Morire nel Mediterraneo

 

dal 1 gennaio    2014        2500   

                         2013          1050

                  2012        409

 

                2011     2160

 

Menù

 

"Ogni faccia è un miracolo. E' unica. Non potrai mai trovare due facce assolutamente identiche. Non hanno importanza bellezza o bruttezza: sono cose relative. Ogni faccia è simbolo della vita, e ogni vita merita rispetto. Nessuno ha diritto di umiliare un'altra persona. Ciascuno ha diritto alla sua dignità. Con il rispetto di ciascuno si rende omaggio alla vita in tutto ciò che ha di bello, di meraviglioso, di diverso e di inatteso. Si dà testimonianza del rispetto per se stessi trattando gli altri con dignità. "

Tahar BenJelloun, 1998



Relizzazione tecnica Emiliano Nieri

28 dicembre 2010

Roma, 1500 rifugiati trasformati in invisibili  Ci facciamo sentire?
l'Unità, 28-12-2010
Profugo è chi scappa dal proprio paese a causa di conflitti armati o di persecuzioni per motivi etnici o religiosi o per appartenenza a determinate nazionalità o gruppi sociali o per le proprie opinioni politiche. A Roma circa 1500 persone, a cui è stato riconosciuto lo status giuridico di rifugiati, vivono in condizioni di totale degrado. In situazioni abitative precarie, con servizi igienici scarsi o inesistenti, senza elettricità e acqua corrente.
Questa è la mappa romana: via Cavaglieri, via Collatina, via dei Villini, Ponte Mammolo, il binario 15 della Stazione Ostiense e altri piccoli gruppi ancora. La situazione di queste persone è drammatica. Alcuni di loro hanno parenti in paesi europei dove i diritti dei profughi sono più tutelati che in Italia (Olanda, Svezia, Norvegia, Svizzera), ma il regolamento di Dublino del 2003 ha disposto la permanenza del rifugiato nel territorio che per primo ha proceduto alla sua identificazione attraverso la rilevazione delle impronte digitali.
Queste persone, così, si trovano “prigioniere” di uno Stato (in questo caso l’Italia) che stenta ad attuare qualsiasi politica pubblica a loro sostegno: strutture di seconda accoglienza, progetti di inserimento sociale e ricerca di occupazione, accesso ai servizi.
Giovedì 30 dicembre alle 11.00, A Buon Diritto insieme a Federazione Nazionale della Stampa Italiana, Consiglio Italiano per i Rifugiati, Medici per i Diritti Umani, Migrare, Articolo 21, organizza una conferenza stampa all’ex ambasciata somala di via dei Villini a Roma. In quella struttura, in cui manca tutto, vivono da anni 150 profughi somali. È ora che qualcuno si assuma la responsabilità di quelle vite.



Nell'ex ambasciata somala a Roma  In 140 assiepati nel garage con due bagni

la Repubblica, 26-12-2010
Nella palazzina di via dei Villini non c'è elettricità, né riscaldamento e condizioni igieniche indescrivibili. Poca acqua e  per cuocere gli alimenti i rifugiati, tutti con lo status di protezione internazionale, utilizzano fornellini da campo poco sicuri. Raccontano che al momento della dimissione dal centro di Crotone hanno avuto un biglietto ferroviario per Roma assieme all'indirizzo di via dei Villini per ottenere alloggio nella capitale. MEDU (Medici per i Diritti Umani) garantiscono visite mediche
ROMA - Da più di un mese vivono assiepati nel garage dell'ex ambasciata somala 1 a Roma, in via dei Villini, una traversa di via Nomentana. Sono letteralmente allo stremo delle forze e tutte sono in possesso di un regolare permesso di soggiorno, per protezione internazionale. Medici per i Diritti Umani (MEDU 2) lancia un appello a Comune, Provincia, Regione e Ministero dell'Interno affinché si trovino subito soluzioni di accoglienza dignitose e posibilità d'integrazione. La struttura, abbandonata dalla rappresentanza diplomatica somala agli inizi degli anni novanta, è in uno stato di degrado totale ed è in alcuni punti pericolante. Non c'è corrente elettrica, né riscaldamento. Vi sono ovunque oggetti e mobilio in disuso, calcinacci e rifiuti accumulatisi nel corso degli anni, dove circolano indisturbati i ratti. I pochi locali "vivibili" sono occupati da giacigli di fortuna, dove i rifugiati sono costretti a vivere in uno stato di sovraffollamento e scarsa areazione. Le condizioni igienico-sanitarie sono disastrose, indescrivibili.
Due bagni per 140 persone.
Restano funzionanti solo due servizi igienici, in condizioni che si possono solo immaginare. Uno di essi è solo una buca collegata al sistema fognario. Vi sono solo tre punti di erogazione dell'acqua che nelle giornate fredde sono praticamente inservibili per l'igiene personale. Per la cottura degli alimenti i rifugiati utilizzano dei vecchi fornellini da campo assai poco sicuri, in spazi angusti e in vicinanza di materiali facilmente infiammabili. Si tratta di una situazione che offre anche aspetti grotteschi, poiché questo autentico "inferno dei viventi" sorge nel bel mezzo di uno dei quartieri più eleganti della capitale, a due passi da Porta Pia. E' una storia, questa, che si protrae da anni ed è stata più volte denunciata da associazioni e mezzi di informazione. Già nel 2004, un articolo del New York Times descriveva nei dettagli lo stato delle cose  ed auspicava un rapido intervento da parte del governo italiano per trovare una soluzione.
L'unità mobile di MEDU - Di fronte questa situazione, MEDU ha attivato la propria unità mobile presso l'ex-ambasciata, garantendo visite mediche e distribuendo oltre cento sacchi a pelo ai rifugiati. Le patologie riscontrate sono quasi esclusivamente conseguenza delle pessime condizioni alloggiative ed igienico-sanitarie in cui i pazienti si trovano o dei traumi subiti nel paese di origine, oppure durante il viaggio per arrivare in Italia. Parlare di tutela della salute in queste condizioni di invivibilità non ha alcun senso. E' evidente che siamo di fronte a una situazione di grave insufficienza del sistema di accoglienza e di integrazione nei confronti di persone che sono state obbligate a fuggire a causa della guerra e della violenza che vive il loro paese.
"Andate in via dei Villini...." Per molti di loro, una volta ottenuto il  permesso di soggiorno per protezione internazionale, il sistema di accoglienza non è neppure mai stato attivato; la maggior parte delle persone intervistate, in Italia da  uno  o due anni, ha dichiarato di non aver mai avuto accesso ad un centro di accoglienza. Alcuni rifugiati, provenienti dal centro per richiedenti asilo di Crotone, raccontano che al momento della dimissione, gli è stato consegnato un biglietto di treno per arrivare a Roma insieme all'indirizzo per ottenere alloggio nella capitale: quello della fatiscente ex-ambasciata di Via dei Villini.  Nelle scorse settimane l'unica risposta giunta dalle istituzioni è stata l'attuazione di un'operazione di polizia che ha portato al  temporaneo sgombero della struttura senza alcuna soluzione alternativa per l'accoglienza.



Test italiano: "Corsi siano gratuiti"

Stranieri in Italia, 28-12-2010
Marco Iorio
Il volontariato: "Serve un fondo nazionale". Il Pd: "Agli immigrati molti doveri, pochi diritti"
Roma –  Dal 9 dicembre scorso è entrato in vigore l’obbligo del test d’italiano per gli immigrati che vogliono ottenere i permesso di soggiorno.
A distanza di pochi giorni non si sono ancora placate le polemiche sulle modalità e i fondi messi a disposizione dal governo.
Secondo Francesco Florenzano, presidente di Unieda (Unione italiana di educazione degli adulti) “Ancora una volta l’Italia si distingue in negativo, perché si pretende di valutare con il solito metodo di approssimazione e burocratismo”
“I corsi vengono negati, così come viene negata l’azione di migliaia di volontari e associazione di volontariato -  prosegue  il presidente di Unieda -” L’unica soluzione è quella di istituire un fondo nazionale per sostenere associazione di  volontariato che da anni si impegnano nei progetti d’integrazione.”
Alla protesta delle associazioni si aggiunge anche il Pd attraverso il senatore Di Giovan Paolo che accusa: ”Il governo chiede agli immigrati molti doveri e offre pochi diritti, il test senza corsi è solo uno dei casi. Per essere davvero un paese europeo – prosegue segretario della Commissione Affari Europei del Pd- dovremmo garantire piena possibilità d'integrazione, concedendo lo ius soli e il voto alle amministrative per chi è da tempo residente e paga le tasse”.
Dello stesso avviso anche L’Italia dei Valori che attraverso Orlando e Pedica denunciano: “L'anomalia di questa procedura è quella di istituire una prova della conoscenza della lingua, senza aver prima previsto e progettato un piano articolato per il suo insegnamento”.
Secondo il capogruppo Idv in commissione Esteri “Questa prassi non fa che denunciare un governo che, oltre alle politiche di respingimento adottate nei riguardi degli immigrati, non investe per quel che riguarda l'inclusione e la regolarizzazione di chi ha le carte in regola per ottenere il permesso di soggiorno”.
“Per L’Italia dei Valori – conclude Pedica -  l’unica soluzione percorribile è quella di affidarsi all’iniziativa  gratuita dei singoli Comuni per garantire una formazione necessaria al supermento del test.”



Integrazione degli immigrati: tutti i progetti del ministero del Welfare

SuperAbile, 27-12-2010
Dai corsi di formazione all'estero al rientro volontario, dall'accesso alla casa ai corsi di lingua, ecco l'elenco dei progetti elaborati dalla Direzione generale immigrazione del ministero del Welfare. Si punta su microcredito, imprenditorialità e recupero dei beni della pubblica amministrazione
ROMA - Sono tante le azioni per l'integrazione della popolazione straniera elaborate a partire dal Piano per l'integrazione "Identità e incontro" della Direzione generale Immigrazione del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali. Per il lavoro è previsto il reclutamento dei lavoratori nei paesi di origine con corsi di formazione pre-partenza, il reimpiego degli immigrati presenti in Italia e la prevenzione del lavoro sommerso, specialmente in Campania, Puglia, Calabria e Sicilia. Con l'Organizzazione internazionale delle migrazioni è previsto anche un programma di rientro volontario. Sono due, inoltre, i progetti per il microcredito: il primo sarà attuato dal Comitato nazionale permanente per il microcredito, il secondo da Unioncamere. Per i corsi di lingua italiana il finanziamento previsto è di 6 milioni. I corsi saranno finalizzati a consentire ai cittadini extracomunitari che li hanno frequentati di acquisire, secondo le modalità previste dal decreto ministeriale del 4 giugno 2010, l'attestazione di un livello di conoscenza della lingua italiana non inferiore a quello A2, cui è subordinato il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo. Contro l'emarginazione abitativa, il Piano prevede invece il recupero di beni immobili confiscati, di beni in disponibilità delle pubbliche amministrazioni da destinare ad uso abitativo e da adibire a strutture di accoglienza e la promozione dell'autocostruzione.
Il portale dell'integrazione. Tra gli strumenti dell'integrazione il Piano del ministero del Lavoro e delle Politiche sociali affida un ruolo centrale al "Portale dell'Integrazione" che si pone come obiettivo quello di monitorare le politiche, diffondere le buone pratiche e favorire l'accesso ai servizi. Il Portale rappresenterà una "mappa" istituzionale, interattiva e aggiornata. Il progetto coinvolge Isfol, Anci e Italia Lavoro. I finanziamenti previsti sono due: 450mila euro e 800mila. Un ulteriore finanziamento di 3 milioni sarà dedicato invece alla sperimentazione a Milano, Roma e Prato. L'obiettivo è diffondere i risultati delle azioni realizzate dagli enti locali in materia di integrazione sociale degli immigrati e ogni altra informazione utile a facilitare i processi di inclusione sociale e partecipazione alla vita della comunità attraverso il Portale.
Mobilità internazionale e formazione all'estero. La prima azione riguarda la mobilità internazionale del lavoro e coinvolge Albania, Egitto, Marocco, Tunisia, Cina, India, Filippine, Sri Lanka, Ghana, Ucraina, Perù e Ecuador. L'obiettivo strategico è la gestione dei flussi migratori per lavoro. Questa azione ha una durata di 18 mesi ed è finanziata con 12 milioni di euro. Tra gli interventi: organizzazione di uffici del lavoro all'estero e elaborazione di progetti individuali di reinserimento sociale per quei lavoratori che, una volta acquisite competenze, intendano ricercare un'occasione di lavoro nella terra d'origine o in altri mercati internazionali. Si tratta in pratica di creare uno sportello virtuale di "consulenza orientativa" sul rientro.
Programmi di formazione all'estero. Si i basano su lezioni di italiano per l'acquisizione del certificato di conoscenza della lingua di livello A2, educazione civica e culturale e corsi di formazione professionale in specifici settori produttivi direttamente nei paesi d'origine. Tali programmi rispondono a un duplice obiettivo: da un lato, promuovono e valorizzano gli ingressi legali; dall'altro, rappresentano il primo passo dell'integrazione per gli stranieri in Italia. I corsi di formazione all'estero possono essere organizzati da regioni, province, comuni e associazioni.
Reimpiego degli immigrati e prevenzione del sommerso. Questa azione prevede la progettazione e l'attivazione di un sistema informativo unico che consenta il monitoraggio e l'aggiornamento costante della condizione lavorativa del lavoratore straniero da quando fa ingresso in Italia e per il periodo in cui lavora e soggiorna nel nostro paese. Coinvolge 8 regioni (Piemonte, Lombardia, Emilia-Romagna, Liguria, Marche, Campania, Puglia, Calabria, Sicilia) e 12 province (Novara, La Spezia, Verona, Modena, Fermo, Chieti, Salerno, Caserta, Bari, Catanzaro, Ragusa, Trapani). La durata prevista è 12 mesi, il finanziamento è pari a 2.526.712 euro.
Lavoro sommerso nel Sud. L'intervento prevede la sperimentazione di percorsi di politica attiva per almeno 3 mila lavoratori immigrati attraverso l'utilizzo di voucher formativi, messi a disposizione dal ministero, da utilizzare sia per percorsi formativi intesi in senso classico sia per tirocini formativi presso le imprese. I percorsi possono essere realizzati in quattro settori: edilizia, agricoltura, turismo e servizi alla persona. Le regioni coinvolte sono Campania, Puglia,  Calabria e Sicilia. La durata è di 12 mesi e il finanziamento pari a 5 milioni di euro.
Migrazione circolare. Con il coinvolgimento dell'Oim è in programma il reinserimento degli immigrati nei paesi di origine attraverso servizi di incontro domanda-offerta e politiche attive del lavoro rivolte in particolare ai rifugiati e agli immigrati con permesso di soggiorno per motivi umanitari. Il finanziamento previsto è di 2.642.124 euro. La durata del progetto è di 18 mesi. (
Microcredito. Lo strumento del microcredito stimola l'attività produttiva e la dignità dello straniero. A questo scopo sono previsti 2 progetti. Il primo sarà attuato dal Comitato nazionale permanente per il microcredito da gennaio a giugno 2011. Il finanziamento è di 450 mila euro. Il secondo progetto sarà attuato da Unioncamere, durerà 18 mesi e avrà un finanziamento di 800 mila euro. Gli obiettivi: favorire l'inserimento sociale ed economico di non meno di 400 immigrati che si trovano in condizione di disoccupazione di ritorno e sensibilizzare il sistema creditizio verso un cambiamento di approccio nella valutazione del merito creditizio delle imprese di cittadini immigrati.
Servizi alla persona. Il settore dei servizi alla persona presenta una particolare esposizione ai rischi del lavoro sommerso per gli immigrati. Per questo motivo il "Piano per l'integrazione" considera la qualificazione dei servizi alla persona una linea prioritaria per dare un'importante occasione di occupazione per gli immigrati regolari, in particolare le donne. A questo scopo il Piano integrato delle attività elaborato dalla Direzione generale del ministero del Lavoro prevede un finanziamento di 19.500.000 euro per 18 mesi. Il programma prevede di favorire la diffusione di un modello di servizi alla persona dedicato all'incontro tra domanda e offerta coinvolgendo in particolare il no profit per facilitare l'assistenza alle famiglie nel reperimento di personale competente e qualificato e nella gestione delle procedure amministrative legate al contratto di assunzione delle assistenti familiari.
Apprendimento della lingua italiana. Il finanziamento previsto è di 6 milioni, per una durata di 18 mesi. Gli accordi prevedono l'impegno da parte delle regioni a organizzare moduli di insegnamento della lingua e cultura italiana, dando priorità agli immigrati di recente ingresso nel territorio nazionale e facendo attenzione a conciliare la frequenza dei corsi con i tempi di lavoro e di cura familiare per le madri casalinghe, disoccupate, lavoratrici domestiche, lavoratori addetti ai servizi. I corsi di lingua saranno finalizzati, inoltre, a consentire ai cittadini extracomunitari che li hanno frequentati di acquisire, secondo le modalità previste dal decreto ministeriale del 4 giugno 2010, l'attestazione di un livello di conoscenza della lingua italiana non inferiore al quello A2, cui è subordinato il rilascio del permesso di soggiorno Ce per soggiornanti di lungo periodo.
Musica Sport Accoglienza. Si intende realizzare una campagna di sensibilizzazione e comunicazione incentrata sull'esigenza di creare sul territorio nazionale ulteriori occasioni di aggregazione e di dialogo interculturale. Il finanziamento previsto è di 700 mila euro.  L'azione consiste nella diffusione, attraverso radio, internet, giornali, affissioni e depliant di un messaggio innovativo, non retorico, incentrato sulla possibilità della convivenza nella società civile delle comunità straniere e italiana sulla base del rispetto reciproco. Saranno realizzati tornei e gare sportive miste in alcune città d'Italia e uno o più eventi musicali in cui si prevede la partecipazione di artisti stranieri; eventi locali (manifestazioni, seminari, tavole rotonde) e un evento nazionale, conclusivo della campagna. (vedi lanci successivi)
Accesso alla casa. Saranno realizzate azioni per favorire l'accesso all'abitazione attraverso il recupero di beni immobili confiscati, di beni in disponibilità a diverso titolo delle pubbliche amministrazioni da destinare ad uso abitativo e da adibire a strutture di accoglienza, destinate ad ospitare gli immigrati temporaneamente impossibilitati a provvedere autonomamente alle proprie esigenze alloggiative. Queste azioni si pongono in linea di continuità con quanto già realizzato dal ministero fin dal 2001, sia nell'ambito del fondo per le politiche migratorie sia nell'ambito del fondo per l'inclusione sociale degli immigrati. I progetti in corso di realizzazione prevedono un finanziamento di 4 milioni per 18 mesi. Le risorse saranno così ripartite, sulla base della presenza immigrata nel territorio risultante dalle fonti Istat: alla Calabria 600 mila euro; Campania 1.400.000; Puglia 800 mila; Sicilia 1.200.000. Gli obiettivi: prevenire i fenomeni di marginalità abitativa e di discriminazione che precludono e ostacolano l'accesso all'abitazione degli immigrati; promozione di progetti sperimentali per l'acquisizione di alloggi attraverso forme di recupero, autorecupero o autocostruzione di unità immobiliari da destinare alla residenza; sostegno allo start-up delle attività di gestione delle strutture destinate agli immigrati.



Cosenza: finanziato il progetto Centro polifunzionale per immigrati

Strill.it,  27-12-2010
Il Comitato di Valutazione del PON Sicurezza 2007-2013, riunitosi oggi a Roma, presso il Ministero dell’Interno, ha ammesso a finanziamento il progetto, redatto dal settore Lavori Pubblici del Comune di Cosenza, per il recupero e l’adeguamento funzionale di Palazzo Gervasi, ubicato nel centro storico in via Cafarone, finalizzato ad ospitare un Centro Polifunzionale per l’inserimento sociale e lavorativo degli immigrati regolari.
In particolare i lavori di ristrutturazione di Palazzo Gervasi saranno finalizzati alla realizzazione di laboratori di formazione linguistica e per la mediazione linguistico-culturale, di un Internet Social Point, di uno spazio di socializzazione e ristoro per le donne immigrate. Nel Centro Polifunzionale  troveranno posto anche una sala multiculto, un centro di accoglienza diurna per minori figli di immigrati e uno sportello di orientamento per l’inclusione degli immigrati.
L’importo del progetto di recupero e adeguamento funzionale di Palazzo Gervasi è pari ad un milione e settecentomila euro.
Soddisfazione per l’ammissione al finanziamento del progetto è stata espressa in una dichiarazione dal Vice Sindaco e Assessore ai Lavori pubblici Franco Ambrogio.
“La buona notizia che arriva da Roma – sottolinea Ambrogio – dimostra come questa Amministrazione comunale sia nei fatti particolarmente impegnata e sensibile verso le pratiche inclusive di adeguato spessore politico-culturale a favore degli immigrati.
La realizzazione nel nostro centro storico di un Centro Polifunzionale con una destinazione mirata nei confronti degli extracomunitari regolari è un ulteriore tassello che si aggiunge alla cultura dell’accoglienza e della tolleranza da sempre radicata nel territorio della nostra città e contribuirà ad offrire opportunità di sostegno a tutte quelle categorie deboli che a vario titolo risultano coinvolte nel fenomeno migratorio.”



Unar, l'ufficio nazionale anti discriminazioni, e il Comune hanno firmato un accordo per aprire una struttura in Laguna
L'Osservatorio contro il razzismo
Terra, 28-12-2010
Riccardo Bottazzo
L' ufficio nazionale anti discriminazioni razziali, Unar, ha sottoscritto un protocollo d'intesa con il Comune di Venezia che prevede l'istituzione di un osservatorio contro il razzismo nella città lagunare. L'annuncio è stato dato dal direttore dell'Unar, Massimiliano Monnanni, in occasione dell'incontro "Io non discrimino", organizzato dalla rete Tutti i diritti umani per tutti lunedì 20 dicembre nella scoletta dei Calegheri. L'accordo tra l'ufficio del ministero per le Pari opportunità e il Comune è stato fortemente voluto dall'assessore alla pace, Gianfranco Bettin. Sarà, questo di Venezia, un osservatorio atipico per due motivi principali. Il primo, lo ha sottolineato lo stesso Monnanni, sta nel fatto che, per la prima volta, un osservatorio Unar avrà una dimensione comunale e non regionale. Tutti i tentativi dell'Ufficio anti discriminazioni di avviare una struttura veneta, così come fatto in altre regioni d'Italia, sono sempre naufragati di fronte allo scarso interesse dimostrato dalla giunta regionale. Che è un modo edulcorato per dire che ai leghisti che la fanno da padrone in Regione Veneto, dell'antirazzismo non gliene frega niente. Anzi. L'osservatorio veneziano avrà il difficile compito di uscire dai confini lagunari, bypassando il menefreghismo regionale, di moni-torare la situazione ed intervenire - anche avviando procedure legali - in un territorio dove gli episodi a fondo razzista non soltanto non sono più casi isolati, ma spesso hanno per protagonisti gli stessi rappresentanti delle istituzioni. Ricordiamo solo le dichiarazioni della sindaca di Cison di Treviso, Cristina Pin, che recentemente ha invocato il «taglio delle mani» per castigare i ladri. Solo per i ladri di origine rom, si intende. Per i finanzieri bancarottieri, gli imprenditori mafiosetti o i politici mazzettari invece, niente taglio delle mani ma va applicata sempre la solita corsia privilegiata. Un ruolo importante in questo senso lo giocano i giornali che troppo spesso continuano ad usare termini fuorvianti come "nomade" o "clandestino", o che riportano acriticamente affermazioni a sfondo razzista. Il diritto di cronaca è una cosa, scrivere fesserie un'altra. Un esempio? Le continue dichiarazioni della presidente della provincia di Venezia, la leghista Francesca Zaccariotto, che attacca i sinti definendoli "extracomunitari", "nomadi" o "stranieri" quando sa benissimo che non sono affatto nomadi ma "stanziali" perlomeno quanto lei, hanno tutti la cittadinanza italiana e risiedono a
nell'entroterra veneziano dal primo dopoguerra. L'osservatorio avrà un compito fondamentale: fare da grimaldello per entrare con i crismi dell'ufficio ministeriale dentro quel "bunker" che fa da barriera ai più elementari diritti umani che è il porto di Venezia. La morte del giovane Zaher e di altri richiedenti asilo non sono bastate alla polizia di frontiera che - in nome della sicurezza nazionale - ancora continua a chiudere i cancelli in faccia alle associazioni e ai mediatori del Comune che chiedono solo di assistere i richiedenti asilo nelle procedure previste dalla legge italiana ed internazionale. «Il porto di Venezia, così come Brindisi - ha spiegato Alessadra Sciurba - continua ad essere un limbo dove i più elementari diritti umani sono negati. I migranti,  molti dei quali minorenni, vengono illegalmente rispediti a Patrasso e da là ai paesi di origine dove li attende un carcere disumano. E dico illegalmente perché il tribunale europeo ha accolto un nostro esposto e ha sanzionato sia l'Italia che la Grecia. La polizia di frontiera, nonostante le nostre richieste, non ci ha mai fornito neppure una statistica a proposito. Si comportano proprio come se questa gente non esistesse. Mi auguro che l'osservatorio possa essere un ariete per buttare giù tutta questa vergognosa indifferenza».



Disagio abitativo degli immigrati

Provincia Latina, 27-12-2010
L'attività che l'Associazione "MAISON BABEL" sta svolgendo all'interno dello Sportello Immigrazione varato dall'Amministrazione Comunale e dall'Azienda Speciale,comincia a produrre primi risultati concreti in ordine alla metodologia con la quale affrontare i principali problemi che riguardano la situazione dei Cittadini Immigrati nella nostra Città.
Le informazioni raccolte con le interviste fatte presso lo Sportello in relazione al disagio abitativo degli immigrati sono preziose e ci permettono di avviare una attività progettuale non sulla scorta del "sentito dire" (come purtroppo spesso avviene),ma con elementi e dati precisi che costituiranno la base sulla quale costruire un progetto concreto.
Le proposte che l'Associazione "MAISON BABEL" ci ha fatto pervenire sono senza dubbio condivisibili e vanno approfondite con l'attenzione, il senso di responsabilità e l'interazione con il territorio, che un argomento così importante merita.
Per questo motivo appena passate le Festività Natalizie sarà convocato un incontro per definire i contorni della situazione abitativa degli immigrati nella nostra Città ed avviare la discussione sulle proposte che l'Associazione ci ha avanzato allo scopo di varare in tempi brevi un progetto concreto.
Il Presidente Valerio GOLFIERI



Gli egiziani arrestano migranti alla frontiera. Paura per gli eritrei
Avvenire, 28-12-2010
Paolo Lambruschi
Confermata la liberazione del gruppo di 20 ostaggi eritrei rilasciati prima di Natale dai rapitori, i beduini del Sinai. Di loro, però, mancano ancora notizie certe: l’unica cosa assodata è che non son o più nelle mani dei rapitori. Ma su dove siano finiti è ancora mistero. E ora si apre un altro preoccupante scenario. Sedici persone, infatti, sono state fermate dalle guardie di frontiera egiziane. Si tratta, secondo le autorità del Cairo di 16 africani che stavano tendando di entrare in Israele. Di più le forze di sicurezza cairote non dicono. Si tratta del terzo episodio del genere in un mese, mentre il governo continua a negare l’esistenza del traffico di esseri umani e la presenza degli ostaggi nell’area. Secondo l’agenzia Associated press 14 di loro sarebbero sudanesi e solo due, un uomo e una donna, sarebbero, invece di nazionalità eritrea. Il gruppo sarebbe stato portato al confine dai beduini in cambio di denaro. La certezza però manca ancora e ciò, unito al fatto che dei 20 eritrei è stata, per ora, persa ogni traccia, non consente di escludere che per questi sfortunati profughi sia sia aperta una nuova cella: dopo quelle dei beduini quelle delle carceri egiziane.
Dalle prigioni nel deserto, intanto, ieri nessuna telefonata. Il giorno di Santo Stefano alcune donne rapite hanno contattato il sacerdote eritreo Mosè Zerai. Secondo la testimonianza il pagamento dei riscatti, tuttora in corso, ha placato la violenza dei trafficanti.
In Israele intanto la questione dei rifugiati giunti dal Sinai sta diventando un caso politico. Mentre i principali quotidiani riprendono il rapporto dell’ong di medici Phr, Nobel per la pace 1997, sulle torture subite dalle persone rapite nel deserto, un migliaio di immigrati africani ha manifestato per le strade di Tel Aviv il 24 dicembre scorso contro la recente decisione del governo di Benjamin Netanyahu di istituire centri di detenzione per immigrati giunti Israele attraverso la frontiera con l’Egitto.
Sulla questione degli ostaggi è intervenuto in questi giorni anche il gruppo umanitario Everyone che, ricordando le minacce fatte dai mercanti di uomini ai detenuti, ha puntato il dito contro l’Egitto.
«Per coloro che non sono in grado di pagare il riscatto – si legge in una nota – si profila una fine orrenda. L’Egitto, nonostante l’impegno delle istituzioni per combattere l’odioso fenomeno, è tuttora il terzo Paese al mondo per traffico di reni umani, con un giro d’affari da capogiro, la copertura della mafia locale e agganci con la criminalità organizzata di altri Paesi. Al Cairo e in altre città esistono da anni cliniche clandestine attrezzate per rifornire questo mercato. Le donne possono finire nel racket della prostituzione, un giro criminoso in cui diventeranno schiave e da cui non esiste via di fuga. Per  bambini e giovanissimi si prospetta la possibilità di cadere nel mercato della pedofilia o del lavoro nero». Fin dagli inizi della vicenda Everyone ha affermato che il traffico di esseri umani è gestito dai clan beduini del deserto egiziano con la complicità di Hamas.
Anche don Zerai ha ribadito l’appello alla liberazione di tutti gli ostaggi nelle mani dei trafficanti:
«Non ci stanchiamo di fare appello a tutti, istituzioni, organizzazioni umanitarie, persone di buona volontà a chiedere con forza che Egitto, Israele e l’Autorità Palestinese facciano fronte comune per combattere questo odioso traffico. Chiediamo all’Unione Europea di assumersi le proprie responsabilità».



Eritrei, venti ostaggi liberati Torture a chi non paga

Avvenire, 24-12-2010
Paolo Lambruschi
Venti ostaggi sono stati liberati mercoledì dall’inferno del Sinai. Ma almeno 15, tra le quali sei donne - tre in stato di gravidanza - rischiano di restare nelle mani dei predoni e sparire nel nulla. E nelle prossime ore si tenterà di tutto per trovare almeno i danari del riscatto delle ragazze. Intanto sulla stampa egiziana appaiono le prime conferme sul terribile traffico di uomini in atto nel deserto, notizie smentiscono ancora una volta il governo del Cairo. Dunque un mese esatto dopo la scoperta del mercato di rifugiati africani tra Egitto e Israele, arrivano novità che possono imprimere una svolta. Le persone rilasciate appartengono al gruppo degli 80 eritrei partiti dalla Libia, sequestrati un mese fa da un gruppo di predoni e detenuti in condizioni disumane. La notizia è stata data ieri da uno dei prigionieri al fratello, un profugo eritreo che vive a Berna, durante la telefonata conces­sa dai sequestratori per chiedere il riscatto. «Mi ha detto che è stato completato il pagamento di ottomila dollari per 20 persone– conferma H., il cui fratello è nel gruppo partito dalla Libia – che sono state rilasciate. Vengono tutti da Tripoli. Attendiamo la conferma del loro arrivo in Israele, ma altri parenti mi hanno detto la stessa cosa».
Il tam tam tra nella diaspora in Europa ribadisce che i pagamenti sono avvenuti via Western union, con il metodo usuale: indirizzati agli inter­mediari segnalati dalla banda via sms al parente pochi minuti prima di effettuare la transazione. Anche H. è riuscito, a prezzo di gran­di sacrifici, a mettere insieme la somma richiesta dai banditi. «Non posseggo più nulla. Mio fratello mi ha annunciato che domani do­vrebbe essere rilasciato. Insieme a lui dovrebbero ritrovare la libertà altri ostaggi, tra i quali una donna incinta, venduti ai Rashaida dall’eritreo Faswat Mahari, che aveva organizzato il viaggio dalla Libia al Sinai. So che altri pagamenti verranno saldati in queste ore. È il regalo di Natale più bello della mia vita». Ma cresce l’angoscia per la sorte di chi non ha parenti in grado di pagare. Ibrahim ad esempio ha un cugino nel Sinai, vive a Genova con un regolare permesso di rifugiato politico ed è disperato. «Ho versato lunedì mille dollari per mio cugino ai banditi al Cairo. I sequestratori gli hanno spezzato le mani a sprangate. Però gli ho detto che non posso fare di più. Ieri mi ha detto che stanno continuando a torturarlo. Non è possibile che nessuno intervenga». Anche don Mosè Zerai, il sacerdote eritreo che per primo ha lanciato l’allarme trenta giorni fa e che da allora ha tenuto i contatti con gli ostaggi fingendosi un parente, conferma, ma non nasconde l’enorme preoccupazione per un epilogo tragico.
«Non sappiamo che fine faranno le persone che non possono pagare. Sono almeno una quindicina, tra le quali sei donne. Tre sono incinta. Farò l’impossibile per cercare di trovare i soldi per salvare almeno loro, hanno subito troppo e rischiano di finire chissà dove, magari vittime del traffico d’organi. Anche se il pagamento del riscatto – conclude amaro il prete – alimenterà il traffico di schiavi. I governi e l’Onu hanno chiuso gli occhi davanti ai mercanti di uomini». Intanto sul «Daily News Egypt», testata indipendente distribuita con l’International Herald Tribune, è comparso il 22 dicembre un articolo che ammette per la prima volta la presenza dei «rifugiati africani» rapiti e torturati dai trafficanti per estorcere riscatti. Il servizio assesta un’altra picconata alle tesi del ministro degli Esteri egiziano Ahmed Aboul Gheit, il quale ancora sabato negava tutto. Una fonte anonima nel Sinai riferisce di non saper dire quanti sono i prigionieri. Ne avrebbe visti solo 30, ma ammette che il numero cresce per i continui arrivi.
Soprattutto racconta un fatto avvenuto a fine novembre, quando alcuni prigionieri avrebbero sottratto le armi ai carcerieri e tentato la fuga. Sarebbero stati catturati dalle guardie di confine dopo uno scontro a fuoco che ha provo­cato diversi feriti. Quasi lo stesso racconto fatto dagli ostaggi a fine novembre a don Zerai sul blitz conclusosi tragicamente con l’uccisione a bastonate di sei fuggiaschi. Un resoconto che, un mese dopo l’allarme lanciato da don Mosè, rende insostenibile la posizione del Cairo. Che fine hanno fatto i feriti, sono stati curati negli ospedali egiziani? O sono stati riconsegnati ai carcerieri? Possibile che le guardie di confine non abbiano riferito ai su­periori della sparatoria? Le risposte farebbero crollare il muro di silenzio eretto dalle autorità egiziane attorno al dramma del Sinai



A Reggio partono le riprese del film-documentario ’18 Ius Soli’

Sassuolo2000, 28-12-2010
Le riprese del film documentario nazionale “18 IUS SOLI” sono iniziate a Reggio Emilia, dove il centro interculturale Mondinsieme ha messo a disposizione la sede e contattato alcuni giovani protagonisti per raccontare il loro rapporto con la cittadinanza. Il documentario è prodotto in collaborazione con l’Associazione Amici di Giana, la Cineteca di Bologna, Anolf 2G, Rete Together.
Diretto da Fred Kuwornu, regista bolognese di origini ghanesi, gia’ assistente del regista americano Spike Lee, “18 IUS SOLI” racconta con il linguaggio della docu-fiction la storia di alcuni “nuovi italiani” figli d’immigrati nati e cresciuti in Italia, ma al tempo stesso promuove il dibattito legislativo e culturale sul diritto di cittadinanza per chi nasce in Italia.
Al film documentario è affiancata una campagna di comunicazione sociale ed un social network di cui fanno parte le maggiori associazioni, enti, think tank che si stanno impegnando a portare anche in Italia lo “Ius Soli”, cioe’ la norma per cui chi nasce e cresce in Italia diventa automaticamente cittadino italiano.
Il regista Fred Kuwornu filmera’ le vite di alcuni reggiani tra cui Aziz Sadid ed Heena Sondhi, inserendoli nel contesto della trama del documentario che prevede la partecipazione di diversi ragazze e ragazzi selezionati in tutte le parti d’Italia.
“Abbiamo scelto Reggio Emilia, perche’ e’ uno tra i Comuni italiani all’avanguardia per quanto riguarda l’integrazione e l’interculturalismo, tanto da avere ricevuto dal Consiglio d’ Europa il premio Citta’ per il dialogo interculturale“ dice il regista Kuwornu giunto in citta’ per la scelta delle locations del documentario tra cui il centro interculturale Mondinsieme, che insieme alla Rete Together hanno collaborato al casting del documentario.
In attesa dell’uscita del film chiunque potra’ dare il proprio contributo di idee visitando la pagina su Facebook ed il sito internet 18 IUS SOLI.
BIOGRAFIA REGISTA FRED KUWORNU
Fred Kuwornu è nato a Bologna nel 1971 da padre ghanese e madre bolognese. Dopo una laurea in Scienze Politiche ha lavorato come autore radiofonico e televisivo collaborando con la Rai e varie società di produzione. Nel 2008 ha lavorato come ‘set assistant’ di Spike Lee nel film Miracolo a Sant’Anna . L’incontro col regista afroamericano lo ha catapultato nell’estate del 1944, sulle montagne della Versilia e della Garfagnana. Su quel set Kuwornu si è appassionato alla storia della 92° Divisione dell’esercito americano, quella dei “Buffalo Soldiers” , i soldati Afro-Americani che, a stretto contatto coi partigiani, hanno contribuito alla liberazione dell’Italia dai nazifascisti nello specifico di varie città in Toscana e Liguria.
Fred, l’anno successivo, ha infatti prodotto e diretto “Inside Buffalo”, il primo documentario sulla storia dei Buffalo Soldiers e la loro lotta per i diritti civili. Il documentario tutt’ora in distribuzione negli Stati Uniti, proiettato in tempi istituzionali come la Library of Congress di Washington DC, il quartier generale del Department of Veterans Affairs, l’Accademia Militare di West Point , ed in oltre 200 proiezioni negli States, sta avendo un enorme successo, ed ha ricevuto gli apprezzamenti dall’ex Presidente Bill Clinton al Segretario della Difesa Robert Gates, dal Presidente Giorgio Napolitano al Presidente Barack Obama che è anche uno dei protagonisti del documentario.
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