Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

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"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

15 settembre 2014

Tragedia immigrati centinaia di morti al largo di Tripoli
Il barcone diretto in Italia è affondato a poche miglia dalla costa
I soccorritori: "Ci sono così tanti cadaveri che galleggiano in mare"
la Repubbblica, 15-09-14
ROMA. Un altro barcone della speranza diventato strumento di morte. Un nuovo caso di barcone affondato allargo delle coste libiche, ed è toccato alla Marina di Tripoli dare l`annuncio e le dimensioni della drammatica vicenda: a bordo c`erano duecentocinquanta persone e - sono le stesse autorità ad ammetterlo - sono riuscite a salvarsi soltanto in ventisei. L`annuncio, nella notte italiana, è stato del portavoce della Marina libica, Ayub Qassem: «L`imbarcazione è affondata nelle vicinanze di Tajoura, ad est della capitale, e ci sono così tanti cadaveri che galleggiano tutti in mare». Dettagli raccapriccianti: molte delle vittime sono donne, e i soccorsi e le ricerche difficili per gli scarsi mezzi a disposizione della guardia costiera, la cui maggioranza di navi sono in realtà battelli da pesca e rimorchiatori presi in prestito dal ministero del Petrolio.
Sulle cause nessuno si è pronunciato, ma è probabile che il numero eccessivo di persone e l`oscurità abbiano contribuito ll`inabissamento della carretta del mareill fatto di ieri ha fatto ricordare un caso analogo, del 24 agosto: furono duecentocinquanta le vittime, migranti che volevano raggiungere il nostro Paese. Tragedia che inorridì Cecilia Malmstroem, Commissario Europeo agli affari interni. E in questi ultimi giorni si sono susseguiti interventi di soccorso in mare per altri naufragi.
Dal 1988 ad agosto, senza il triste conteggio della tragedia di ieri notte sono morte lungo le frontiere dell`Europa almeno 20.257 persone, di cui 2352 soltanto nel corso del 2011, almeno 590 nel 2012, 801 nel 2013 e già 904 nei primi otto mesi del 2014. Questi i dati di Fortress Europe, il blog di Gabriele Del Grande che tiene aggiornato il computo del "cimitero Mediterraneo". Ricorda il presidente nazionale della Croce Rossa Italiana, Francesco Rocca: «Non c`è più tempo da perdere, bisogna subito aprire corridoi umanitari. Le istituzioni nazionali e comunitarie devono garantire un approdo sicuro a chi sta scappando da guerre e dittature». Altrimenti ci saranno soltanto tanti «mai più» a parole, ma senza i fatti.



Naufragio a Tripoli, 160 migranti morti
Avvenire, 15-09-14
Nuova tragedia della disperazione in mare. Un barcone con 250 persone a bordo è affondato a largo delle coste libiche, e i morti accertati sarebbero giuà 160. Lo ha reso noto la marina di Tripoli nella tarda serata di ieri, ma le informazioni che giungono da Tripoli sono ancora frammentarie.
Il portavoce della marina libica ha aggiunto che molte delle vittime sono donne e che i soccorsi e le ricerche sono stati resi difficili dagli scarsi mezzi a disposizione della guardia costiera. La maggioranza delle navi sono battelli da pesca e rimorchiatori presi in prestito dal ministero del Petrolio.  
Sarebbero, invece, circa 500 i dispersi del naufragio avvenuto la scorsa settimana a 300 miglia al largo di Malta, e a causare l'incidente sarebbero stati gli stessi trafficanti, che - da una seconda imbarcazione - avrebbero di proposito  fatto colare a picco il barcone con a bordo i migranti, con i quali era nato un violento scontro". A raccontare la vicenda agli operatori dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni (OIM) in Sicilia sono stati i due sopravvissuti di nazionalità palestinese.
Negli ultimi mesi, diverse centinaia di persone hanno perso la vita cercando di raggiungere le coste italiane, punto di approdo verso i Paesi del Vecchio Continente. Nell'incidente più grave avvenuto di recente, 170 persone sono risultate disperse alla fine di agosto al largo delle coste libiche. Secondo i dati forniti dall'Unhcr, l'Alto Commissariato per i Rifugiati dell'Onu, dall'inizio dell'anno oltre 100mila persone hanno raggiunto l'Italia e quasi 2mila sono morti nel tentativo. Lo scorso ottobre si era registrata la peggiore ecatombe nel Canale di Sicilia, con 366 morti e 155 superstiti. L'Italia reagì lanciando l'operazione Mare Nostrum e chiedendo un maggiore impegno europeo: richiesta recepita solo di recente, con l'annuncio per fine novembre dell'avvio della missione Frontex Plus.



Il giallo del naufragio a Malta: «Strage provocata dagli scafisti»
Gli scampati: speronati apposta perché non volevamo trasbordare su una carretta
E nella notte affonda un barcone al largo delle coste della Libia con 250 persone
il Giornale, 15-09-14
Valentina Raffa
Sarebbero stati gli scafisti a ucciderli. Spietati e senza cuore.
È giallo sull`ultimo naufragio a 300 miglia a Sud Est di Malta. Potrebbe trattarsi della più grande tragedia del mare finora registrata, malgrado siano ancora state recuperate poche salme.
Sul battello partito dalle coste di Alessandria d`Egitto potrebbero esserci state 450 persone. Ne sono state tratte in salvo 7, tra cui due bambini, e tre sono i morti recuperati.
Mentre si attende che il mare agitato di questi giorni restituisca qualche altro corpo, molti potrebbero essere colati a picco incastrati nel natante. Ma non si esclude che siano più lontano. Quando la nave mercantile Pegasus harecup erato i superstiti, sarebbero già passati due giorni dalla tragedia. Qualcuno avrà cercato di raggiungere a nuoto un appiglio. Questo spiegherebbe lo stato di grave ipotermia in cui di alcuni immigrati recuperati, tra cui una bimba di due anni.
Non si sarebbe trattato di un incidente. A causare la catastrofe sarebbero stati gli scafisti egiziani al timone di un`altra imbarcazione. Stando alle testimonianze degli immigrati, avrebbero mirato e preso in pieno il battello dopo un diverbio con i passeggeri. Il modus operandi di questo viaggio avallerebbe le testimonianze. Come costume degli egiziani nei viaggi organizzati in genere con i libici, gli immigrati dovevano cambiare imbarcazione. Così è stato anche nello sbarco di una settimana fa a Pozzallo, che ha registrato tre cambi di imbarcazione e ha percorso la stessa rotta del battello della sciagura.
In quell`occasione il natante è stato intercettato da un pattugliatore maltese che l`ha scortato fino al trasbordo dei passeggeri sulla motonave Nos Tauros. In pratica fino alla consegna all`Italia.
Questa volta gli immigrati si sarebbero rifiutati di trasbordare in un altro natante trainato dagli scafisti. Doveva trattarsi dell`ultimo step. Da lassù sarebbe stato lanciato l`Sos. Ma la barca era troppo piccola per un numero così alto di persone.
I passeggeri temevano di cadere in acqua. All`ennesimo diniego, la tragedia.L`imbarcazione degli scafisti ha investito il battello. Squarciatosi, sarebbe presto affondato trascinando con sé tanta gente. Anche bambini. Sarebbe la versione raccolta dai soccorritori. «Li hanno ammazzati - commentano -. È una tragedia senza fine». Sulla probabile ecatombe, avvenuta in acque internazionali, indagano le autorità della Valletta. Le ricerche sono ancora in atto.
Il mare agitato non fa presagire nulla di buono. Il vento è forte. Tanti i barconi in balia delle onde. Ieri il pattugliatore Orione della Marina Militare ne ha intercettato uno con 89 persone, la nave Sirio ha soccorso 240 immigrati, di cui 54 donne e 60 minori. Il giorno prima la Borsini ha recuperato 490 persone.
È stato un fine settimana intenso. Sabato 500 persone sono sbarcate dalla nave Euro a Crotone e altrettante dalla Orione a Porto Empedocle. La Fasan ne ha salvate 356. All`alba di sabato sono giunti a Pozzallo 386 migranti. Soltanto qualche giorno prima si è registrato in territorio di Scicli uno sbarco alla «vecchia maniera».
Gli immigrati sono stati costretti a gettarsi in acqua per raggiungere a nuoto l`arenile. Hanno dormito in uno chalet per poi vagare in strada. Ne sono stati rintracciati 110. È accaduto a poche centinaia di metri dal luogo della tragedia di un anno fa, costato la vita a 13 immigrati costretti dagli scafisti a suon di frustate a gettarsi in acqua in zona Pisciotto.
Ai problemi sull`ospitalità, si affiancano quelli legati agli accordi di gestione delle strutture di primo soccorso e accoglienza.
Intanto ieri sera nuova tragedia della disperazione in mare. Un barcone con 250 persone abordo è affondato a largo delle coste libiche e si teme che ci siano molti morti. Lo ha reso noto la marina di Tripoli.



Profughi, burocrazia spietata Condannati a rischiare la vita
Avvenire, 14-09-14
Ilaria Sesana
Addes ha 45 anni ed è vedova. A portarle via il marito sono state le onde del Mediterraneo che hanno fatto ribaltare l’imbarcazione su cui viaggiava e una burocrazia ottusa che gli ha negato un visto. Un semplice visto d’ingresso che gli avrebbe permesso di prendere un aereo da Addis Abeba e di arrivare sano e salvo in Italia.
Addes e Berhane (i loro nomi, come tutti quelli usati in questo articolo sono fittizi, ndr) si sono sposati il 26 giugno 2013. Lei è cittadina italiana e questo avrebbe dovuto rendere più spedita la trafila per ottenere il visto per il marito. L’appuntamento in ambasciata, però, non è mai stato fissato.
Così Berhane ha raggiunto la Libia e si è imbarcato per l’Italia. Ma l’imbarcazione su cui viaggiava è affondata tra fine luglio e i primi di agosto, in uno dei tanti naufragi senza data e senza notizie certe. Quello di Addes e Berhane purtroppo, non è un caso isolato.
«Stiamo parlando di quasi 200 famiglie eritree bloccate in Etiopia denuncia don Mosé Zerai, direttore dell’agenzia Habeshia -. Stiamo avendo lo stesso problema in Uganda per una cinquantina di persone. Mentre in Sudan erano bloccate circa 170 persone: la situazione sta migliorando, ma il problema non è risolto del tutto». Ma anche in Yemen e in Kenya ci sono molti cittadini eritrei ed etiopi che attendono il ricongiungimento, sebbene sia difficile avere dati precisi. Per non parlare della diaspora somala.
Come tutti i migranti, hanno diritto a ottenere un visto per ricongiungimento familiare, un semplice pezzo di carta che però molto spesso viene loro negato dalle ambasciate italiane. Sfiancati dall’attesa e dalla burocrazia decidono così di attraversare il deserto e pagare migliaia di euro ai trafficanti. Rischiando di morire a ogni passo. «Chiudendo le porte alle vie legali per l’emigrazione, i trafficanti si arricchiscono - evidenzia don Zerai. Non si capisce per quale motivo vengano bloccate le pratiche se queste persone hanno il nulla osta del ministero dell’Interno al ricongiungimento».
«Mamma, non ce la faccio più. Domani parto, ci vediamo in Italia». Sono le ultime parole che Tekie, 28 anni, ha rivolto a sua madre prima di salire a bordo di un barcone, affondato nel marzo 2011 al largo della Libia. Sara scoppia a piangere più di una volta. Ha 56 anni, vive e lavora a Genova come badante da una decina d’anni. Tra le mani una cartelletta di plastica stracolma di documenti e fotocopie: non è riuscita a salvare Tekie, ora vuole a tutti i costi evitare che anche il secondo figlio, in preda alla disperazione, faccia una mossa avventata. La pratica, piano piano, va avanti ma il ragazzo è stanco di aspettare. «Amanuel vive a Tel Aviv dal 2007 con la moglie e due bambini - racconta la donna -. È disperato».
Nel Paese le condizioni di vita dei profughi eritrei e sudanesi è particolarmente difficile: il 99% delle richieste d’asilo viene rigettato. Inoltre, un recente rapporto di Human Rights Watch denuncia l’espulsione forzata di circa 7mila persone, detenzioni illegali, politiche poco chiare sul rilascio delle autorizzazioni per lavorare e limiti all’accesso alle cure mediche.
Anni di attesa e separazione. Che possono sembrare poca cosa di fronte alla prospettiva di un’intera vita insieme. Ma che diventano vera tortura se sei intrappolato in Libia, in Israele, in Sudan. O se sei una donna sola, madre di un bambino piccolo.
«Una situazione che è peggiorata negli ultimi anni - commenta Kiros Menghistie, referente della comunità eritrea genovese -. Tra le motivazioni per cui le ambasciate negano i visti ci sono i matrimoni combinati per interesse. Sicuramente ci saranno stati degli episodi. Ma questo non può bloccare tante richieste legittime». Alla vicenda si era interessata anche la deputata Lia Quartapelle (PD) che, oltre a interessare il ministero degli Esteri, ha preso contatto direttamente con l’ambasciata italiana di Addis Abeba. «I visti non vengono rilasciati perché c’è il sospetto che siano matrimoni combinati », spiega Quartapelle.
A complicare la situazione, le difficoltà degli eritrei a ottenere documenti da parte del loro governo e l’instabilità politica della Somalia. Mohamed e Medhin, ad esempio, si sono sposati nel 2007, ben prima che lui decidesse di partire per l’Italia: di certo non un matrimonio d’interesse. Ma in un Paese dilaniato dalla guerra civile e senza autorità, la registrazione delle nozze non è certo una priorità per una giovane coppia. L’atto che è stato presentato in ambasciata presenta infatti una data successiva. Una discrepanza nei documenti che è costata alla donna la concessione del visto.
A chi riceve un diniego, non resta quindi che andare in tribunale. Alì, ad esempio, ha fatto ricorso contro la decisione dell’ambasciata italiana a Nairobi, che non ha concesso il visto alla moglie. Ancora una volta, alla base del diniego, l’ipotesi di un matrimonio d’interesse. I giudici però hanno sottolineato «le notorie oggettive difficoltà politicoeconomiche che da anni investono la Somalia, priva di qualsiasi ufficio anagrafe, che avrebbe potuto certificare il matrimonio al momento della sua effettiva celebrazione». Hanno quindi ordinato all’ambasciata di concedere il visto. «La sentenza è arrivata nell’agosto 2011, a quasi due anni dall’avvio della pratica di ricongiungimento - spiega l’avvocato genovese Alessandra Ballerini, che ha seguito il caso -. Abbiamo inviato la sentenza all’ambasciata, ma la concessione del visto non è immediata». Altri mesi sono passati prima che marito e moglie potessero riabbracciarsi.
Alla vicenda di sta interessando anche il Codacons, che ha presentato un esposto alla Procura della Repubblica di Roma e alla Corte dei conti «in relazione ad eventuali omissioni di atti d’ufficio e per i danni prodotti alla collettività». Inoltre l’associazione ha chiesto di poter prendere visione della documentazione di otto ambasciate italiane (tra cui Etiopia, Eritrea, Somalia e Libia) in merito al numero di richieste di visto presentate negli ultimi due anni, tempi di elaborazione delle stesse, numero dei dinieghi e relative motivazioni. «Vogliamo verificare se le ambasciate hanno fatto quello che dovevano o se hanno negato i visti senza una motivazione valida», commenta l’avvocato Pietro Bassotti.



Naufragi, 2200 morti da giugno. Unhcr: “E' un vero bollettino di guerra"
Stanotte un'imbarcazione con 250 migranti si è rovesciata a largo delle coste libiche, i morti sarebbero oltre 200. La portavoce Sami: “Abbiamo largamente superato le 2500 vittime nel Mediterraneo, è un'emergenza umanitaria senza precedenti. Impensabile superare Mare nostrum””
Redattore sociale, 15-09-14
ROMA - “L'ennesimo naufragio che si aggiunge a quello che è ormai un bollettino di guerra per un'emergenza umanitaria senza precedenti”. Commenta così Carlotta Sami, portavoce dell'Unhcr; il naufragio avvenuto nella notte a largo delle coste libiche. Sul barcone affondato nelle vicinanze di Tajoura, a est della capitale, viaggiavano 250 persone, di queste finora ne sono state tratte in salvo solo 26. Le vittime, ancora non confermate, sarebbero dunque oltre duecento. “Quello che è successo è l'ennesima tragedia, dopo quella di sabato a largo dell'Egitto e di venerdì a largo di Malta – sottolinea Sami -. Parliamo ancora di centinaia di vittime. Ad oggi secondo questo triste conteggio che teniamo ogni giorno, abbiamo largamente superato le 2500 vittime, di cui almeno 2200 solo da giugno. Un vero boletttino di guerra, che si aggiunge alle vittime dei conflitti alle porte del Mediterraneo: parliamo di 2200 morti a Gaza, di migliaia morti in Ucraina, in Iraq e in Siria.”
Secondo la portavoce per il Sud Europa dell'Unhcr, la situazione è dunque particolarmente grave e bisogna intervenire su due fronti: “E' necessario rafforzare e continuare le operazioni di salvataggio - afferma - ma anche fare un enorme sforzo collettivo in Europa per dare una via sicura per la protezione a queste persone. La maggior parte di essi sono rifugiati e quindi occorre che riescano ad arrivare in Europa senza mettere a rischio la propri vita. Su questi due punti stiamo cercando la collaborazione di tutti gli stati europei e speriamo che questo avvenga in tempi brevissimi perché parliamo di un'emergenza umanitaria senza precedenti”
Gli ultimi naufragi hanno riaperto il dibattito sulla possibilità di aprire corridoi umanitari, per permettere ai migranti di chiedere asilo già nei paesi di transito. Ma per Unhcr non c'è una soluzione univoca: “La nostra proposta prevede diverse possibili soluzioni da far lavorare assieme – spiega – chiediamo di aumentare innanzitutto le posizioni per i programmi di reinsediamento, di aprire i programmi di ammissione umanitaria e di incentivare i programmi per studenti e per bambini in età scolare oltre a prevedere visti di carattere umanitario anche per ragioni di impiego. Un insieme di interventi che presentati alle migliaia di rifugiati che stanno aspettando di arrivare in Europa possano, dunque, dare un messaggio di speranza diverso, rallentando i flussi di coloro che cercano di trovarla mettendosi in mare”.
Nell'attesa di intervenire con programmi umanitari, però - sottolinea ancora l'Unhcr - non bisogna in nessun modo rallentare le operazioni di salvataggio: “Esse stanno dimostrando nei fatti che è necessaria, e di fatto avviene, una collaborazione a livello internazionale. Dal nostro punto di vista è fondamentale che ci sia un cappello europeo alle operazioni di salvataggio e vogliamo essere fiduciosi che il governo italiano voglia continuare – aggiunge - sarebbe impensabile che Mare nostrum o qualsiasi operazione di salvataggio, venisse diminuita nell'intensità, in questo momento così grave. C'è in atto una crisi umanitaria senza precedenti: nel 2013 abbiamo registrato 51 milioni di persone in fuga nel mondo, il numero più alto dalla seconda guerra mondiale. Nel 2014 supereremo di sicuro questo numero, abbiamo nove milioni di persone in fuga all'interno e verso l'esterno della Siria, in Ucraina e in Iraq. E' una situazione estremamente grave”. (ec)


Quando si dirà “ora basta”?
la Repubblica, 15-09-14
Carlotta Sami
Mentre dormiamo, nella stessa oscurità, partono, per l’ultimo e più importante viaggio centinaia di esseri umani, donne come noi, uomini come i nostri fidanzati e mariti, bambini come i nostri, che però a scuola non andranno né oggi né domani.
Saranno molto fortunati se riusciranno ad arrivare sani e salvi.
Se potranno poi trovare qualcuno che li aiuti a superare il trauma del viaggio della morte.
I rifugiati, sopravvissuti due volte, una a guerra, torture, agguati, un’altra al naufragio.
Loro mi raccontano che non avrebbero mai immaginato, quando scappavano dai bombardamenti, dalle minacce di morte, dalle prigioni e dai loro aguzzini che il peggio avrebbe dovuto ancora venire.
E’ un bollettino di guerra: in un’estate orribile, come non se ne registravano da anni, in cui a migliaia si contano i morti in Ucraina, in Iraq, in Siria, a Gaza, contiamo anche noi. Ogni giorno sono decine, centinaia a comporre una cifra che va oltre i 2.500 morti, la maggior parte fra Giugno e Settembre.
Quando si dirà “basta”?
Quando, le vittime saranno giudicate troppe per essere registrate dalle cronache europee e finire sulle scrivanie di uffici, ministeri, commissioni, agenzie senza destare scandalo, parte quotidiana di una normale routine?
Ignorare questa realtà e le sue cause non farà sparire né i morti, né i rifugiati con la loro disperata e sempre dignitosa richiesta di aiuto: provate a immaginare cosa accadde a Ebrei, Rom, perseguitati di ogni tipo durante l’ultimo conflitto mondiale.
Oggi abbiamo un numero di persone in fuga ancora più alto, oltre 51 milioni in tutto il mondo.
Più dell’80% vengono accolti in Paesi in via di sviluppo.
E’ tempo che in Europa si metta in campo uno sforzo collettivo drastico e senza precedenti, proprio come la crisi umanitaria di cui siamo testimoni oggi, nel nostro Mar Mediterraneo.



Nella periferia degli immigrati: «Ci temono»
Repubblicca, 15-09-14
STOCCOLMA - Una targa sul muro di un edificio basso e grigio annuncia: «Kulturskolan Stockholm», centro culturale. E domenica sera, le urne stanno per chiudere. I primi exit poli segnalano che il partito xenofobo degli Svedesi democratici supera il 10% dei voti e, dunque, ha raddoppiato i consensi. All`interno i locali sono tutti vuoti e chiusi a chiave. Tranne uno stanzone seminterrato dove cinque uomini silenziosi giocano a carte, una specie di Ramino con i soldi sul tavolo. Quartiere Husby, periferia nord di Stoccolma. Neanche tanto male rispetto agli standard urbanistici di mezza Europa. Nessun alveare, qualche blocco di sette-otto piani con le parabole sui balconi, molte palazzine rosse.
Strade pulite, giardini in ordine. Mohamoud è l`unico che parli inglese. Tocca a lui, dunque. Ha 33 anni, gli ultimi cinque li ha vissuti qui. Viene dall`Iran, come la maggior parte degli abitanti di Husby. Iraniani, oppure curdi, iracheni, siriani. «Ho la residenza, ma non il passaporto e quindi non ho votato», chiarisce subito. Poi racconta di quanto sia bello e ricco il suo Paese, ma di come sia impossibile viverci «sotto i mullah». Adesso fa il buttafuori in una discoteca del centro città. Piano, piano comincia a parlare di politica. Praticamente tutti gli immigrati hanno appoggiato in pieno i socialdemocratici. Ma il punto ora è capire chi e perché ha
votato per il movimento populista di Jimmie Akesson. Forse è corretto partire da qui, da questo insediamento nato negli anni Sessanta e Settanta, pianificato dal governo e dalla municipalità per dare un alloggio agli operai assunti nelle índustríe chimiche, metallurgiche
e nei cantieri navali della capitale. «Io un po` li capisco - dice il giovane iraniano - noi siamo venuti tutti qui, di colpo. Non credo che gli svedesi siano razzisti, tranne una piccola parte di loro. Gli altri sono solo molto preoccupati, pensano che manderemo in
rovina l`economia, lo Stato». I cinque giorni che trascorsero da119 al 23 maggio del 2013 sono ancora vivi nella memoria di Stoccolma. I sobborghi a nord furono sconvolti da duri scontri tra giovani immigrati e la polizia. E cominciarono proprio a Husby, quando gli agenti uccisero un anziano portoghese che li minacciava armato di machete. Seguirono notti di incendi, di auto rovesciate, di cariche e di lacrimogeni. Si parlò di crisi irreversibile del modello di integrazione alla svedese, di fallimento sociale, esattamente come era avvenuto a Londra e a Parigi. Ma ora la serata è tiepida. La fermata del metro è ancora affollata. In pochi si fermano a parlare, a spiegare. Cí pensa allora Mohamoud a tirare le fila: «La verità? Io penso che qui almeno il 4o% degli svedesi sia stufo di tutti questi
immigrati e forse anche loro hanno votato per il partito anti-stranieri. Ma noi tutti confidiamo nei socialdemocratici.
Hanno promesso che ci aiuteranno, perché ne abbiamo bisogno, noi non sapremmo dove andare».
G. Sar.



Cittadinanza. L'Italia sono Anch'io: "Basta annunci, ora la riforma"
"Pensare ai minori nati e/o cresciuti in Italia e agli adulti che vivono qui stabilmente". "Serve anche il diritto di voto per rafforzare la nostra democrazia"
stranieriinitalia.it, 15-09-14
Roma – 15 settembre 2014 - Sono passati due anni e mezzo da quando la campagna l'”Italia sono anch'io” ha presentato alla Camera due proposte di legge di iniziativa popolare per chiedere la riforma della cittadinanza e il diritto di voto per gli immigrati. Erano accompagnate da oltre duecentomila firme.
Entrambe le proposte, finora, non hanno fatto molta strada. Ora che in commissione Affari Costituzionali si torna a parlare di nuove regole per diventare italiani, i promotori della campagna chiedono alla politica di darsi una mossa
“Dopo i ripetuti annunci effettuati da rappresentanti del Governo e del Parlamento nel corso degli ultimi anni, è giunto il momento di approvare una riforma che si ponga come obiettivo prioritario la facilitazione del riconoscimento della cittadinanza ai cittadini stranieri, minori nati e/o cresciuti in Italia e gli adulti che vivono stabilmente nel nostro paese” scrive l'Italia sono anch'io.
Giovedì scorso i promotori della campagna sono stati ascoltati dai deputati che stanno lavorando alla riforma della cittadinanza e hanno ricordato i punti qualificanti della proposta di legge popolare:
a) introduzione dello ius soli temperato: chi nasce in Italia è italiano se almeno un genitore soggiorna in Italia da un anno o se nasce da genitori a loro volta nati in Italia indipendentemente dalla loro condizione giuridica;
b) anche se non sono nati in Italia i bambini arrivati entro il 10° anno di età e vi abbiano soggiornato legalmente possono chiedere la cittadinanza entro due anni dal compimento della maggiore età. La stessa possibilità è riconosciuta ai bambini che abbiano frequentato un corso di istruzione;
c) possono richiedere la cittadinanza italiana gli adulti stranieri legalmente soggiornanti da 5 anni (anzichè 10). La domanda è presentata al Sindaco che ne fa istanza al Presidente della Repubblica.
Intanto, l'Italia sono anch'io chiede che, in nome del principio di uguaglianza garantito dalla Costituzione, si riconosca anche il  diritto di voto attivo e passivo ai cittadini stabilmente presenti nel nostro paese da 5 anni. “Ciò consentirebbe di colmare quella distanza tra il paese formale e quello reale (4,9 milioni i cittadini stranieri nel nostro paese) che attualmente priva una significativa parte dei cittadini residenti della possibilità di partecipare alle decisioni che riguardano la comunità di appartenenza”.
L’approvazione rapida di una riforma della cittadinanza e di una legge sul diritto di voto, concludono i promotori della campagna, “sono dunque scelte che rafforzerebbero la nostra democrazia”.

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