lavoro».
I sindacalisti raccontano che in passato da parte degli operai italiani c'è stata freddezza nei confronti delle rivendicazioni di stampo etnico - viste come in concorrenza con le altre più tradizionali - senza però che queste divergenze dessero luogo a episodi di intolleranza o razzismo. Spiega Isilde Armando, angolana di origine e ora responsabile della Fim-Cisl nazionale per i problemi dell'immigrazione: «All'inizio sostenere le diverse esigenze alimentari dei musulmani non è stato facile. Così come affermare il diritto di culto. Poi si è raggiunto qualche accordo-pilota che prevede appositi spazi dedicati alla preghiera oppure la possibilità di assentarsi per recarsi in moschea e recuperare le ore successivamente anche nel corso della stessa giornata». Le esperienze più significative sono in corso nella provincia di Bergamo e a Lecco. Rivela la Armando: «Nelle piccole aziende gli imprenditori non vogliono firmare accordi sul diritto alla preghiera, preferiscono intese verbali che si rinnovano di anno in anno. Spesso sono imprenditori che votano Lega e temono di ferire la suscettibilità degli altri operai firmando accordi formali».
La realtà di tutti i giorni sembra però rimuovere i blocchi culturali, se come si racconta, una fonderia di Thiene, in Veneto, ha attrezzato uno spogliatoio per le abluzioni degli operai musulmani e una cassa edile ha concesso agevolazioni e prestiti «per la democrazia» agli operai africani che dovevano recarsi in patria per votare alle elezioni del loro Paese. «Siamo soddisfatti e orgogliosi della capacità che la comunità del lavoro dimostra di venire incontro alle esigenze degli stranieri, pensiamo che sia la strada giusta - commenta Caprioli - ma siamo coscienti che ai loro occhi l'atteggiamento degli italiani sembrerà schizofrenico. In fabbrica ci sono integrazioni e tutele, accordi sottoscritti e verifiche formali, fuori l'extracomunitario resta in troppe occasioni un elemento ancora estraneo alla nostra società. Forse dovremmo darci l'obiettivo di ridurre questa distanza».



Ultradestra violenta e xenofoba Alba dorata cresce sulle macerie
la Repubblica, 20-05-2013
Ettore Livini
IL VOLTO più inquietante del populismo europeo è forse oggi quello di Alba Dorata, il partito ultra-nazionalista greco diventato la terza forza politica del Paese, con 18 seggi in Parlamento (su 300) e una popolarità in crescita arrivata nei sondaggi — complici le macerie sociali lasciate dalla crisi — al 13%.
Simbolo dell’organizzazione guidata da Nikolaos Michaloliakos è un meandro bianco — che ricorda la svastica nazista — su sfondo nero e sulla scrivania del leader c’è un’aquila imperiale. Il programma politico si fonda sulla superiorità culturale ellenica e si traduce in una violenta campagna xenofoba contro gli extra-comunitari (1,5 milioni su 11 milioni di abitanti) in Grecia. Un rapporto del Consiglio dei diritti umani dell’Onu accusa Alba Dorata di 200 attacchi a sfondo razziale nel 2011 12. Il Consiglio Europeo ne conferma la natura neo-nazista sostenendo che «la Grecia ha il diritto di metterla fuorilegge».
Appello caduto nel vuoto perché il fragile governo di unità nazionale teme che una tale decisione ne aumenterebbe la popolarità in un Paese con il Pil crollato del 25% in 5 anni e la disoccupazione giovanile al 67%.



«Deeqa aveva paura: era stata minacciata»
Avvenire, 20-05-2013
Paolo Lambruschi
Minacce che l’angelo dei rifugiati all’inizio non aveva preso sul serio e che poi l’hanno sconvolta, una scoperta misteriosa e un appuntamento la sera della morte. Non è facile sapere di più da San Salvario, il quartiere multietnico di Torino dove era attiva Deeqa Aden Gures, la mediatrice culturale trovata morta sul ponte della Gran Madre il 2 ottobre scorso con il capo schiacciato da un’auto.
Deeqa nel quartiere aveva aiutato molte persone offrendo cibo, assistenza e vestiti con generosità e senza chiedere nulla in cambio. Che fosse amata dalla comunità somala e non solo lo conferma l’ambasciatore della Somalia in Italia, Nur Hassan. «L’ho conosciuta a Torino. Era una donna straordinaria, piena di energia, colta e impegnata per il bene comune, Non importa di quale famiglia o di quale regione fossero i rifugiati somali. Per noi la sua morte è stata una grande perdita,e ho fiducia nella magistratura italiana che deve stabilire se procedere o no nelle indagini».
La prossima settimana si deciderà sulla richiesta di archiviazione della Procura o su un supplemento di indagini. Ma Deeqa, donna scomoda, aveva avuto a settembre screzi con i notabili somali di Torino che non la vedevano di buon occhio per la sua emancipazione e l’attività umanitaria. Era noto anche a San Salvario. Le veniva rimproverato ad esempio, lei che era nata al nord, di aiutare il “nemico”, i giovani somali del sud. Ma lei ribatteva che non le importava. E oggi persone che vivono e lavorano in questo angolo meticcio dietro Porta Nuova cui aveva confidato le sue paure e che sono stati testimoni di minacce telefoniche, rifiutano di parlare con i familiari della donna. Solo diffidenza verso la giustizia o c’è altro?
Abbiamo ascoltato due persone con l’intermediazione dei parenti a patto di rispettarne l’anonimato. La matrona somala che mi ospita nel retrobottega del suo negozio la considerava una figlia.
«Quando è morta sono andata con altre donne a lavarla secondo i dettami della fede islamica – spiega – e ho notato che aveva un taglio profondo sulla cima del capo. Mi sembrava causato da un bastone o da una pietra che non da un investimento».
A lei aveva parlato delle minacce? «Si, 15 giorni prima della morte. Agli inizi non ci aveva dato peso, Strano, però, che quella notte fosse in giro alle tre del mattino. Qualche giorno prima era rimasta da me a dormire perché avevamo cenato insieme e avevamo fatto tardi e lei non voleva girare sola. La sera in cui è morta è passata a cercarmi, doveva parlarmi. Ma non ha lasciato detto nulla».
Di una scoperta importante che riguardava la sua attività con i rifugiati doveva riferire anche alla sorella che vive nel padovano e che avrebbe dovuto raggiungere il 3 ottobre. Anche Dino Barrera, esponente torinese dei Verdi, ci ha detto di aver mancato un appuntamento con lei pochi giorni prima della morte. Dovevano parlare di quello che aveva scoperto e che si è portata nella tomba. Alla sorella aveva parlato anche di un’auto scura che la seguiva da giorni.
Secondo quanto racconta una giovane amica della vittima, la sera del primo ottobre dovevano vedersi in un caffè a San Salvario, dove i proprietari l’hanno vista “agitata”. «Però quando l’ho chiamata per raggiungerla – racconta l’amica – mi ha detto che era uscita con una persona con cui aveva appuntamento. Non ha aggiunto di più, ma era calma». Poi Deeqa si è recata alla “Drogheria” un locale di piazza Vittorio ed è tornata a casa in taxi. Quindi è nuovamente tornata in taxi ai Murazzi a notte fonda, senza borsetta né danaro. Forse qualcuno di cui si fidava l’ha convinta a uscire per l’ultima volta.



Imprese e immigrazione, quanto è corretta la comunicazione?
l'Unità.it, 19-05-2013
José Galvez
Guardate questa foto e poi ditemi se non è una bella foto, uno scatto che fissa speranze, ottimismo, una voglia di cambiare trasversale che collega culture molto diverse tra di loro. È stata scattata a Perugia, al termine di un panel dedicato al giornalismo etnico, nel quale si è discusso anche della crisi dell’editoria specializzata come quella che gli stranieri in Italia si sforzano di portare avanti “dal basso” come si dice, seguendo cioè la realtà nella quale vivonoQuesti colleghi di varie testate, Alina Harja, Hu Lanbo, Jean-Claude Mbede, tutti pieni di buona volontà, sanno che, una volta tornati a casa, chi a Roma, Milano, dovranno rifare i conti, capire come chiudere il prossimo numero della loro testata giornalistica, dove trovare le risorse. Eppure il cambiamento si fa così, cambiando la cultura e la mentalità, facendo capire che una immigrata di colore, mamma, con una laurea, impegnata politicamente, può cambiare le cose e la testa della gente. Ma deve cambiare anche la comunicazione sugli immigrati, le frasi, i titoli, i luoghi comuni che ancora una volta filtrano la realtà dei fatti.
Bisogna sostenere la comunicazione degli immigrati e non soltanto sugli immigrati. Anche delle imprese immigrate. Sono parte di quelle imprese che riescono a tenere insieme l’economia, più di quella italiana. La camera di commercio di Milano ha verificato proprio in questi giorni che a Milano, città capoluogo-simbolo delle migrazioni, che l’economia sotto la Madonnina tiene grazie agli stranieri le cui imprese sono cresciute del 7%, a differenza di quelle italiane diminuite dello 0,5 per cento. Se questo succede ancora in tempi di crisi allora vuol dire che la trasformazione in atto oramai da anni è più che consolidata.
    Al neoministro Cécile Kyenge chiediamo allora più voce e sostegno a chi fa da intermediario.
Foto: Alina Harja (Actualitatea Magazin), Christiana Ruggeri (TG2), Jean-Claude Mbede (Afrikitalia), José Galvez (Impresa Etnica), Hu Lanbo (Cina in Italia)

 

Share/Save/Bookmark
 


 

Perchè Italia-Razzismo 


SPORTELLO LEGALE PER RIFUGIATI E RICHIEDENTI ASILO

 

 


 

SOS diritti.
Sportello legale a cura dell'Arci.

Ospiteremo qui, ogni settimana, casi, vertenze, questioni ancora aperte o che hanno trovato una soluzione. Chiunque volesse porre quesiti su singole situazioni o tematiche generali, relative alle norme e alle politiche in materia di immigrazione, asilo e cittadinanza nonché all'accesso al sistema di welfare locale da parte di stranieri, può farlo scrivendo a: immigrazione@arci.it o telefonando al numero verde 800905570
leggi tutto>

Mappamondo
>Parole
>Numeri

Microfono,
la notizia che non c'è.

leggi tutto>

Nero lavoro nero.
leggi tutto>

Leggi razziali.
leggi tutto>

Extra-
comunicare

leggi tutto>

All'ultimo
stadio

leggi tutto>

L'ombelico-
del mondo

Contatti


Links