Una prima elementare «annullata» a Milano: troppi stranieri in classe

 

Italia-razzismo        Osservatorio

 

La scuola rappresenta uno dei momenti cruciali nel percorso di crescita di una persona. È durante il tempo trascorso in quella istituzione che avvengono i processi formativi fondamentali, individuali e collettivi. È qui che ci insegnano a memorizzare nozioni ed è qui che dovrebbero insegnarci a metterle in pratica. 
Ottimo quindi l’utilizzo di pc ed e-book (per dirne una), ma non basta. La scuola dovrebbe analizzare - partendo dall’osservazione delle persone che la frequentano - il presente e formare individui in grado di vivere in questo tempo. La composizione delle classi indica quali sono le caratteristiche del quartiere in cui un istituto si trova, quali sono i comportamenti tipici di una generazione e, più in generale, quali sono i mutamenti sociali in corso. 
È indicativo un dato: tra il 2000 e il 2010 gli alunni con cittadinanza non italiana sono aumentati di quasi il 400%. Quest’anno le iscrizioni (dalle elementari alla scuola media superiore) da parte di studenti stranieri sono state all’incirca settecentomila. E così l’adozione di metodi scolastici la cui forza consiste nell’accoglienza e non nel rifiuto, appare urgente. E ciò significa elaborare politiche pubbliche e strumenti amministrativi idonei ad affrontare questa nuova sfida, tra gli altri: corsi di perfezionamento o insegnamento della lingua italiana e ricorso a mediatori culturali.
Ecco che allora, non far partire una prima elementare milanese perché «dove ci sono solo o quasi studenti immigrati non c’è integrazione» è un messaggio inadeguato e dannoso (oltretutto perché proviene da un’istituzione). Una risposta semplicista a un quesito complesso: quanti di quei bambini erano immigrati? E ancora: fino a che punto si può considerare straniero chi, magari, di straniero ha solo i genitori?
l'Unità, 17-09-2011

 

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